Dopo anni di disimpegnato postmoderno, attraverso i linguaggi dell'arte, la mostra All the world’s future del curatore nigeriano Okwui Enwezor torna ad interrogare la politica e, accende i riflettori sull'ingiustizia e sulle disuguaglianze e i conflitti fra sud e nord del mondo.

Si accendono i riflettori sulla 56esima Biennala di Venezia che si a apre il 9 maggio. Dopo anni di disimpegnato postmoderno, attraverso i linguaggi dell’arte, la mostra All the world’s future del curatore nigeriano Okwui Enwezor torna ad interrogare  la politica e, accende i riflettori sull’ingiustizia e sulle disuguaglianze e i conflitti fra sud e nord del mondo. E porta Karl Marx in Laguna con una lettura integrale del Capitale nell’Arena (proseguirà per tutta la durata della Biennale fino al 22 novembre). «Perché il capitale è il grande dramma della nostra epoca», dice Enwezor .

Una provocazione non tanto per per celebrare un pedissequo ritorno a Marx i cui strumenti critici oggi non ci bastano più. Ma perché «oggi il capitale incombe più qualsiasi altro elemento su ogni sfera dell’esistenza, dal dominio dell’economia sulla politica alla rapacità dell’industria finanziaria. Dallo sfruttamento della natura attraverso la sua mercificazione sotto forma di risorse naturali,  al crescente sistema di disparità e all’indebolimento del contratto sociale che incombono un cambiamento». Lo abbiamo raccontato su left numero 16,nell’articolo Una Biennale di importanza Capitale (acquista la copia).

Ma il filo rosso della riflessione politica non attraversa solo la mostra, riguarda anche l’assegnazione del Leone d’oro alla carriera al’artista ghanese El Anatsui  che da oltre vent’anni crea arte  con tappi di liquori e resti del passato coloniale.  E riguarda la proposta di molti Padiglioni nazionali. A cominciare da quello dell’Armenia che apre un focus sugli artisti della diaspora con Armenity (catalogo Skira) indagando lo sradicamento sociale e culturale. Per arrivare ad eventi collaterali come la mostra My East is your West che in Palazzo Benzon  racconta le storie di un popolo artificialmente diviso fra India e Pakistan e che risente ancora della colonizzazione occidentale.

Grande attenzione quest’anno anche al tema della sostenibilità e al rispetto della natura, mentre a Venezia è di fatto ancora irrisolto il problema delle grandi navi. In particolare Jimmie Durham nella mostra “Venice: Objects, Work And Tourism alla Fondazione Querini Stampalia invita a riflettere criticamente sui rapporti fra turismo di massa e Laguna. E il tema dell’attenzione verso l’ambiente è al centro anche dela lavoro di Sean Scully,  in Land Sea, in Palazzo Falier. Scegliendo la strada dell’allegoria tematizza i problemi che riguardano la situazione ambiente ( oltreché scottanti temi politico-sociali) anche il Padiglione dell’Azebaijan con la mostra Beyond the  Line….
Stay tuned, continueremo il nostro viaggio nella Biennale!

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