Una massa di docenti disperati e plurititolati preme per passare di ruolo. Ma il caos e i conflitti dipendono dalle diverse politiche adottate negli anni dai ministri dell’Istruzione.

C’è un ricorso fisiologico al precariato scolastico, che dipende dalla sfasatura temporale tra la previsione dell’organico e le situazioni di fatto ad inizio anno, a settembre. Ma se è diventato un fenomeno abnorme, si dovrà indagare tra le sacche della nostra politica clientelare, dove si consolidano le rendite di posizione. Questa massa di disperati, che preme al confine tra il precariato e l’immissione in ruolo, fa anche comodo a chi interpreta il progresso come una graduale contrazione dei diritti già acquisiti. Per chi ne ha ancora qualcuno, lo spauracchio della condizione precaria potrebbe funzionare da freno a ogni legittima rivendicazione.

Così, negli anni 80 il numero dei precari della scuola è cresciuto insieme alla spesa pubblica. Allora, per la prima volta, la politica creò una corsia di accesso al ruolo per i precari, una riserva di posti aperta in un “doppio canale”. Il 2000 fu un anno cruciale per il precariato della scuola. Le graduatorie, fino a quel momento rinnovate ogni tre anni, diventarono permanenti, mentre si allungavano i tempi del passaggio in ruolo. Nello stesso anno il Miur decise di dare contorni più netti al fenomeno e venne fuori che gli insegnanti precari erano quasi 300.000. Nel 2007 il ministro Fioroni trasformò le graduatorie permanenti in graduatorie a esaurimento, un semplice auspicio perché alle parole non corrispose un piano di assunzioni con relativa copertura finanziaria. Con il ministro Gelmini si mise in moto una spietata ruota della fortuna che, sulla base del periodo in cui si era prestato servizio e dei titoli esibiti entro una certa data, ha frantumato il fronte in quattro gruppi: i reduci del vecchio “doppio canale”, gli abilitati con servizio, gli abilitati senza servizio, i non abilitati.

Invece di disinnescare la bomba, i vari dottor Stranamore della classe dirigente hanno ampliato i motivi di conflitto moltiplicando i titoli di accesso all’insegnamento, ciascuno seguendo un’idea incongrua rispetto all’orientamento del predecessore. Alla laurea quadriennale in Scienze della formazione e alle Scuole biennali di specializzazione all’insegnamento secondario (Ssis) si sono aggiunti i Tirocini formativi attivi (Tfa) e i Percorsi abilitanti speciali (Pas). Ai precari di ogni schieramento l’un contro l’altro armato, lo Stato mostra, secondo le circostanze, l’aspetto severo del rigido selezionatore o la smorfia beffarda dell’imbroglione. Un atteggiamento irresponsabile nei confronti di lavoratori plurititolati al servizio dello Stato. C’è pure chi, tra i ministri dell’Istruzione, ha pensato di aggirare questo ginepraio con un nuovo concorso, dal momento che non se ne bandivano dal 1999. Ma per partecipare al concorso del 2012 bisognava già possedere un’abilitazione o essere laureati entro una certa data, cioè ancora una volta essere passati attraverso l’infernale ruota della fortuna del ministero.

In questo modo, tra le graduatorie ad esaurimento e quelle di Istituto, sono spuntate le graduatorie di merito, con una nuova categoria di precari, gli “idonei”, cioè gli sfortunati che hanno superato un concorso con pochissimi posti in palio. Intanto, i numeri annunciati dal governo sulla stabilizzazione dei precari si sono sgonfiati e ormai non coprono più neanche i docenti delle graduatorie ad esaurimento. Così si sono sgonfiate anche le speranze di migliaia di lavoratori a cui lo Stato affida il nostro futuro.