I dati diffusi dall'Istat sull'occupazione a giugno indicano che per il secondo mese consecutivo cresce la disoccupazione. Quella giovanile tocca livelli record

Sorpresa, la disoccupazione riprende a crescere. Dopo il quadro terribile delineato nelle anticipazioni del rapporto Svimez, è la volta della rilevazione mensile dell’occupazione. Pessima notizia per il governo quella contenuta nel comunicato dell’Istat sugli occupati. Per il secondo mese consecutivo il numero di persone senza lavoro è diminuito (-0,3% a maggio, -0,1, ovvero 22mila posti a giugno). L’effetto Jobs Act non c’è, almeno per ora, e la disoccupazione giovanile tocca livelli record (44,2%, +1,9 in un mese). L’unico aspetto positivo è quello relativo alla partecipazione al mercato del lavoro: gli inattivi sono diminuiti del 0,2%. Sono solo dati mensili, certo, ma non sono comunque confortanti.

 

 

Altro dato confermato è quello di una crescente partecipazione delle donne al mercato del lavoro: il numero di persone attive (ovvero che lavorano o che cercano attivamente un’occupazione) cresce grazie a loro, mentre il numero di maschi attivi continua a diminuire. La maggior presenza sul mercato del lavoro non è però dovuta a maggiori opportunità occupazioneli: nell’ultimo mese infatti la disoccupazione cresce sia tra gli uomini (+0,9%) che tra le donne (+2,8%). Lo stesso andamento si osserva per i tassi di disoccupazione: quello maschile, pari al 12,3%, aumenta di 0,1 punti percentuali, mentre quello femminile, pari al 13,1%, aumenta di 0,3 punti. Il dato sulla maggiore partecipazione al mercato delle donne – che è positivo in assoluto – va dunque letto anche (non solo) come ricerca di redditi aggiuntivi all’interno del nucleo familiare o di tentativo di cercare lavoro a fronte della sopravvenuta disoccupazione del partner.

Un discorso simile si può fare per i giovani. Anche in questo caso la disoccupazione aumenta assieme alla crescita del tasso di attività.

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La grafica qui sopra è riprodotta da Economist.com e ci segnala come in tutti i Paesi sottoposti ai rigorosi piani europei di austerity il tasso di disoccupazione di lungo termine è molto più alto che altrove (i Paesi azzurri sono quelli dove la disoccupazione è a breve termine, i gialli quelli dove è a lungo termine, più scuro l’azzurro migliore il dato, più scuro il giallo, peggiore il dato). In Italia e in Grecia il tasso di disoccupazione di lungo termine è rispettivamente pari al 60 e 70%. Dei 25 milioni di disoccupati europei circa metà non lavora da almeno un anno. La nota che accompagna la grafica rende perfettamente la gravità del problema e i rischi che pone per le economie nazionali nel medio e nel lungo termine:

Nel corso degli ultimi sei anni, la disoccupazione di lungo termine in Europa è esplosa. Oltre all’aumento dei livelli di povertà, questa determina un’ulteriore set di difficoltà che possono auto-alimentarsi. Si perdono competenze, si perde la fiducia in se stessi, diminuiscono i tassi di fertilità e la povertà fa crescere i rischi per la salute.

La durata della crisi occupazionale e la sua incidenza tra i giovani è dunque un problema di lungo termine: molti anni di non lavoro e la mancata partecipazione al mercato rischiano di far perdere capacità ai lavoratori espulsi dal mercato e di non consentire ai più giovani di formarsi sul lavoro.

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