Sedici candidati, undici ammessi al secondo dibattito Tv. Conservatori, moderati, pragmatici e libertari. Chi sono, come si vendono e perché l'Iowa è tanto importante

Due dibattiti, quindici candidati (uno si è ritirato nella notte) e molti mesi davanti. Le primarie repubblicane continuano a vedere in testa tre non politici e Donald Trump, sebbene in calo, resta in testa. Ma è in difficoltà e la sua non campagna comincia a mostrare segni di cedimento. Piccola guida alle primarie, ai candidati e alle loro campagne. La aggiorneremo nel corso delle settimane

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candidati-repubblicani

Il quadro generale aggiornato

Il candidato del momento è Carly Fiorina, che a detta di tutti ha vinto il secondo dibattito, ha fatto fare una pessima figura a Donald Trump ed è apparsa conservatrice abbastanza da piacere alla base. Il fatto di essere donna, poi, fa sperare quei repubblicani che la sostengono: potremmo farci ascoltare anche dalle donne, che in votano in maggioranza democratico. Ben Carson è nei guai per aver detto la cosa sbagliata al momento sbagliato («Non credo che un musulmano dovrebbe poter essere presidente degli Stati Uniti»), ma resta secondo. In ascesa Marco Rubio, che durante il dibattito non ha infilato battute epiche ma è stato molto attento ad apparire come uno che sa fare i compiti: su ogni tema aveva una proposta e mostrava di sapere di cosa si parlava. L’esatto opposto di Trump.

La questione islamica

Dopo la sconfitta del 2012 il partito repubblicano commissionò un rapporto sulla propria immagine. Il Growth and Opportunity Project spiegava quello che era davanti agli occhi di tutti: il partito non era in sintonia con i giovani e le minoranze e senza quelle difficilmente avrebbe potuto vincere delle elezioni.  Bene, questa settimana Ben Carson ha dichiarato che un musulmano non dovrebbe poter diventare presidente. Una dichiarazione fatta per parlare ai conservatori religiosi, la base a cui punta, determinante in Iowa, che rischia di tornargli indietro come un boomerang. Intanto perché il sesto articolo della Costituzione spiega che gli eletti dovranno giurare, ma «nessun test religioso dovrà mai essere condizione per ricoprire qualsiasi incarico in questi Stati Uniti». Pessima figura anche per Trump, che non ha interrotto un suo fan che nel porgergli una domanda faceva riferimento all’islamismo di Obama e al suo non essere nato negli Usa. Trump avrebbe dovuto interromperlo o rispondere dicendo che si sbagliava. Non lo ha fatto. Anche lui ritiene più importante corteggiare la base che non presentarsi come un presidente. Va bene nelle primarie, gli tornerebbe contro (a lui e a chiunque altro) nel momento in cui dovesse vincere e sfidare il candidato democratico. Le associazioni dei sei milioni e mezzo di americani-musulmani hanno già protestato formalmente. Il problema del partito repubblicano con le minoranze è destinato a durare.

I sondaggi

Qui sotto la situazione della corsa nella media di tutti i sondaggi, una media che non registra ancora l’ascesa di Fiorina. L’ultimo sondaggio, quello fatto da CNN il giorno dopo il dibattito, vede Trump al 23% (-8 rispetto al precedente), Fiorina al 15% e Rubio all’11%. Gli ultimi due fanno un salto in avanti di otto punti. Jeb Bush, il predestinato repubblicano, quasi non si muove. Scott Walker, dopo due pessime performance e l’incapacità di risalire nei sondaggi, ha deciso di ritirarsi. In teoria era uno dei candidati forti di queste primarie, che restano senza una bussola.

 

A che servono i dibattiti?

Finché si tratta di platee così ampie l’unico obbiettivo dei candidati è non fare gaffe terribili, piazzare una o due battute che vengano riprese per un paio di giorni e non scomparire. Difficile, a meno di performance incredibili, che un dibattito aiuti a vincere una sfida. Andare male, invece, può essere un dusastro. Chiedere a Rick Perry, che nel 2012 aveva buone chance di essere nominato, ma non seppe rispondere a una domanda sul suo programma elettorale. Tutti hanno molto da perdere, ma le energie al momento sono ancora concentrate nella ricerca di soldi, appoggi importanti a livello nazionale e locale e nell’organizzazione delle “operazioni di terra” nei primi Stati dove si vota. Si tratta di Stati piccoli, dove l’organizzazione e la capacità di parlare con tutti e ciascuno è determinante.

Perché l’Iowa e il New Hampshire sono importanti?

I primi due Stati dove si vota eliminano i candidati minori che vanno male e rendono possibile la corsa alla distanza per quelle seconde file che riescono a conquistare visibilità. Si tratta di Stati molto bianchi dove l’elettorato repubblicano è diverso: in Iowa piuttosto conservatore e vecchia maniera, in quello del New England più moderato. Non a caso, a parte Trump che stacca tutti, il podio è diverso: in Iowa vanno bene Ted Cruz e Scott Walker (oltre a Ben Carson) e in New Hampshire secondo è il pragmatico John Kasich – e nemmeno Bush se la passa troppo male. In Iowa si tengono i caucus, assemblee di partito, mentre il New Hampshire organizza vere e proprie primarie chiuse (alle quali possono partecipare solo le persone registrate al voto come repubblicane).

