Tanta solidarietà e docce ghiacciate. Ma al momento di tradurre le parole in azioni, il governo taglia 100 milioni alla voce “fondi pubblici” per il sostegno e l’assistenza delle persone disabili. Parla Marco Gentili, copresidente dell’Associazione Coscioni.

Forte con i deboli, debole con i poteri forti. Mentre il rapporto di sudditanza di Matteo Renzi con gli ambienti che contano, della Chiesa, della finanza e dell’industria, è oramai piuttosto chiaro, quello del presidente del Consiglio con il mondo delle disabilità appare fondato sulla finzione.

Grandi promesse, impegni, solidarietà ma al momento di tradurre le parole in azioni di governo come per incanto alla voce “fondi pubblici” per il sostegno e l’assistenza delle persone disabili spunta il segno meno. In barba all’articolo 32 della Costituzione. È accaduto da ultimo nel “Fondo per le non autosufficienze” che garantisce un sostegno per l’assistenza domiciliare, da cui l’esecutivo ha dichiarato di volerlo ridurre di quasi un terzo, sottraendo 100 milioni. Una briciola nel mare magnum del debito pubblico stramiliardario, ma che può fare la differenza tra la vita e la morte per gli 1,8 milioni disabili gravi e gravissimi che vivono nel nostro Paese.

E accade al “Nomenclatore dei dispositivi medici” per i quali è previsto il rimborso. Si tratta di un tariffario istituito nel 1999 e mai aggiornato nonostante innumerevoli promesse, la qual cosa costringe migliaia di persone a usufruire di strumenti tecnologici obsoleti e oramai inadatti per potersi rapportare con chiunque. Limitando o addirittura impedendo anche i più normali gesti quotidiani.

Questo ritardo colpisce in particolare le 6.000 persone che in Italia sono affette da Sla (Sclerosi laterale amiotrofica). L’attuale nomenclatore non comprende infatti i comunicatori a comando oculare disponibili da un decennio sul mercato, che sono gli unici dispositivi in grado di farli interagire con la famiglia, i medici e il mondo esterno.

Marco Gentili, 25 anni, copresidente dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, affetto da Sla familiare, è uno di loro. Laureato in Scienze politiche e consigliere comunale Pd nella sua Tarquinia, meravigliosa cittadina etrusca nell’alto Lazio, Gentili è da anni in prima linea con la sua battaglia politica e di civiltà contro i soprusi di Stato alle persone disabili. Left gli ha rivolto alcune domande per fare il punto di una situazione oramai divenuta insostenibile.

A giugno il ministro Lorenzin aveva promesso che l’aggiornamento del nomenclatore tariffario sarebbe avvenuto entro il 30 settembre. Ma il termine è scaduto senza che nulla accadesse. Come del resto era già successo con il Milleproroghe di gennaio 2014. Durante una recente trasmissione delle Iene, Renzi ha affermato che l’aggiornamento sarà realizzato entro dicembre. Sarà davvero la volta buona?

I disabili per pronunciarsi hanno bisogno di supporti tecnologici o quanto meno di amici e familiari, e sono persone che non possono né insorgere né tanto meno manifestare in modo compatto. Per questo la loro categoria è sempre stata quella meno ascoltata, sia da governi di centrosinistra che di centrodestra. L’attuale premier e il suo governo fanno troppe promesse. Riguardo il nomenclatore posso solo dire di aver smesso di credere a Babbo Natale da tempo, ma come Associazione Coscioni siamo pronti a interloquire con l’esecutivo affinché la problematica sia risolta nel miglior modo e nel minor tempo possibile.

Matteo Renzi ha partecipato con entusiasmo alla campagna di sensibilizzazione contro la Sla bagnandosi con il famoso secchio di acqua gelata. Dopo quel gesto lei ha ricordato al primo ministro che l’attuale nomenclatore non include gli unici dispositivi in grado di permettere ai malati di Sla di interagire con il mondo esterno. Ha avuto dei riscontri a questa sua sollecitazione?

Sarei ben lieto di esternare notizie positive ma ad oggi, di consistente, c’è davvero ben poco. Dopo il mio appello, nonostante la solidarietà mediatica ricevuta e ben accolta e la possibilità che ho avuto di parlare a un grande pubblico, nulla di concreto è accaduto.

