Dai governi di centrodestra a quelli di centrosinistra il valzer degli esperti, tra liberismo e pragmatismo. E adesso il contentino della partecipazione al sondaggio online.

Al tempo del bipolarismo si riconoscevano due sistemi per mettere a tacere gli insegnanti prima ancora di introdurre qualche nuova fregatura nel sistema scolastico. Quando al governo c’era il centrosinistra, a viale Trastevere andavano di moda gli outsider neoconvertiti al liberismo dominante, gli apocalittici ben integrati nei giri politici, i rivoluzionari da strapazzo disponibili alle dichiarazioni forti.

Saltato il guado tra ideologismo e pragmatismo, verso quale bersaglio avrebbero potuto sfogare più facilmente la nuova fede antistatalista? Il loro chiodo fisso era liberare la scuola dal vecchio, indipendentemente dalla funzionalità. Il nuovo andava accolto a priori, senza discriminazioni. In virtù della loro semplice incompetenza, godevano di grandissimo credito presso i ministri rapiti dalla missione di rinnovare la scuola. E buttavano giù quanto era rimasto della buona scuola del passato, sdegnando ogni contatto con la massa insegnante. Uno di questi maître à penser stigmatizzò i docenti che si permettevano di mettere bocca sulla riforma Berlinguer, chiedendo, assai infastidito, se i ferrovieri avessero mai avanzato proposte sulla riforma dei trasporti.

Se con il centrosinistra al timone trionfavano gli incompetenti, con il centrodestra la fauna degli improvvisatori si è ridotta ed è stato dato un po’ più spazio ai cultori delle discipline, ma non alle loro proposte, che si sono perse nei cassetti del ministero. Troppo buon senso, del resto, avrebbe potuto scontrarsi con il caos ereditato. Così gli esecutivi del centrodestra e poi quelli tecnici hanno proseguito sulla strada della esternalizzazione dell’esperienza scolastica, che da qualche tempo è riconosciuta esclusivamente agli economisti, veri e propri oracoli per chi sa solo tagliare le risorse.

Ora il governo prova a mettere la sordina al malcontento tra gli insegnanti, suscitato dalle proposte della cosiddetta “buona scuola”, con una consultazione sulla Rete secondo le regole opache della E-Democracy. Come potremo sapere chi si è espresso, per quante volte e, soprattutto, quali competenze abbia per formulare proposte sul sistema di istruzione? Può consolare la banale constatazione che “uno vale uno” quando secondo la Costituzione «la Repubblica detta le norme generali sull’istruzione» e il Parlamento legifera?

Come ha denunciato l’avv. Corrado Mauceri, del comitato fiorentino dell’associazione “Per la Scuola della Repubblica”, il governo Renzi ha organizzato una consultazione pilotata per sostenere la cosiddetta “buona scuola”. Mauceri denuncia la violazione dell’art. 97 della Costituzione perché è venuta meno l’imparzialità dell’Amministrazione, impegnata a propagandare una proposta governativa. Al contempo si ignora il disegno di legge, già presentato alla Camera e al Senato, che, aggiornato, riprende la legge di iniziativa popolare “Per una buona scuola per la Repubblica”, che fu sottoscritta da più di 100.000 cittadini.

La macchina del Mur si è messa in moto per disinnescare la protesta degli insegnanti. E la consultazione sul web ha sostituito l’“esperto esterno” nel ruolo di piazzista.