Un gol di Pietro Ferraris dopo 9 minuti regala partita e titolo ai padroni di casa: Ambrosiana 44 punti, Bologna 41. L’esercito tedesco è alle porte di Parigi e l’ora delle decisioni irrevocabili è giunta.

Il primo settembre ’39, Hitler invade la Polonia e, dopo due giorni, francesi e britannici dichiarano guerra alla Germania. La Francia sospende il suo ottavo campionato e lo stesso accade in Inghilterra dove l’edizione interrotta è già la numero 65. Nell’Italia fascista, invece, la Serie A ’39-’40, undicesima a girone unico, parte regolarmente  domenica 17 settembre, stesso giorno in cui le truppe sovietiche entrano in Polonia così come previsto dal patto Molotov-Von Ribbentrop.

L’Ambrosiana (non più Internazionale) benché orfana per sempre del Balilla Meazza con un piede fuori uso, batte la Juventus 4-0 all’esordio e vola in testa con il Genova (non più Genoa) del signor (non più mister) William Garbutt e il Bologna dell’ariano Hermann Felsner al quale, l’anno prima, l’ungherese Arpad Weisz aveva dovuto lasciare panchina e scudetto a causa delle leggi razziali. Stesso motivo per cui il collega Ernst Erbstein era tornato con la famiglia a Budapest da dove continuò a lavorare per costruire il Grande Torino.

La Roma gioca l’ultimo campionato a Testaccio, prima di essere trasferita al Flaminio, lo Stadio intitolato al Partito nazionale fascista. Il numero 10 giallorosso non è più il professor Fulvio Bernardini, ormai ritiratosi in serie C e privato della patente di guida per aver speronato la macchina del Duce appena partito da palazzo Venezia.

Al giro di boa, in gennaio, il Bologna ha un punto di vantaggio sull’Ambrosiana e sul Genova che tuttavia perde terreno sul finire dell’inverno. Il Bologna rimane in testa grazie ai gol di Puricelli e Reguzzoni prima di andare in crisi a primavera. L’ultimo giorno di marzo, infatti, la squadra di Felsner pareggia a Bari e viene agganciata dai nerazzurri che sbancano Firenze.

Tre turni di sosta e si torna in campo il 21 aprile: Juventus-Bologna 1-0 e Ambrosiana-Genova 2-1. È il sorpasso. L’Ambrosiana le vince tutte tranne la penultima quando cade a Novara. Il Bologna batte il Liguria e si ritrova a un solo punto dalla capolista. L’ultima giornata è il 2 giugno 1940 e il calendario prevede proprio Ambrosiana-Bologna all’Arena civica. L’ordine pubblico tuttavia impone di giocare nel più capiente San Siro, lo stadio del Milano (non più Milan) agli ordini dell’arbitro Generoso Dattilo della sezione di Roma.

Un gol di Pietro Ferraris dopo 9 minuti regala partita e titolo ai padroni di casa: Ambrosiana 44 punti, Bologna 41. L’esercito tedesco è alle porte di Parigi e l’ora delle decisioni irrevocabili è giunta. Meazza, risolto il problema al piede, è pronto a tornare sulla sponda nerazzurra.

Fulvio Bernardini ha riavuto la patente dopo una partita a tennis nel giardino di Villa Torlonia contro Benito Mussolini che, adesso, urla dal balcone l’entrata in guerra al fianco della Germania. Il progetto dell’Eur resta sulla carta, così come l’Esposizione universale voluta da Giuseppe Bottai, ex governatore di Roma, ora ministro dell’Educazione e firmatario del Manifesto della Razza e della riforma scolastica che, dal primo luglio, adegua l’opera di Gentile alle esigenze del cosiddetto “umanesimo fascista”. Nella stagione ’40- ’41, lo scudetto si gioca ancora tra Milano e Bologna e la religione cattolica sarà obbligatoria anche al liceo.