Condannati da Grillo vengono assolti dalla giustizia. I due ex consiglieri M5S, Andrea Defranceschi e Giovanni Favia indagati nell'ambito del processo sulle spese pazze in Regione Emilia-Romagna ne escono puliti. La vicenda aveva spaccato il Movimento e pesa tuttora negli equilibri interni

Assolti perché «il fatto non sussiste». I due ex consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle Emilia-Romagna, Andrea Defranceschi e Giovanni Favia, entrambi cacciati da Grillo e coinvolti nel processo “Spese pazze” sull’uso dei fondi regionali, oggi hanno visto concludersi la parabola in loro favore. Quella giudiziaria quantomeno, perché quella politica pesa forse di più.
Imputati per peculato, dopo un anno e mezzo hanno finalmente visto l’accusa nei loro confronti respinta in toto dal gup Rita Zaccariello, che in rito abbreviato e con formula piena ha decretato: quelle spese erano lecite. Come del resto aveva già precedentemente sentenziato la Corte dei conti («lecite, congrue e razionali»).

Purtroppo però, questa sentenza non rimedia a uno squarcio apertosi nel Movimento. Emiliano romagnolo, e non solo.

Mentre Favia, astro nascente del M5s della prima ora e delfino di Grillo, era stato espulso nel 2012 dopo un fuorionda nel quale parlava della mancanza di democrazia interna al Movimento, Defranceschi era stato espulso senza appello a ottobre 2014 proprio a causa dell’indagine. All’epoca dei fatti unico baluardo cinquestelle rimasto in Regione, Defranceschi era capogruppo nonché probabile candidato alla presidenza della Regione nelle elezioni che si sarebbero tenute da li a pochi mesi.

Un’espulsione, quest’ultima, che spaccò letteralmente in due il partito pentastellato emiliano romagnolo: la maggior parte dei parlamentari regionali e dei consiglieri comunali, incluso il sindaco di Parma Federico Pizzarotti e la sua giunta, non partecipò alla campagna elettorale in segno di protesta per l’arbitrarietà della decisione. Defranceschi infatti, dotato di una certa autonomia, oltre che della stima del territorio, non era annoverabile fra i seguaci fedelissimi dei diarchi Grillo e Casaleggio. Si parlò dunque di esclusione ad personam, con regole comparse sul blog mai utilizzate nelle precedenti elezioni (amministrative, regionali, europee o politiche che fossero).

Quello che ai tempi colpì più di tutto il resto gli osservatori interni ed esterni del Movimento, fu la freddezza della macchina burocratica del blog e l’abbandono immediato e senza la minima comunicazione personale, del suo capogruppo: le comunicazioni avvenivano esclusivamente a senso unico tramite blog e la sola mail venne firmata “staff”. Come molti pentastellati del territorio (semplici cittadini, attivisti o eletti) ora ben sanno, gran parte del lavoro svolto dei due consiglieri in Regione, è andato perduto proprio per queste modalità di relazione.

Oggi, i due ex pentastellati – che nella vita si dedicano a tutt’altro – si prendono le loro amare soddisfazioni. A caldo, Favia affida il suo comento all’avvocato, Francesco Antonio Maisano: «Siamo soddisfatti da questa sentenza che riabilita pienamente e giustamente l’operato umano e politico di Giovanni Favia. La formula assolutoria ‘perché il fatto non sussiste’ spazza via in maniera indiscutibile il teorema accusatorio della Procura di Bologna». Nel pomeriggio, invece, arriva la notizia di una probabile candidatura di Favia a sindaco di Bologna.

Defranceschi invece, che ha già annunciato che chiederà i danni
e che «a causa dei danni umani subiti» della politica non vuole più saperne nulla, affida a Facebook un suo lungo sfogo personale: «È finito così, come un castello di carte al primo soffio di vento, un calvario di anni. Un anno e mezzo fa questa indagine basata sul nulla, mi ha impedito di ricandidarmi. Per la gioia e il vantaggio di molti, dentro e fuori il Movimento. Che non vedevano l’ora di liberarsi di me». Il riferimento è al consigliere comunale e attualmente autoproclamatosi candidato sindaco con lista bloccata alle prossime amministrative Massimo Bugani, che in quanto fedelissimo, in passato non aveva perso occasione per dare addosso al detestato compagno di partito. «La coerenza, l’onestà e il coraggio di dire la verità e non guardare in faccia a nessuno, sono caratteristiche scomode in questo Paese. E mi si perdonerà oggi questo raro momento di personale orgoglio. Oggi il mio pensiero va a chi mi ha attaccato, deriso, offeso, umiliato. Ai voltagabbana che prima ti riempivano di pacche sulle spalle e complimenti, per poi pugnalarti alle spalle», scrive. Poi aggiunge: «Ma è un pensiero di un attimo. Perché non sono persone, ma omuncoli, e loro si hanno già una condanna». Tuttavia, non vuole saperne più niente, l’ex capogruppo: «Ora però vi prego, abbiate almeno il dono della coerenza, non tornate indietro. Restate dove siete. Le scuse si accettano dalle persone intelligenti e in buona fede. E non è il vostro caso».

A supportarlo, non tardano gli attestati di stima pubblici e privati. Dalla deputata Giulia Sarti «contentissima» alla senatrice bolognese Michela Montevecchi, fino all’oggi eurodeputato Cinquestelle e già collaboratore in Regione di Defranceschi Marco Affronte, che come confida a Left, non aveva dubbi: «Sono molto contento di apprendere dell’assoluzione di Andrea Defranceschi. Ero certissimo del fatto che avesse sempre operato correttamente, ma a volte dimostrarlo è un’altra cosa. L’ho sempre stimato, nel suo ruolo pubblico e nel privato, e la sentenza non fa altro che confermarmi che la stima era ben riposta, se mai ce ne fosse stato bisogno». Poi aggiunge e sottolinea: «Credo che adesso in tanti gli debbano delle scuse. E non parlo di politica, parlo di persone e di rapporti umani».

Nel frattempo, sulla pagina pubblica dell’ex capogruppo, fioccano i commenti di stima, e non mancano note amare, che molto dicono sulle ripercussioni della vicenda sul partito pentastellato: «Per chi ti conosce è una magra consolazione rispetto ad aver perso una persona come te nelle istituzioni ma sopratutto ho la sensazione che non sarà nemmeno di lezione per il MoVimento».  E Maria: «Lo dico da iscritta certificata. Chiedo regole democratiche, chiedo che chi governa il Movimento non sia simile ad un Sultano. La democrazia è la cosa più importante che abbiamo. Oggi, nel Movimento, non c’è». O come quella di Paola: «non ne dubitavamo … purtroppo si è persa una grande occasione per il movimento 5 stelle», o più dirette, come Andrea, che scrive: «un in bocca al lupo..il Movimento a Bologna è stato distrutto dalla banda Bugani,,una esperienza ormai fallita..conclusa malamente..». Rilancia e pronostica alla fine Luigina: «A Bologna il m5s sarà un flop, purtroppo». E la sua, ha tutta l’aria di una sentenza già scritta.

Impicciarsi di come funzionano le cose, è più forte di lei. Sarà per questo - o forse per l'insanabile e irrispettosa irriverenza - che da piccola la chiamavano “bertuccia”. Dal Fatto Quotidiano, passando per Narcomafie, Linkiesta, Lettera43 e l'Espresso, approda a Left. Dove si occupa di quelle cose pallosissime che, con suo estremo entusiasmo invece, le sbolognano sempre: inchieste e mafia. E grillini, grillini, grillini. Dalla sua amata Emilia-Romagna, torna mestamente a Roma, dove attualmente vive.