Dopo quella dichiarazione del ministro Lorenzin, l’Associazione Coscioni aveva chiesto – inascoltata – l’approvazione immediata dell’aggiornamento del Nomenclatore e l’emanazione del decreto sui Livelli essenziali di assistenza. Quali sono le vostre proposte per la revisione del regolamento dell’assistenza protesica?

La nostra richiesta si concentra su alcuni punti salienti. Innanzitutto la revisione della lista delle tipologie di ausili erogabili eliminando quelli obsoleti e introducendo quelli tecnologicamente più avanzati. In secondo luogo la realizzazione di un sistema di identificazione dei dispositivi erogabili più efficace e trasparente, attraverso la registrazione in un “Repertorio” degli ausili tecnici, peraltro già previsto dalla legge Finanziaria del 2006 e mai realizzato. Tutto ciò allo scopo di garantire alle persone disabili l’effettivo diritto di conoscere quali sono i dispositivi a cui possono accedere, senza sottoporsi ad inutili umiliazioni per sapere se un determinato prodotto può essere ottenuto gratuitamente oppure no, oppure tra quali modelli di ausilio sia possibile effettuare la scelta.

Quali conseguenze comporta per la vita quotidiana delle persone con gravi disabilità il mancato aggiornamento del nomenclatore tariffario?

È innanzitutto un ritardo ingiustificabile. Per una persona disabile, che non è continuamente attenta allo sviluppo tecnologico degli ausili, il non aggiornamento può voler dire l’utilizzo di strumenti scadenti e fuori commercio da tempo e, quindi, può significare l’aumento delle difficoltà nella comunicazione, ma anche nell’espletamento dei bisogni primari o può diminuire la capacità di vivere una vita autonoma, anche solo in parte. Chi invece ha la possibilità di utilizzare strumenti più innovativi, non certo grazie al nomenclatore, lo fa dopo innumerevoli ricerche in merito e dopo aver compiuto diverse procedure trasversali per nulla semplici per ottenere il prodotto. L’aggiornamento è necessario, quindi, perché venga garantito a tutti i disabili il medesimo diritto di vivere al meglio delle proprie possibilità.

Quanto costa allo Stato questo ritardo?

Costa, e costa molto. Il prontuario è fermo al 1999, con i prezzi del 1999. Quindi se una persona disabile necessita di un ausilio che viene erogato dal Ssn, quest’ultimo lo paga al costo stabilito sul Nomenclatore del 1999. Si tratta di un prezzo più alto rispetto a quello che un’ortopedia fa pagare per lo stesso ausilio acquistato da un privato. Nel frattempo, però, il costo di molti ausili è diminuito e molti altri più innovativi sono stati messi in commercio, e questo genera un dispendio economico per lo Stato non ben controllabile e regolabile.

Gli altri grandi Paesi Ue (Germania, Gb, Francia etc) come si regolano?

L’Italia è il fanalino di coda. In tutti i Paesi europei vige la registrazione degli ausili comprensivi di prezzo di listino del prodotto di base e degli accessori, preceduta da test tecnici e da valutazioni riabilitative o sanitarie. In particolare, superlativo è il sistema in uso nei Paesi scandinavi. Qui è lo Stato a farsi carico dell’assistenza del bambino o dell’adulto disabile fin dal momento della prima diagnosi con la formulazione, da parte di un’equipe altamente specializzata e diversificata, di una “Proposta di intervento assistenziale” che tiene conto, tra l’altro, della composizione del nucleo familiare, dell’abitazione, della necessità di un mezzo di trasporto idoneo oltre che dei bisogni e delle potenzialità della persona con disabilità. Non da meno sono Francia, Germania, Belgio, Olanda, Lussemburgo e Gran Bretagna, dove ogni ausilio è continuamente testato da organismi competenti e iscritto in appositi schedari. Sulla base delle necessità e delle disponibilità economiche del richiedente, lo Stato finanzia poi totalmente o in parte la spesa. Ribadisco, perciò, che il nostro ritardo è decisamente ingiustificato.

Perché il nomenclatore non viene aggiornato?

