Due senatori verdiniani (quindi in maggioranza) volano al Cairo e in Tv spiegano, parlando con un imprenditore sodale di Mubarak, che le autorità egiziane non c'entrano con la morte di Giulio. Per loro è tutta una manovra per colpire le relazioni economiche tra Italia ed Egitto

Prima i rapporti con l’Egitto, poi i diritti umani. Il senso dell’intervista concessa da due parlamentari italiani, uno verdiniano, l’altro di Forza Italia, alla televisione egiziana El Balad è questo. Lucio Barani (noto in questa legislatura per un gesto elegante rivolto alla grillina Barbara Lezzi) e Francesco Amoruso (ex Alleanza Nazionale poi Forza Italia), entrambi parte della maggioranza di governo in Senato, ci sono andati fino in Egitto a spiegarlo che no, siamo sicuri che con la morte di Giulio Regeni, le autorità egiziane non c’entrano.
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Parlando alla Tv i due hanno detto, come leggiamo sul sito di El Balad, che c’è un complotto internazionale di forze economiche che mirano a addossare la colpa della morte di Giulio agli apparati di sicurezza egiziani per prendere il posto dell’Italia (e dell’Eni) nei rapporti economici con il Cairo. Ma attenzione, dicono i senatori, rovinare i rapporti tra l’Egitto e l’Italia è «impossibile».
Citare qualche altro passaggio vale la pena:

«Capiamo il rifiuto dell’Egitto di fornire milioni di tabulati telefonici agli inquirenti italiani…giorni fa a Ginevra hanno quasi ucciso due italiani, ma non c’è stato tutto questo trambusto. Una prova che ci sono tentativi di provocare l’incidente…Osserviamo che c’è chi vuole rovinare le relazioni culturali, politiche e sociali e in particolare quelle economiche con l’Egitto … quanto successo a Regini è una tragedia, ma quel che succede oggi ha obiettivi politici ed economici, noi ci rendiamo perfettamente conto che il governo egiziano e il presidente Sisi non sono coinvolti in questo caso».

«Tutti noi stiamo cercando la verità, abbiamo bisogno di capire questi elementi mutevoli e aggressive contro il governo e gli alleati con le forze economiche di altri paesi egiziana, non sto dicendo che diversi paesi, ma le forze economiche che vogliono prendere il vantaggio di accordi economici e sostituire i legami economici Italia con l’Egitto».

Un’intervista incredibile e inqualificabile. Ma non solo, c’è un altro elemento importante: a fare le domande, l’ospite televisivo dei due parlamentari non è un presentatore o un giornalista, ma Mohamed Abul Enein, imprenditore della ceramica, finanziatore di grandi opere e sodale da sempre del deposto presidente Mubarak. Uno i cui operai non godono di diritti e, di quando in quando scioperano (ma i giornalisti non si possono avvicinare alle fabbriche per raccontarlo). Se leggete un legame tra le ricerche di Giulio Regeni, fate bene. Non è detto che sia un collegamento diretto, noi, a differenza dei parlamentari verdiniani, non facciamo gli inquirenti. Ma è il clima che si respira in Egitto: un grande imprenditore invita due parlamentari italiani, li porta in Tv e gli fa spiegare che no, Giulio Regeni non lo ha ucciso il governo egiziano, ma qualche malvivente.