Le ultime dai candidati

Donald_Trump
Dopo un’estate da re, il secondo dibattito ne ha appannato l’immagine. Continua a giocare la sua partita, infischiandosene di tutto e di tutti e non avendo una vera organizzazione. Lo prendono in giro, lo imitano, durante il dibattito i suoi avversari lo hanno attaccato da tutti i lati, mettendone in risalto gli aspetti pacchiani e giullareschi. Resta forte. Ma il non politico della corsa vende la sua popolarità, i successi imprenditoriali e le spara enormi su alcuni temi (gli immigrati clandestini, stupratori e spacciatori, ma anche l’ISIS). L’ultima gaffe è quella relativa al non aver interrotto un suo fan che nel rivolgergli una domanda ha fatto riferimento all’islamismo di Obama e al suo non essere nato in America. Molti sostengono che avrebbe dovuto interromperlo e rimetterlo al suo posto. Non piace al pubblico conservatore, che per ora non sembra aver scelto un suo campione.

Nel suo spot racconta un’America che non va più come un tempo e fa tutti esempi nei quali la soluzione sono opere murarie (il muro al confine, le infrastrutture). Chi altri meglio di lui per ricostruire?

 

ben_carson
Secondo nei sondaggi ed è la risposta conservatrice a Trump. Origini umili, cresciuto a Detroit è diventato uno dei chirurghi più famosi d’America avendo separato, per primo, due gemelli nati uniti alla testa. E’ calmo, sorridente, molto religioso e conservatore. Non è un politico e non ha proposte concrete su quasi nulla, se regge, potrebbe essere la figura che aggrega i conservatori religiosi in cerca di un leader. Ha dichiarato che gli Usa non dovrebbero poter avere un presidente musulmano. Incostituzionale. 

Il video racconta la storia della vita di Carson. Nelle foto ufficiali le mani del chirurgo sono sempre visibili. Una storia di successo, come quella che può essere quella dell’America.

 

jeb-bush
Tutti scommettevano su di lui e ancora lo fanno. Ha le casse della campagna strapiene di soldi e l’appoggio dell’establishment del partito. Ma non sembra nato per fare campagna elettorale: è timido, non attacca abbastanza e su alcuni temi non piace alla base: è sposato con una messicana è pensa che una riforma della legge sia necessaria. Moderato abbastanza da essere eleggibile, deve passare gli scogli di primarie che nessuno si aspettava così complicate. Lui ce la sta mettendo tutta per rovinarsele.

Se tutti attaccano sul tema dell’immigrazione, lui sceglie di parlare in spagnolo. E’ una carta da giocare, ma alle elezioni generali, difficile serva con l’elettorato repubblicano tradizionale che vota alle primarie

 

carly fiorina
Ex business woman di altissimo profilo ha diretto Lucent e Hewlett-Packard, per poi dedicarsi alle attività non-profit, le sue iniziative e fondazioni hanno grande successo.
Texana, sembra ossessionata dall’idea di farsi eleggere da qualche parte. Nel 2008 ha diretto le operazioni di fundraising del partito repubblicano e coordinato la (disastrosa) campagna del Grand Old Party. Nel 2010 ha perso la corsa per il seggio senatoriale della California. L’esperienza nel mondo imprenditoriale, sani principi conservatori e il fatto di essere l’unica donna del gruppo (un’arma nel caso sia Clinton a correre per i democratici) sono le sua armi. Dopo il suo trionfo al secondo dibattito televisivo, il fantasma dei suoi insuccessi da manager è tornato a inseguirla. La Hewlett Packard non andò affatto bene tra 1999 e 2005, anni in cui la candidata fu amministratore delegato. La compagnia era messa male quando lei arrivo nella stanza dei bottoni, ma nessuna delle scelte fatte da Fiorina si rivelò vincente. Negli stessi anni, alcune grandi compagnie tecnologiche in difficoltà: Steve Jobs tornò alla Apple nel 1997.
Sul suo canale YouTube non sono ancora postati spot elettorali, questo è uno stralcio di un’intervista con FoxNews che esprime un concetto chiave della sua campagna: «Non sono un politico di professione e visto che la maggior parte degli americani si sente presa in giro dai politici, questo è un buon punto di partenza»

 

marco-rubio
Figlio di esuli cubani, il giovane senatore della Florida, quattro anni fa sembrava destinato a essere l’Obama ispanico della destra. Il tempo passa e quella formula non paga più. Oggi è un senatore conservatore moderato. Ha tentato di lavorare a una riforma dell’immigrazione per poi far saltare il tavolo quando ha capito di non avere il suo partito dietro. Grande capacità oratoria e una storia personale da raccontare (ne serve sempre una in campagna elettorale).

