I confini tra Afghanistan, Iran, Turchia e quella manciata di miglia di Mar Egeo tra le coste turche e quelle greche, Umid li ha percorsi nel grembo materno. La madre Nurie avrebbe voluto che il piccolo nascesse in Svizzera, ma è arrivata alla frontiera di Idomeni troppo tardi, quando il confine greco-macedone era stato già definitivamente chiuso. E Umid ha visto la luce due mesi fa all’ospedale Alexandria di Atene ed è ora uno dei più giovani inquilini dell’hotel City Plaza, un edificio occupato da un gruppo di attivisti greci e internazionali il 22 Aprile scorso. [caption id="attachment_77035" align="aligncenter" width="640"]L'entrata del Plaza L'entrata del Plaza[/caption] Situato a due passi da piazza Viktoria, punto d’incontro per i migranti in viaggio verso l’Europa, il City Plaza rappresenta una singolare convergenza tra la recente travagliata storia economica del Paese ellenico e il dramma degli oltre 54.000 migranti, bloccati nella capitale dopo la chiusura delle frontiere balcaniche. La struttura alberghiera, costruita nel periodo delle Olimpiadi del 2004, quando un’ingente quantità di soldi pubblici veniva sperperata in mazzette e progetti senza futuro, è rimasta per sei e anni e mezzo in stato di abbandono, dopo la definitiva bancarotta, prima di risorgere a nuova vita con l’occupazione. «Abbiamo subito disinfettato l’hotel, portato estintori, riconnesso acqua ed elettricità e offerto queste stanze alle persone che ne avevano bisogno», racconta a Left Loukia Kotronaki, una degli attivisti che è entrata nell’hotel il primo giorno. [caption id="attachment_77036" align="aligncenter" width="640"]A refugee entering City Plaza hotel carrying his son on a stroller Gli ospiti nella hall[/caption] All’interno dell’hotel vivono oggi 385 persone, 385 migranti, 180 dei quali bambini, che fino a qualche settimana prima erano costretto a dormire per le strade del porto del Pireo o nei campi affollati di Elliniko e Eleonas. «Nelle settimane successive molte altre persone sono venute a chiederci una stanza all’hotel. Abbiamo cercato di fare il possibile per accontentare chi ne aveva bisogno, ma è stata dura non poter offrire un posto a tutte loro», racconta ancora Loukia. La denuncia della precedente gestione dell’hotel non è si è fatta attendere, ma è dagli ex impiegati della struttura che è arrivata un’inaspettata manifestazione di solidarietà. Sul tetto dell'albergo [su_divider text="In edicola" style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]

Questo articolo continua sul numero 22 di Left in edicola dal 28 maggio

 

[su_button url="https://left.it/left-n-22-28-maggio-2016/" background="#a39f9f" size="7"]SOMMARIO[/su_button] [su_button url="http://sfogliatore.left.it/singolo-numero?edizione=22&anno=2016" target="blank" background="#ec0e0e" size="7"]ACQUISTA[/su_button]

[su_divider text=" " style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]

I confini tra Afghanistan, Iran, Turchia e quella manciata di miglia di Mar Egeo tra le coste turche e quelle greche, Umid li ha percorsi nel grembo materno. La madre Nurie avrebbe voluto che il piccolo nascesse in Svizzera, ma è arrivata alla frontiera di Idomeni troppo tardi, quando il confine greco-macedone era stato già definitivamente chiuso. E Umid ha visto la luce due mesi fa all’ospedale Alexandria di Atene ed è ora uno dei più giovani inquilini dell’hotel City Plaza, un edificio occupato da un gruppo di attivisti greci e internazionali il 22 Aprile scorso.

L'entrata del Plaza
L’entrata del Plaza

Situato a due passi da piazza Viktoria, punto d’incontro per i migranti in viaggio verso l’Europa, il City Plaza rappresenta una singolare convergenza tra la recente travagliata storia economica del Paese ellenico e il dramma degli oltre 54.000 migranti, bloccati nella capitale dopo la chiusura delle frontiere balcaniche. La struttura alberghiera, costruita nel periodo delle Olimpiadi del 2004, quando un’ingente quantità di soldi pubblici veniva sperperata in mazzette e progetti senza futuro, è rimasta per sei e anni e mezzo in stato di abbandono, dopo la definitiva bancarotta, prima di risorgere a nuova vita con l’occupazione. «Abbiamo subito disinfettato l’hotel, portato estintori, riconnesso acqua ed elettricità e offerto queste stanze alle persone che ne avevano bisogno», racconta a Left Loukia Kotronaki, una degli attivisti che è entrata nell’hotel il primo giorno.

A refugee entering City Plaza hotel carrying his son on a stroller
Gli ospiti nella hall

All’interno dell’hotel vivono oggi 385 persone, 385 migranti, 180 dei quali bambini, che fino a qualche settimana prima erano costretto a dormire per le strade del porto del Pireo o nei campi affollati di Elliniko e Eleonas. «Nelle settimane successive molte altre persone sono venute a chiederci una stanza all’hotel. Abbiamo cercato di fare il possibile per accontentare chi ne aveva bisogno, ma è stata dura non poter offrire un posto a tutte loro», racconta ancora Loukia. La denuncia della precedente gestione dell’hotel non è si è fatta attendere, ma è dagli ex impiegati della struttura che è arrivata un’inaspettata manifestazione di solidarietà. Sul tetto dell'albergo

Questo articolo continua sul numero 22 di Left in edicola dal 28 maggio

 

SOMMARIO ACQUISTA