C'è tutto l'universo del cantautore astigiano in questo suo nuovo album dal titolo autoironico: Snob, che viaggia sulle autostrade del contemporaneo con un ritmo che viene da lontano, evocando, quella lunga e nobile tradizione musicale portata da africani ridotti in schiavitù nelle piantagioni americane.

L’inconfondibile voce roca, con stile. Il piano suonato con apparente disattenzione, seguendo un proprio filo interiore. E poi la nostalgia di un altrove sempre e solo sognato. Standosene nello scrigno della provincia torinese. Che però si pensa ad un passo da Parigi.

E poi l’esotismo da cartolina, immaginifico e divertito, il miraggio di una Habana barocca e notturna, al suono di «maracas… clessidras… al ritmo mirage ». C’è tutto l’universo di Paolo Conte in questo suo nuovo album dal titolo autoironico: Snob.

Paolo Conte, Snob, leftPubblicato dall’etichetta Platinum, questo nuovo disco arriva dopo quarant’anni di carriera, rompendo un silenzio creativo durato anni. Per l’occasione l’avvocato e “chansonnier” si regala una tournée internazionale, appena partita da Monaco di Baviera e che, dopo una tappa a Barcellona, il 20 novembre approderà al Teatro Regio di Parma, il 27 e 28 novembre a Milano e dal 4 al 6 dicembre a Roma.

Seguendo la rotta inversa a quella dei tanti migranti evocati nei testi di questo cd che si apre con il brano“Si sposa l’Africa” e dal porto di Genova s’imbarca per “L’Argentina”, lasciando signore dabbene per vagheggiate “Donne dal sapor di caffè”. è popolato di personaggi immaginifici e stralunati questo Snob che inanella quattordici canzoni originali caratterizzate da classiche atmosfere jazzy e fumose, mentre linguaggio colto e slang fumettistico si fondono nel racconto di paesaggi incantati che sembrano vivere di vita propria.

Questo è un album che viaggia sulle autostrade del contemporaneo con un ritmo che viene da lontano, evocando, quella lunga e nobile tradizione musicale portata da africani ridotti in schiavitù nelle piantagioni americane. Una tradizione che è da sempre il binario forte e strutturante di tutta la produzione musicale contiana, come nota Enrico Capasso nel libro Paolo Conte (Arcana).

Non a caso tornano qui a far capolino gli amati Duke Ellington e Louis Amstrong. E torna la passione per la rumba e per il tango anni 30, riletti in chiave rigorosamente astigiana. C’è spazio per sonorità caraibiche in “Tropical” e perfino per le canzoni anni 20 nell’ironica “Signorina saponetta”. E se sorge il sospetto che un po’ Conte qui si diverta ad imitare se stesso, brani speziati e avvolgenti come “Gente” ci restituiscono tutta la gioia dell’ascolto.