Nello spot Rubio attacca Clinton e dice: il passato è passato, è ora di un nuovo secolo americano. Ha un controllo dell’immagine ossessivo, difficile trovare una sua foto anche lontanamente imbarazzante sul Web

 

rand paul
Senatore del Kentucky e oftalmologo, figlio di Ron, il campione libertario che alla convention del 2012 ha portato molti delegati (la sua è quasi una setta di fedelissimi) e li ha fatti manifestare contro il partito. Il figlio è più moderato ed ha condotto battaglie solitarie in Senato con maratone oratorie tese a rinviare la votazione sul rinnovo del Patrioct’s Act. Piace ai giovani ed è contro lo Stato, in qualsiasi forma.

«Ciao, sono Rand Paul e sto cercando di capire come distruggere il codice delle tasse». Un candidato che cerca un voto ribelle e contro che gli altri non cercano. Nel partito dei vecchi maschi bianchi parla ai giovani più di chiunque altro

 

chris christie
Il governatore del New Jersey è un altro di cui si era detto essere pronto per la Casa Bianca. Ha abbassato le tasse e operato tagli al bilancio senza colpire troppo il welfare ed ha condotto con successo la ricostruzione del dopo uragano Sandy. Ma ha perso in popolarità nel suo stesso Stato e ha fatto due errori: abbracciare Obama che portava gli aiuti federali al New Jersey devastato e far bloccare il ponte Washington che collega il NJ con Manhattan per colpire un sindaco che non lo appoggiava in campagna elettorale. La cosa si è scoperta e molte teste dello staff sono cadute. È senza dubbio il più grasso della corsa alla Casa Bianca.

Famoso per essere schietto e diretto, di questo parla nel suo spot. «Te la dico com’è, sarò anche un politico, ma sono come te»

 

ted cruz
È il più a destra tra i candidati in corsa. Avvocato del Texas ha argomentato decine di casi – difendendo leggi conservatrici – davanti alla Corte Suprema. Così è diventato un campione della destra ed è arrivato in Senato. Aggressivo, esagerato, ma anche spiritoso e auto-ironico, il senatore porta solo e sempre stivali da cowboy. È nemico giurato di Obama, promette di cancellare tutte le sue leggi e ama farsi fotografare con un fucile in mano. È il campione dl Tea Party, l’unico rimasto.

Se l’immagine del politico Cruz è spesso esagerata e aggressiva, con questo spot la campagna cerca di corteggiare la destra religiosa: il nemico sono abortisti e libertini vari. A cena si prega!

 

scott-walker
Governatore del Wisconsin e nemico giurato dei sindacati, ha cambiato le leggi sulla rappresentanza per i lavoratori pubblici e affrontato la rivolta della sinistra passando, fatto eccezionale, per un nuovo voto popolare. Ha vinto lui. È un ottimo pedigree per la base di destra che pensa a tasse e Stato. Non è un fenomeno in Tv e non ha una laurea: difficile pensare a un presidente non laureato. Anche lui è molto indietro rispetto a dove sperava di essere. Ha molti grandi donatori alle spalle, ai miliardari di destra piace chi attacca il sindacato.

Io contro la sinistra vinco, ma ottengo anche ottimi risultati nel govenro del mio Stato. Il messaggio è questo, ma montato con più brio che in altri spot retorico-patriottici degli avversari.

 

Mike Huckabee
Ex governatore dell’Arkansas, ex pastore evangelico, oggi ha un suo programma sulla destrorsa FoxNews. Ci provò già nel 2008 e andò meglio del previsto con pochi mezzi alle spalle. Stavolta c’è più concorrenza e lui, che è molto conservatore sui temi etici, ma parla molto della necessità di intervenire sulla povertà e il disagio (un Vangelo sociale) punta tutto sulla religione. Suona il basso, perde e riprende peso spesso. Ha la battuta pronta.

Questo video non è uno spot ma un momento che può essere determinante per Huckabee: sul palco con Kim Davis, la funzionaria del Kentucky arrestata per non voler rilasciare licenze ai matrimoni gay c’è lui. Obbiettivo: essere candidato dei religiosi. A Ted Cruz, che ci prova anche lui, è stato impedito di salire sul palco da un membro dello staff di Huckabee.

 

john kasich
Dalla sua ha la concretezza, il sembrare un politico con i piedi per terra e il fatto di governare in uno degli Stati cruciali per la vittoria finale: chi vince in Ohio, di solito, finisce alla Casa Bianca. Vale per lui quel che vale per altri: ha risposte concrete sulle policies, sa più o meno dicosa parla ed è moderatamente moderato. Carisma pochino, ma è un tipico candidato non male in una primaria normale. Il 2016 è speciale: una gara nella quale molti conservatori si sfidano per diventare loro il rappresentante unico della destra della destra, due outsider e qualche moderato, potrebbe diventare la scelta di buon senso dell’elettore medio qualora Jeb Bush proprio non funzionasse.

Lo spot di Kasich è pensato per spiegare di essere uomo concreto e dei risultati. Non fantastico ma fa il suo dovere


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