Operaio e calciatore, deportato dai nazisti a Mauthausen. Sopravvisse al campo di lavoro di Gusen grazie alle partite giocate insieme con i soldati tedeschi.

Quando il kapò mise la testa nella fredda baracca di legno, Ferdinando Valletti indossava un pigiama a righe con una lettera sul petto, seguita da una serie di numeri. Il kapò era stato mandato a cercare qualcuno capace di giocare a pallone perché nel campo di Gusen, in terra d’Austria, le SS avevano anche il tempo di divertirsi e quel giorno, evidentemente, erano rimasti a corto di uomini.

I due soldati pensavano che quel ragazzo con gli occhi ancora troppo vivi per i loro gusti li stesse prendendo in giro mentre spiegava, aiutato dal kapò stesso, di aver giocato addirittura con il Milan. Ferdinando “Nando” Valletti (nella foto è il terzo da destra nella seconda fila) era nato nel ’21 a Verona, dove aveva iniziato proprio nelle giovanili dell’Hellas. Si ritrovò a Milano con 18 anni ancora da compiere e con un diploma da perito industriale che gli permise di entrare all’Alfa Romeo senza mai perdere il contatto con la palla.

Sebbene la sua fabbrica avesse la squadra del relativo dopolavoro regolarmente iscritto alla serie C, Ferdinando Valletti, per gli amici Nando, divenne il mediano titolare del Seregno, formazione sorteggiata in un girone diverso da quello in cui militava, oltre all’Alfa, anche la rappresentativa della Pirelli Bicocca. Era il ’42. Con l’Italia ormai in guerra da due anni, lo stabilimento del Portello, sviluppatosi vertiginosamente già in epoca coloniale, divenne uno dei maggiori centri di produzione di mezzi di trasporto.

Il ragazzo finì presto nel mirino dei talent scout del Milan, qualifica professionale che all’epoca stava ad indicare gli osservatori dell’Associazione calcistica Milano, il nuovo nome imposto dal regime all’antica e anglofila società rossonera. Tra i suoi compagni di squadra: il vicentino Romeo Menti e il triestino Ferruccio Valcareggi. Valletti gioca tutta la stagione ’42-’43 senza riuscire a concludere il campionato successivo.

Nel marzo del ’44, infatti, un combinato disposto di delazioni tra colleghi lo indica come uno dei principali organizzatori dello sciopero che il Comitato sindacale d’agitazione della Lombardia proclama per bloccare tutta l’attività produttiva della Repubblica Sociale. La milizia fascista lo arresta insieme ad altri venti operai dell’Alfa e lo consegna alle SS. Dopo un breve soggiorno a San Vittore, tutti sul treno di legno in partenza dal famigerato binario 21 della Stazione centrale. Destinazione Mauthausen. Valletti è un metalmeccanico, è abituato al lavoro duro. Ma il ragazzo è anche un atleta, tonico e resistente. Dopo un primo periodo alla cava di pietra, viene assegnato al campo di Gusen dove gli fanno costruire gallerie. Il pittore Aldo Carpi racconterà nei suoi diari di prigionia come il Valletti gli abbia salvato la vita più volte.

La prima partita che si ritrova a giocare insieme alle SS gli fa guadagnare la fiducia dei suoi aguzzini che, nonostante i piedi scalzi, ne riconoscono il valore tecnico. Rimedia altre convocazioni, un paio di zoccoli, l’esclusione dalle linee di produzione e finalmente un ruolo da sguattero nelle cucine. E proprio dalle cucine, Ferdinando per gli amici Nando, riuscirà a trafugare giorno dopo giorno quel minimo di cibo necessario per non far morire di fame i suoi compagni ormai allo stremo. Quando, a maggio del ’45, arrivano gli alleati, i sopravvissuti nella sua baracca sono soltanto cinque. Uno di questi è lui, Ferdinando Valletti: 24 anni, metalmeccanico, calciatore, uomo.