La rete non basta più. Un rebus la scelta del candidato. Sono giorni di stallo per i parlamentari del Movimento 5 Stelle.

Quirinarie sì o quirinarie no? Appoggio al Pd, non appoggio al Pd? Strategia della rete o trattative in Parlamento? Renzi, Prodi o barricate? A meno di una settimana dall’inizio delle votazioni (la prima seduta inizierà alle 15 del 29 gennaio), e alla vigilia della “Notte dell’Onestà”, indetta da Grillo per il 24 gennaio in Piazza del Popolo a Roma, per quanto riguarda il Movimento 5 Stelle è impossibile fare previsioni sulla strategia più importante della partita politica: l’elezione del Capo dello Stato.

A tenere in stallo il Movimento in queste ultime settimane è stato il metodo col quale il “partito dei cittadini” dovrebbe proporre il proprio nome. Da dove debba arrivare il candidato pentastellato alla Presidenza della Repubblica, sembra essere un rebus tutto da decifrare, persino per i suoi parlamentari, e che verrà sciolto solo all’ultimo momento, in linea, sembrerebbe, con la posizione del Presidente del Consiglio Matteo Renzi.

Sebbene di ipotesi ne siano circolate, la maggior parte proveniente dal mondo della magistratura (dal presidente onorario della Suprema Corte di Cassazione Ferdinando Imposimato al pm Nino Di Matteo), non sarà possibile né alla base, né agli eletti fare valutazioni di alcun tipo finché dal blog di Grillo non caleranno indicazioni. Un’esclusione della rete ben diversa rispetto a due anni fa, in cui erano stati proprio gli iscritti al portale a blindare i nomi.

Entrato glorioso con un “boom” da 25% nel Parlamento italiano, l’M5s si ritrova dopo quasi due anni davanti a quella che fu la sua prima grande prova nazionale e che gli valse anche le prime forti critiche – nonché i primi (spesso, va detto, compiaciuti) scetticismi sulle loro potenzialità politiche -: «Se aveste votato Prodi, non avreste consentito a Renzi di stringere il Patto del Nazareno», è l’osservazione che più pesa al partito delle non alleanze.

Ai tempi, il Movimento 5 Stelle fresco e pulito, aveva effettivamente un’unica chance per sopravvivere agli squali della politica: l’intransigenza. Guai a chiamarli onorevoli: erano “cittadini portavoce” che non parlavano con vicini di scranno né rilasciavano dichiarazioni alla stampa. Abitudine, questa, fra le prime a essere silenziosamente sfumata.

Oggi, è un altro Movimento 5 Stelle quello che siede fra i banchi del Palazzo. Pesantemente sfoltito dalle epurazioni e dagli abbandoni – 9 deputati e 17 senatori in meno – con un direttorio molto simile a una segreteria di partito (con tanto d’incarichi e referenti territoriali), debilitato dal confronto con il funzionamento della macchina istituzionale, il partito del blog cambia regole di volta in volta, e alla democrazia partecipata sempre più spesso sembra preferire la strada di una trattativa che non gli appartiene.

l’articolo integrale su left in edicola da sabato 24 gennaio

Impicciarsi di come funzionano le cose, è più forte di lei. Sarà per questo - o forse per l'insanabile e irrispettosa irriverenza - che da piccola la chiamavano “bertuccia”. Dal Fatto Quotidiano, passando per Narcomafie, Linkiesta, Lettera43 e l'Espresso, approda a Left. Dove si occupa di quelle cose pallosissime che, con suo estremo entusiasmo invece, le sbolognano sempre: inchieste e mafia. E grillini, grillini, grillini. Dalla sua amata Emilia-Romagna, torna mestamente a Roma, dove attualmente vive.