Eterna seconda, non v’è dubbio, sempre epicamente salva dalle crisi più profonde che hanno investito il mercato globale e le piccole imprese familiari.

Antesignana per antonomasia delle più moderne bibite da sorseggio dal trend transoceanico e figlia di quella genuina fantasia imprenditoriale che potrebbe differenziare le produzioni del nostro Paese. Ignara protagonista dei più profondi cambiamenti che hanno attraversato la cultura della nostra società. La gassosa accompagna e addolcisce, da oltre un secolo, ricordi adolescenziali di svariate generazioni.

Alfiere indefesso di un’archeologia industriale che resiste e vanta eccellenti linee di produzione sparpagliate, come tante bollicine, in stabilimenti in ogni angolo della nazione. Produzioni genuine e smaliziate, indifferenti ai dettami del marketing prepotentemente imposto dalle grandi multinazionali, orchi famelici di tradizioni e abitudini. Sempre fresca e trasparente. Briosa e audace nel suo stile frizzantino e involontariamente retrò. Ghiacciata anche solo nell’apparenza. Liscia o a mezzi in combinazione con vino o birra. Al limone, al mandarino, al cedro, al caffè. Amara, amarissima, dolce o dolcissima, quasi sgasata o frizzantissima.

Da gustare al mare o al bar, durante i pasti post-scolastici. Consentita anche dalle suore e dai maestri più intransigenti, era il perfetto tonificante nei dopo partita di piazza. Per anni considerata come un proletario champagne operaio, economica sciccheria provinciale, tipico dissetante dei lunghi tornei di briscola che si svolgevano nelle storiche case del popolo.

Sono centinaia le ricette “segrete” tramandate, assieme alle migliaia di sfumature sensoriali. Eterna seconda, non v’è dubbio, sempre epicamente salva dalle crisi più profonde che hanno investito il mercato globale e le piccole imprese familiari. Originariamente fatta fermentare al sole e distribuita in vetro anche quando era antieconomico, con il tappo a pallina prima e con la chiusura a corona poi. La gassosa è un’indefessa rappresentante dell’ecologia industriale del nostro Paese, valore riconosciuto solo negli ultimi anni con l’avvento dell’“etica” geolocalizzata.

Ode alla gassosa, avrebbe scritto Neruda. Noi la vogliamo ricordare citando alcuni dei marchi che l’hanno resa grande, con la stessa solennità con cui Nicolò Carosio avrebbe scandito i nomi degli azzurri ai mondiali di calcio. Provateci voi: Di Iorio, Partanna, Luisia – Quattrone, Sete Fuentes, Gallo, Avena – Neri, Polara, Tomarchio, Paoletti – Chiurazzi, Marra, Arnone – Baldacci & Luperi. Allena il signor: Spumador.

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