La vicenda europea ci dice esattamente che se il Pil - questo pur impreciso e parziale indicatore - non cresce o addirittura cala, è impossibile persino garantire il ben-essere raggiunto. Se non si abbandona il vecchio modo di pensare, le “prospettive economiche per i nostri nipoti” saranno quelle di una stagnazione secolare.
E' il caso di dare un po’ di credito a questa “uscita da sinistra” dalla crisi. Essa non può che passare attraverso la disubbidienza ai trattati e alle imposizioni della Troika. Se la Germania è disposta a trattare con il piccolo debitore Grecia, allora l’Italia, che è “too big to fail”, potrebbe fare la differenza, se solo volesse. Senza neppure aver bisogno di agitare l'arma spuntata dell'uscita dall'euro.
Ormai lo scontro tra il presidente della Bce e la Bundesbank è arrivato al limite e lo stesso Draghi ha fatto intendere, nell’ultima audizione al Parlamento Europeo, che potrebbe iniziare a comprare titoli di Stato nell’ambito del Quantitative Easing, al fine di preservare l’Unione monetaria e ripristinare il meccanismo di trasmissione della politica monetaria.
Il Rapporto Svimez denuncia come la persistenza di dinamiche recessive e la prosecuzione delle politiche di austerità abbiano dato un affondo drammatico alle difficoltà del Sud dell’Italia. Occorre una strategia nazionale per lo sviluppo, che sia in grado di prefigurare un ruolo attivo dello Stato, di vero e proprio “regista” di una politica industriale. E che vede il Sud come parte di un problema più generale.