Niente, non li vogliono. Dopo il niet dei Verdi, il Movimento 5 stelle europeo deve incassare anche il no dell'Alde. Il motivo: troppa difformità di intenti. «Sono arrivato alla conclusione che non ci sono sufficienti garanzie di portare avanti un'agenda comune per riformare l'Europa», ha dichiarato il capogruppo, Guy Verhofstadt, aggiungendo che «non c'è abbastanza terreno comune per procedere con la richiesta del Movimento 5 Stelle di unirsi al gruppo Alde». Certo, questo il presidente del gruppo lo sapeva anche quando, il 4 gennaio, ha redatto i quattro punti dell'accordo. Ma l'opposizione dei componenti, francesi in primis, evidentemente hanno fatto cambiare idea a Verhofstadt. Che sentenzia: «Rimangono differenze fondamentali sulle questioni europee chiave». Differenze che i militanti del Movimento 5 stelle avevano mandato giù, loro si, pur di far parte del gruppo. Inclusa l'intesa sulla moneta unica. A votare per l'addio - sofferto, come testimonia la lettera di Grillo al leader dell'Ukip - al gruppo di Nigel Farage, il 78,5 per cento degli iscritti al portale (31.914 persone). Ingoiando non solo il carattere europeista dei liberali, ma anche posizioni in netto contrasto alla linea Cinquestelle, come nel caso del Ttip. [caption id="attachment_93504" align="aligncenter" width="1024"] Un'infografica sui numeri di Alde e Movimento 5 Stelle nel Parlamento europeo, con gli interessi condivisi e le posizioni divergenti. Roma, 9 dicembre 2017. ANSA/ CENTIMETRI[/caption] Non l'ha presa bene, Grillo, che sul blog pubblica un post dal titolo L'establishment contro il Movimento 5 stelle. «L'establishment - scrive - ha deciso di fermare l'ingresso del Movimento 5 Stelle nel terzo gruppo più grande del Parlamento europeo. Questa posizione ci avrebbe consentito di rendere molto più efficace la realizzazione del nostro programma. Tutte le forze possibili si sono mosse contro di noi. Abbiamo fatto tremare il sistema come mai prima. Grazie a tutti coloro che ci hanno supportato e sono stati al nostro fianco. La delegazione del Movimento 5 Stelle in Parlamento europeo continuerà la sua attività per creare un gruppo politico autonomo per la prossima legislatura europea: il Ddm (Direct Democracy Movement)», conclude. Ma certo, è un boccone amaro. La figuraccia, grossa e internazionale, è fatta e gridare al complotto non aiuta, anzi, peggiora. E anzi, è «è la toppa peggiore del buco», come scrive stamattina Giulio Cavalli nel suo buongiorno. Una pezza tenta di metterla anche Alessandro Di Battista, che ieri sera a Otto e mezzo parla del Movimento come «corpo estraneo», e citando Di Maio, giustifica: era un accordo tecnico, l'ideale per noi sarebbe un gruppo autonomo. Che però, non si può fare. Ora, nonostante le rassicurazioni del politico belga, si apre un problema non da poco per i pentastellati europei. Certo, «nelle questioni degli interessi condivisi, come l’ambiente, la trasparenza e la democrazia diretta, il gruppo Alde ed il Movimento 5 Stelle continueranno a lavorare strettamente insieme», ha affermato Verhostadt. Ma se - come si presume - i Cinquestelle dovessero ricollocarsi nel gruppo dei non iscritti, il danno sarà notevole. Cosa che potrebbe far rivoltare contro il decisionismo del leader, una grossa fetta della base, già contraria al passaggio e titubante sulla votazione piovuta dall'alto senza preavviso. Sul blog, da ieri fioccano i commenti degli utenti, contro la figuraccia ma soprattutto alla ricerca di un responsabile. E c'è già chi chiede le dimissioni dell'europarlamentare David Borrelli, ritenuto il deus ex machina dell'operazione. Anche fra i parlamentari di peso, come trapela dal Fatto Quotidiano. Per lui, il fedelissimo della prima ora, fino a ieri co-presidente del gruppo Efdd, era stata messa sul piatto perfino la vicepresidenza dell'Alde e con la candidatura di Verhofstad alla presidenza del Parlamento europeo, chissà, anche qualcosa di più. Adesso come reagiranno gli altri 16 eurodeputati, la maggior parte dei quali tenuta all'oscuro dei  negoziati e soprattutto contraria al passaggio?