Innanzitutto, come sempre accade in Italia, non si fa mai fede alle scadenze. A meno che non succeda qualcosa di significativo, tutto finisce nel dimenticatoio e nell’intricato sistema di revisione delle leggi del nostro Parlamento. Vorrei anche dire, senza accusare nessuno, che molto probabilmente a qualcuno fa comodo questa situazione perché un aggiornamento delle tariffe e l’abbassamento del costo degli ausili di cui si fa carico lo Stato potrebbe alimentare un sistema concorrenziale.

A Renzi lei ha ricordato anche che l’associazione Usa dalla quale è partita la catena delle secchiate d’acqua devolve cospicui fondi proprio a quella ricerca sugli embrioni che da noi oggi è vietata dalla Legge 40. Pensa che agirà di conseguenza eliminando questo divieto da una legge oramai scarnificata dalle sentenze della Corte costituzionale?

Non credo anche se me lo auguro. L’Associazione Coscioni ha rivolto molti appelli al premier affinché cancellasse gli ultimi divieti rimasti nella Legge 40. Ma non ha fatto nulla, neanche una risposta puramente formale ai nostri solleciti. Purtroppo saranno i giudici a colmare le inerzie politiche. E noi saremmo accanto a tutte quelle coppie che ci chiederanno aiuto per accedere senza discriminazioni alla fecondazione assistita o che vorranno donare alla ricerca i propri embrioni, proprio per tentare di trovare una cura a malattie invalidanti come la Sla.

Da consigliere comunale eletto nel Pd.come giudica l’atteggiamento del suo partito riguardo il riconoscimento dei diritti e la garanzia di soddisfazione dei bisogni fondamentali delle persone disabili?

A livello locale l’atteggiamento è stato sempre positivo dimostrando una certa sensibilità nell’affrontare queste dinamiche sociali. A Tarquinia, invece di tagliare abbiamo incentivato l’attuazione di nuovi progetti. Io personalmente sto promuovendo l’istituzione del registro del testamento biologico, che se verrà realizzato sarà un eccellente esempio di libertà, autonomia e democrazia.

E come giudica invece la sensibilità e l’operato del governo Renzi?

Dopo la versione ufficiosa del Disegno di legge di stabilità che taglia il Fondo per le non autosufficienze di 100 milioni è piuttosto imbarazzante esprimere un giudizio . Anche se si trattasse solo di una scelta tecnica non dettata dal premier, sarebbe comunque inaccettabile. Questo fondo è vitale per garantire un sostegno per l’assistenza domiciliare a migliaia di malati gravi e non autosufficienti, tra cui le persone che in Italia sono affette da Sla. Da questo governo che ha fatto delle docce gelate un vanto, il solo fatto di aver pensato a questa mossa politica risulta alquanto deplorevole.

Quale consiglio darebbe a Renzi se fosse sufficientemente umile da ascoltare la “base”?

In Italia per salvaguardare il generale benessere dei cittadini occorre ridare valore al rapporto tra classe politica e comunità scientifica, attraverso un dialogo costante. La politica, a mio avviso, dovrebbe prendere atto della validità dell’etica scientifica e delle scoperte che hanno ricadute su ambiti di interesse sociale. Per poi legiferare in maniera più democratica e più bilanciata possibile. Il problema cruciale per il nostro Paese è proprio l’incapacità manifesta della classe politica di sviluppare questo dialogo e questa collaborazione con il mondo scientifico.

Scrivevo già per Avvenimenti ma sono diventato giornalista nel momento in cui è nato Left e da allora non l'ho mai mollato. Ho avuto anche la fortuna di pubblicare articoli e inchieste su altri periodici tra cui "MicroMega", "Critica liberale", "Sette", il settimanale uruguaiano "Brecha" e "Latinoamerica", la rivista di Gianni Minà. Nel web sono stato condirettore di Cronache Laiche e firmo un blog su MicroMega. Ad oggi ho pubblicato tre libri con L'Asino d'oro edizioni: Chiesa e pedofilia. Non lasciate che i pargoli vadano a loro (2010), Chiesa e pedofilia, il caso italiano (2014) e Figli rubati. L'Italia, la Chiesa e i desaparecidos (2015); e uno con Chiarelettere, insieme a Emanuela Provera: Giustizia divina (2018).