Da anni insegna la fisarmonica cromatica a orecchio, senza teoria, basandosi sulla memoria visiva e sulla capacità d’ascolto. Il 14 marzo sarà al Nuovo Cinema Aquila per il “Roma Sinti Fest”.

«La musica tzigana non si studia sugli spartiti, ce l’hai dentro fin dalla nascita, la ascolti in casa fin da piccolo e la impari a orecchio, sapendo che poi la tramanderai ai tuoi figli. È una musica che senti con il cuore e con l’anima. Prima piangi tu che la suoni, poi gli altri che la ascoltano. E questo ce l’ha lasciato Auschwitz». Sono le parole del maestro Jovica Jovic, fisarmonicista rom nato 61 anni fa a Mali Mokri Lug, vicino Belgrado, in Serbia. Da anni Jovic insegna la fisarmonica cromatica con il suo particolare metodo: a orecchio, senza teoria, basandosi sulla memoria visiva e sulla capacità d’ascolto. Il 14 marzo sarà al Nuovo Cinema Aquila per concludere con le sue note il “Roma Sinti Fest”, un evento dedicato alla cultura, alla storia e alla condizione sociale di rom, sinti e caminanti. Un festival che arriva nella Capitale all’indomani delle esternazionidell’eurodeputato leghista Gianluca Buonanno in tv: «I rom sono la feccia della società».

Maestro Jovic, ha iniziato a suonare da bambino. E proviene da una famiglia di musicisti, che ricordo ha della sua infanzia?

Ricordi belli e brutti, come tutti del resto. Belli per quanto riguarda la musica e non basterebbe un libro per raccontarli. Brutti per le difficoltà, i miei erano poveri, eravamo cinque figli, ma ce l’abbiamo sempre fatta onestamente e questo mi rende orgoglioso. Ho iniziato a suonare fin da piccolo, quando avevo 6-7 anni, ricordo che mio padre vendette una mucca per comprarmi la mia prima fisa, e la gioia provata non me la dimenticherò mai. Tutti in famiglia suonavano, mio nonno, lo racconto sempre, è morto a 106 anni suonando il violino.

Ricorda la prima nota che ha suonato?

Non è possibile ricordare la prima nota… noi rom suoniamo a orecchio!

E viaggiate tanto anche. A 18 anni ha lasciato la Serbia ed è andato in giro per l’Europa, giusto?

Sì, ho girato e suonato nei locali di Austria, Germania, Francia, Belgio, Svizzera, Ungheria, Polonia… Fino ad arrivare in Italia, da cui vado e vengo da 30anni, e dove ormai vivo.

Come tratta il suo popolo il nostro Paese?

Malissimo. Siamo gli ultimi degli ultimi, considerati peggio degli animali. E non vedo miglioramenti: impossibile avere i documenti, lavorare e vivere onestamente. Non voglio giustificare chi ruba, ma penso a quelli delle cooperative… tutti più o meno, e non solo a Roma, sono anni che rubano i fondi che avrebbero potuto aiutare il mio popolo ad avere una vita migliore.

Qual è l’importanza della musica e dell’arte per la sua cultura e la sua gente?

La mia gente ha la musica nel dna, forti tradizioni, racconti tramandati oralmente. Ma non ne percepisce l’importanza perché sono costretti a sopravvivere e hanno altro a cui pensare. Perciò sono felice se posso contribuire a diffondere i nostri valori.

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