A un mese del lancio della lettera aperta “Hanno scelto l’ignoranza” che ho scritto con un gruppo di scienziati di diversi Paesi, è tempo di fare un primo bilancio.

A un mese del lancio della lettera aperta “Hanno scelto l’ignoranza” che ho scritto con un gruppo di scienziati di diversi Paesi, è tempo di fare un primo bilancio. La lettera è stata ripresa da tutta la stampa europea ed è stata firmata da più di 15mila persone al momento (la raccolta firme è ancora aperta). Il titolo che abbiamo scelto è ispirato a una famosa riflessione di Derek Bok, ex- presidente dell’università di Harvard: «Se pensi che l’istruzione sia costosa, prova l’ignoranza». Il progressivo taglio di finanziamenti all’istruzione e alla ricerca sta rapidamente portando a una situazione di non ritorno molti Paesi in cui l’ignoranza, cioè il deficit di preparazione avanzata, riguarderà, purtroppo, le fondamenta strutturali.

L’Italia, ad esempio, ha circa la metà (21%) di laureati nella fascia di popolazione tra 25 e 34 anni della media Ocse (38%). Inoltre nel decennio 2003-2013 il numero d’immatricolati è diminuito del 20% : il capro espiatorio della crisi sembra essere l’università incapace di preparare al mondo del lavoro. In realtà c’è una bassissima richiesta di personale con formazione avanzata: la quota di occupati nelle professioni ad alta specializzazione è tra le più basse in Europa, come anche la spesa in ricerca e sviluppo delle imprese italiane (la metà rispetto alla media europea) mentre i ricercatori delle imprese rispetto agli occupati sono un terzo della Francia e della Germania. Continuando tagliare sul finanziamento di università e ricerca si continuerà ad aggravare una situazione che già ora sembra essere irrecuperabile: un folle gioco al ribasso che rende necessario, per supplire alla mancanza di innovazione, abbassare i costi del lavoro e i diritti dei lavoratori.

Il Presidente Renzi spiega che, come soluzione, vorrebbe che le università italiane siano come i garages della Silicon Valley, dove, nell’immaginario collettivo, nascerebbero l’innovazione e il business grazie a giovani scamiciati e geniali aiutati dalle forze del libero mercato. In questa fantasiosa rappresentazione della realtà ci si dimentica del fatto che, nel Paese per altri versi paladino del libero mercato, la ricerca di base è finanziata dal governo federale per 40 miliardi di dollari all’anno. Se si possono impunemente raccontare queste favole, significa che stiamo toccando con mano i danni dell’ignoranza: se n’è sicuramente reso conto il milione di persone che ha manifestato la settimana scorsa, e che si è ritrovato orfano di un qualsiasi riferimento non solo politico ma anche culturale.