Gli errori di Hollande, la necessità di stare uniti contro un nemico comune. Le parole dell'avvocato parte del Quartetto per il dialogo nazionale tunisino. Una piccola anticipazione dell'intervista che trovate in edicola

Esplosivo e colpi di mitra contro i luoghi dello svago e della cultura. Ma anche una guerra al terrore e il cambiamento della Costituzione. Tragedie simili eppure con epiloghi diversi, quelle di Francia e Tunisia. Gli attentati di Parigi riportano alla memoria la strage sulla spiaggia di Sousse e quella al Museo del Bardo, a Tunisi. Luoghi che l’avvocato Abdelaziz Essid, premio Nobel per la Pace 2015 assieme alle altre componenti del cosiddetto Quartetto per il dialogo nazionale tunisino, definisce «semplicemente luoghi di vita, di quella gioia consapevole che spaventa i terroristi». Anche per lui, raggiunto al telefono da Left, «le analogie sono evidenti». Però, commenta amaro, è soltanto il segno che «ormai tutto il mondo è Paese».

Avvocato Essid, che cosa intende con questa espressione?
Intanto mi lasci dire che come Ordine tunisino degli avvocati abbiamo espresso la nostra vicinanza ai colleghi di Parigi, Marsiglia, Lione. Poi, le ricordo che a Parigi sono stati uccisi tre miei connazionali assieme a qualche marocchino, qualche algerino, un egiziano, addirittura qualche libanese… Il terrorismo ormai colpisce tutti, non guarda in faccia nessuno. Ora purtroppo è evidente che anche la risposta non è soltanto un problema degli americani o degli arabi.
In Tunisia, però, dopo gli episodi più eclatanti, la battaglia è all’ordine del giorno.
Da noi è in corso una guerra aperta. Ci sono atti violenti ogni giorno: sulle montagne, alle frontiere… ieri (domenica 15 novembre, ndr) abbiamo avuto un soldato ucciso, prima ancora un pastore è stato decapitato. Ma credo di poter dire che ormai abbiamo capito come combattere il terrorismo, intanto evitando di porre troppa enfasi. Abbiamo imparato a stare uniti contro questo male che crediamo non sia soltanto tunisino né arabo, né mediterraneo né mediorientale. È un fenomeno internazionale, questo cancro dell’Isis devono combatterlo tutti.
I fatti non stanno così però: non tutti i Paesi sono schierati contro lo Stato islamico.
Mi creda, se i Paesi arabi avessero la stessa potenza dei Paesi occidentali sarebbero già lì in Siria a combattere contro lo Stato islamico che non ha niente di islamico, niente.
A giudicare da alcuni quotidiani italiani, invece, la colpa è dei «bastardi islamici».
Il Daesh non appartiene al mondo islamico né alla cultura mediorientale. Ho amici dappertutto nel mondo e sono un musulmano praticante: se la mia religione contemplasse atti di terrorismo non l’avrei mai accettata.
Quali sono le cause di questo fenomeno?
Onestamente, è sbagliato sostenere che ci siano cause che in qualche modo giustificano il terrorismo o riconoscerne delle ragioni. È assurdo uccidere degli innocenti per realizzare un obiettivo politico o di qualunque altra natura. Né voi giornalisti né noi uomini di legge dobbiamo mai dare ragione, neanche lontanamente, a un terrorista: per me non ci sono spiegazioni plausibili.
Possiamo dire che un mondo con meno sfruttamento, più eguaglianza e laicità produrrebbe meno terroristi?
Certamente sì, soprattutto un mondo con più giustizia. Ma questa conclusione non deve diventare in alcun modo assolutoria.
Torniamo alla “propaganda”. Perché pensa che non vadano enfatizzate le azioni dell’Is?
Quando è esploso in volo l’aereo russo decollato da Sharm el Sheik – pare a causa di una bomba che l’Isis aveva piazzato a bordo – io non avrei chiuso lo spazio aereo sopra quella zona, perché è quello l’obiettivo dei terroristi, vogliono essere considerati importanti. (…)

come si finanzia isis

 

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