L’autore ha disegnato, con nitidezza visionaria, una autofiction illustrata che ha ritmo e coerenza narrativa. E ha dato espressione a fantasmi, paure e utopie più e meglio di tanti romanzieri attuali.

Il fumetto si può considerare letteratura? Probabilmente no. È un linguaggio che, come il cinema o la canzone, appartiene alla cultura di massa e ne segue le logiche. Del cinema il critico Debenedetti diceva che era «fatica senza fatica». Perché? Perché con il cinema, o con il fumetto, non devi fare la fatica, lo sforzo di immaginazione che la letteratura sempre comporta.

Libri, Zerocalcare, Dimentica il mio nomeNon si tratta di gerarchia di valori: Kubrick è meglio di Bevilacqua, però Maus di Spiegelmann, benché straordinario graphic novel sull’Olocausto, non può essere assimilato a Primo Levi per la ragione che visualizza la realtà, te la mostra, non si limita a evocarla, e dunque dà alla tua immaginazione una forma predefinita, bloccata. Perciò il fumetto non deve essere “nobilitato”. È bello anche perché un po’“volgare”, inclusivo. Corto Maltese di Pratt non è un racconto di Conrad perché ha una immediatezza emotiva volutamente ingenua,  che nasce da una semplificazione infantile: è Conrad più l’immaginario pubblicitario più un depliant turistico più tanti altri ingredienti pop.

Questo lungo preambolo per parlare di Zerocalcare e di Dimentica il mio nome, graphic novel in corsa per lo Strega. Una scelta che stravolge lo statuto del premio (perché allora non ammettervi la migliore fiction Tv?), però freghiamocene e leggiamolo come letteratura disegnata.

La prima impressione è che si collochi nel cuore della nostra epoca: narrazione frammentaria, iperbolica, spettacolare, al tempo stesso dura e sentimentale, composta di gerghi coatti, citazioni trasversali (da Walt Disney a Philip Dick, da Freddy Kruger a “300”, dal cinema di genere ai videogame).

L’autore ha disegnato, con nitidezza visionaria, una autofiction illustrata che ha ritmo e coerenza narrativa. E ha dato espressione a fantasmi, paure e utopie più e meglio di tanti romanzieri attuali. Anche se presentare la madre del protagonista con le fattezze di Lady Cocca del Robin Hood disneyano mi solleva sì dalla fatica di rappresentarmela, però fatalmente deprime la magia allusiva della parola scritta.