Niente, non li vogliono. Dopo il niet dei Verdi, il Movimento 5 stelle europeo deve incassare anche il no dell’Alde. Il motivo: troppa difformità di intenti. «Sono arrivato alla conclusione che non ci sono sufficienti garanzie di portare avanti un’agenda comune per riformare l’Europa», ha dichiarato il capogruppo, Guy Verhofstadt, aggiungendo che «non c’è abbastanza terreno comune per procedere con la richiesta del Movimento 5 Stelle di unirsi al gruppo Alde». Certo, questo il presidente del gruppo lo sapeva anche quando, il 4 gennaio, ha redatto i quattro punti dell’accordo. Ma l’opposizione dei componenti, francesi in primis, evidentemente hanno fatto cambiare idea a Verhofstadt. Che sentenzia: «Rimangono differenze fondamentali sulle questioni europee chiave».

Differenze che i militanti del Movimento 5 stelle avevano mandato giù, loro si, pur di far parte del gruppo. Inclusa l’intesa sulla moneta unica. A votare per l’addio – sofferto, come testimonia la lettera di Grillo al leader dell’Ukip – al gruppo di Nigel Farage, il 78,5 per cento degli iscritti al portale (31.914 persone). Ingoiando non solo il carattere europeista dei liberali, ma anche posizioni in netto contrasto alla linea Cinquestelle, come nel caso del Ttip.

Un’infografica sui numeri di Alde e Movimento 5 Stelle nel Parlamento europeo, con gli interessi condivisi e le posizioni divergenti. Roma, 9 dicembre 2017. ANSA/ CENTIMETRI

Non l’ha presa bene, Grillo, che sul blog pubblica un post dal titolo L’establishment contro il Movimento 5 stelle. «L’establishment – scrive – ha deciso di fermare l’ingresso del Movimento 5 Stelle nel terzo gruppo più grande del Parlamento europeo. Questa posizione ci avrebbe consentito di rendere molto più efficace la realizzazione del nostro programma. Tutte le forze possibili si sono mosse contro di noi. Abbiamo fatto tremare il sistema come mai prima. Grazie a tutti coloro che ci hanno supportato e sono stati al nostro fianco. La delegazione del Movimento 5 Stelle in Parlamento europeo continuerà la sua attività per creare un gruppo politico autonomo per la prossima legislatura europea: il Ddm (Direct Democracy Movement)», conclude.

Ma certo, è un boccone amaro. La figuraccia, grossa e internazionale, è fatta e gridare al complotto non aiuta, anzi, peggiora. E anzi, è «è la toppa peggiore del buco», come scrive stamattina Giulio Cavalli nel suo buongiorno. Una pezza tenta di metterla anche Alessandro Di Battista, che ieri sera a Otto e mezzo parla del Movimento come «corpo estraneo», e citando Di Maio, giustifica: era un accordo tecnico, l’ideale per noi sarebbe un gruppo autonomo. Che però, non si può fare.

Ora, nonostante le rassicurazioni del politico belga, si apre un problema non da poco per i pentastellati europei. Certo, «nelle questioni degli interessi condivisi, come l’ambiente, la trasparenza e la democrazia diretta, il gruppo Alde ed il Movimento 5 Stelle continueranno a lavorare strettamente insieme», ha affermato Verhostadt. Ma se – come si presume – i Cinquestelle dovessero ricollocarsi nel gruppo dei non iscritti, il danno sarà notevole. Cosa che potrebbe far rivoltare contro il decisionismo del leader, una grossa fetta della base, già contraria al passaggio e titubante sulla votazione piovuta dall’alto senza preavviso. Sul blog, da ieri fioccano i commenti degli utenti, contro la figuraccia ma soprattutto alla ricerca di un responsabile. E c’è già chi chiede le dimissioni dell’europarlamentare David Borrelli, ritenuto il deus ex machina dell’operazione. Anche fra i parlamentari di peso, come trapela dal Fatto Quotidiano. Per lui, il fedelissimo della prima ora, fino a ieri co-presidente del gruppo Efdd, era stata messa sul piatto perfino la vicepresidenza dell’Alde e con la candidatura di Verhofstad alla presidenza del Parlamento europeo, chissà, anche qualcosa di più.

Adesso come reagiranno gli altri 16 eurodeputati, la maggior parte dei quali tenuta all’oscuro dei  negoziati e soprattutto contraria al passaggio?

Impicciarsi di come funzionano le cose, è più forte di lei. Sarà per questo - o forse per l'insanabile e irrispettosa irriverenza - che da piccola la chiamavano “bertuccia”. Dal Fatto Quotidiano, passando per Narcomafie, Linkiesta, Lettera43 e l'Espresso, approda a Left. Dove si occupa di quelle cose pallosissime che, con suo estremo entusiasmo invece, le sbolognano sempre: inchieste e mafia. E grillini, grillini, grillini. Dalla sua amata Emilia-Romagna, torna mestamente a Roma, dove attualmente vive.