L'accordo di Parigi avrebbe potuto essere migliore, ma è comunque meglio del previsto. La pressione del mondo ha mosso i governi. Ora non resta che vigilare sulle industrie inquinanti e premere sugli Stati affinché si impegnino davvero nel metterlo in pratica

In questo pazzo pazzo mondo c’è chi minaccia di far partire un missile nucleare da un sottomarino. C’è chi combatte le guerre sporche, chi semina il terrore (e qui la differenza, se c’è, è sottilissima). C’è chi prende di mira la Tunisia per aver optato ostinatamente per la democrazia e la laicità. Ci sono focolai e conflitti (se ho ben capito, i primi si differenziano dai secondi perché distanti e con morti non “nostri”) e ci sono quelli che tra i “nostri” (perché cittadini occidentali e “sottoprodotti” della nostra crescita senza limiti) ammazzano gente a caso negli stadi e al teatro e ci trascinano – nuovamente e sempre più – nella paura.

Poi accade che a un mese dagli attacchi di Parigi questo pazzo pazzo mondo apre un piccolo squarcio nello scenario da Terza guerra mondiale e mette d’accordo su un tema enorme ben 196 Paesi. Così arriva il primo accordo globale sul clima, che andrà ad incidere sulla totalità dei produttori di emissioni climalteranti. Certo, i dettagli sono il covo degli interessi di criminali e inquinatori e c’è da tenere alta la guardia. Certo, si poteva fare di più e meglio, dalle soglie di aumento di temperatura ai tempi fino alla questione dei fondi.

Ma stavolta non ci sono i presupposti per essere benaltristi, stavolta non è “meno peggio” ma un bel po’ meglio. A cominciare dal fatto che abbiamo un punto di partenza concreto e misurabile: dal 2020 si inizieranno a mettere in campo importanti politiche per ridurre i gas serra in tutti e 196 Paesi. Si dovrà vigilare che in questi 4 anni non ci sia chi fa il gioco sporco sparando le ultime cartucce dell’inquinamento senza freni. E si dovrà controllare che tutto avvenga secondo gli impegni (con un “tagliando” ogni 5 anni). In questo quadro, la società civile dovrà svolgere l’ingrato (ma ormai consueto) ruolo di controllore del controllore, senza rinunciare a chiedere impegni più stringenti perché realistici e tutt’altro che impossibili da assumere, dal momento che si tratta di formidabili opportunità di trasformazione (in chiave di giustizia e innovazione sociale prima che sostenibile) del sistema economico e sociale.

A un mese dagli attacchi terroristici, il mondo intero ha pronunciato un sì unanime (poco importa se qualcuno lo ha pronunciato a voce bassa o pensando che nella realtà dei fatti sarà un no). E questo grazie al forte e corale stimolo proveniente dalla scienza, dalla società civile e da un pezzo di mondo politico e imprenditoriale. La lezione è già stata sperimentata con successo su questioni di scala locale. Ora che in questo pazzo pazzo mondo arriva anche la prima importante vittoria su scala globale, proviamo a ritessere quell’alleanza anche per porre fine alle guerre sporche e al terrore.