Questa settimana dedichiamo il francobollo a un personaggio fuori contesto della storia della canzone italiana: Piero Ciampi, livornese, comunista, anarchico.

Questa settimana dedichiamo il francobollo a un personaggio fuori contesto della storia della canzone italiana: Piero Ciampi, livornese, comunista, anarchico.

Uno che non si considerava ricco perché non poteva avere contemporaneamente una frittata di cipolla, un bicchiere di vino, un caffè caldo e un taxi alla porta. E non si sentiva povero perché rispetto all’ultimo dei miserabili aveva qualcosa in più: la poesia.

Ciampi era uno fragile, perennemente incazzato, dal vaffanculo facile. Uno che sembrava rincorrere la sorte beffarda. Quando l’occasione buona bussava alla sua porta, Piero era sempre chissà dove, non lo si trovava mai. Poteva essere ovunque, a Parigi o in Spagna, a Genova o a Milano, in Giappone o ubriaco sul muretto di un vicolo qualsiasi di Livorno. Uno di quei vicoli che ancor oggi portano il nome delle donne che lì professavano il mestiere.

Nella sua vita, Ciampi amò Livorno, due donne e il vino. Litigava con tutti. Spesso non finiva neanche la prima canzone che aveva litigato con il gestore o con il pubblico del baraccio di turno. Questo lo portò ad autodefinirsi «il cantante più pagato di sempre: Duemila franchi per mezza canzone!». Ma il rissoso Piero aveva «tutte le carte in regola per essere un artista», e lo sapeva al punto da autocelebrarsi in una canzone.

Le donne lo abbandonarono, la poesia non gli permise mai di sostentarsi. Alla Rai erano costretti a passare le sue apparizioni in orari improponibili a causa del suo evidente stato di ebrezza. Storica la sua rissa con Califano, colpevole di non avergli offerto da bere nel suo club romano. Piero era evitato da quasi tutti i suoi colleghi e a lui questa cosa sembra non dispiacesse troppo. Piero Ciampi, va detto, non era un codardo, era un coraggioso disposto a salire su un palco e mettersi in discussione ogni volta un po’ di più.

Noi epici filatelici millantastorie lo vogliamo ricordare in modo semplice ed estroso come la sua ultima apparizione al Premio Tenco, quando arrivò barcollando gonfio di vino sul palco, litigò col pubblico che lo fischiò e lui lo zittì a modo suo, con un misto di compostezza e violenza. Poi, portò a termine la sua interpretazione: fece un passo indietro, un sorriso e un inchino. L’anno dopo non si presentò, mandando un telegramma lapidario: «Non sono potuto venire». Piero Ciampi lo ricordiamo con la stessa semplicità che si trova in un buon bicchiere di vino.

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