La giunta leghista di Zaia celebra la “famiglia naturale”. Ma la realtà italiana è un’altra. Coppie di fatto, un esercito di single, divorzi boom e unioni gay. La società cambia e i diritti sono ancora per pochi.

La Regione Veneto ha istituito la festa della famiglia naturale da celebrarsi l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze di Natale. Con la delibera del 28 novembre la giunta leghista di Zaia ha voluto «valorizzare il pilastro della nostra società» e riconoscere «valori indiscutibili che discendono da leggi millenarie della natura». Sì, ma di chi parlano gli amministratori veneti?

Si fa presto a dire famiglia. Perché darne una definizione non è così semplice, e per quanto ci abbiano provato sociologi, esperti di statistica e giuristi, c’è sempre qualcosa che sfugge alle classificazioni. C’è la famiglia anagrafica che si basa sulla residenza in comune ma c’è anche quella legale stabilita dal vincolo del matrimonio e dalla genitorialità. E spesso non coincidono. Ma c’è pure la famiglia sociale che si fonda su interessi comuni e, non meno importante, quella degli affetti, dove rientrano anche gli amici e qualcuno arriva a dire, perché no, anche il cane o il gatto.

Continuando nell’analisi ci sono le famiglie ricostituite, formate da genitori provenienti da altri matrimoni con figli al seguito. Quelle con più nuclei, rappresentate da nonni con figli e nipoti che vivono sotto lo stesso tetto. Se invece si parla di separazioni emerge il fenomeno della famiglia monogenitoriale spesso rappresentata dalla sola madre. Ma nell’ambito della libertà di vincoli affettivi si assiste sempre più spesso al fenomeno delle famiglie Lat (Living apart together), coloro che sono uniti da una relazione ma che, per vari motivi, vivono separati. E poi ci sono le famiglie Arcobaleno, coppie di persone omosessuali con figli. Per non dimenticare il vero e proprio esercito: le famiglie unipersonali o mononucleari, vedovi o single che siano.

«Insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o affettivi», così l’Istat per il censimento del 2001 definiva la famiglia. Già con notevoli cambiamenti rispetto alle precedenti indagini, perché viene meno quella che nel 1981 era considerata una caratteristica del nucleo familiare, e cioè il bilancio comune. La famiglia evolve, seguendo anche i mutamenti dell’economia. E l’attività produttiva (o la proprietà dei beni) che spesso contraddistingueva la famiglia mezzadrile toscana o quella artigianale del Nord Italia, non è più vincolata al legame parentale.

L’ultima fotografia scattata dall’Istat alle relazioni tra cittadini è ben diversa da quella immaginata dalla Regione Veneto. La famiglia nucleare composta da padre, madre e figli infatti rappresenta sempre meno la realtà italiana. Le famiglie coniugate con figli che, nel 1998 per esempio erano il 46 %, nel 2011 sono scese al 36,4 per cento. In Italia una famiglia su tre è ormai costituita da una sola persona: erano il 24,9 per cento del totale nel 2001 mentre nel 2011 sono arrivate a 31,2 % (7 milioni e 667mila). Le cause sono il progressivo invecchiamento e quindi l’alto numero di vedovi (4 milioni e 600mila nel 2011) ma anche la libera scelta di vivere da soli e un massiccio aumento delle separazioni e dei divorzi. In dieci anni, dal 2001 al 2011, il numero dei matrimoni falliti è quasi raddoppiato: da 1 milione e 530mila a 2 milioni e 658mila. Le famiglie di unioni libere, con o senza figli, interessano circa 2 milioni e mezzo di persone. Mentre aumenta il numero delle famiglie (da 23 milioni e 216mila del 2006-2007 a 24 milioni e 979 mila del 2012-2013) si assiste ad un progressivo calo del numero dei loro componenti. Nel 1951 erano 4, per passare a 3,3 nel 1971 a 2,6 nel 2001 fino ai 2,4 del 2011, con punte massime in Campania (2,8) e minime in Liguria (2,1).

La crisi si fa sentire e provoca negli ultimi anni quello che l’Istat definisce un “ricompattamento” dei nuclei familiari. Un fenomeno nuovo, che si può spiegare soprattutto con il progressivo impoverimento. Nel 2013, il 12,6% delle famiglie è in condizione di povertà relativa (3 milioni 230 mila) e il 7,9% lo è in termini assoluti (2 milioni 28 mila). Accade quindi sempre più spesso, che figli disoccupati anche con prole, tornino sotto lo stesso tetto dei genitori. Nell’ultimo quinquennio sono state circa mezzo milione le persone che sono andate a vivere in famiglie con più nuclei. Una, nessuna, centomila famiglie. Il che è anche ovvio, visto che le relazioni tra esseri umani mutano, e molto, nel corso del tempo.

l’articolo integrale su left in edicola da sabato 20 dicembre 2014