L’Utopia di un luogo senza papi né capi. Senza cattiverie originarie da domare o deboli da dominare. L’Utopia di un mondo dove si è uguali e liberi e dove «un giorno si arriverà ad una sensibilità tale per cui chiunque tenti di commettere una violenza non riuscirà neanche ad alzare il braccio per farlo».

Proporre l’Utopia. Oltre ad essere “l’acido corrosivo dell’imbecillità”, Left ha il “dovere” di proporre l’Utopia. «Un giorno si arriverà ad una sensibilità tale per cui chiunque tenti di commettere una violenza non riuscirà neanche ad alzare il braccio per farlo», mi ha detto oramai più di un anno fa l’amico più utopista che ho. E non riesco a dimenticarlo.

Immaginare una tale sensibilità, di questi tempi, non è cosa facile. Scriverne e proporla è un dovere. Left si è dato il compito arduo ma irrinunciabile di “corrodere” l’imbecillità e, insieme, di proporre l’Utopia, intesa come eu-topia, bene più luogo. Luogo del bene, luogo in cui si realizza il ben-essere di tutti.

Corrodere l’imbecillità violenta che propone l’ennesima guerra che affonderà barconi, invece di salvare vite umane. Che prende decisioni in tempi “record” invece di prendere tutte quelle vite e di curarle al meglio. Che costruisce assurde quote, come le vite umane fossero pacchi o chili di carne.

E insieme proporre la certezza di un’Utopia, di un luogo dove le frontiere sono porte aperte, perché le porte aperte sono porte girevoli che regalano la libertà di andare a cercare la propria vita. A tutti. Perché tutti uguali. Senza condizioni.

Anche su questo numero, Left si prende il coraggio di denunciare l’imbecillità di tanto poco pensiero che si riempie la bocca di nemici da eliminare e di ipotetici insegnanti fannulloni da licenziare, tutto con la stessa facilità. Per dirvi che quel poco pensiero propone, ogni volta, soluzioni semplici, comprensibilmente false.

Come affondare barconi, pur essendo perfettamente consapevoli di quanti barconi ci siano accanto e accanto ancora e di cosa possa significare bombardare delle coste piene di persone in fuga da orrori. O come concentrare tutto nelle mani di uno solo in una realtà collettiva come la scuola. Quello più in alto ovviamente, che avrà il potere di decidere chi chiamare ad insegnare, chi premiare, chi scartare, chi finanziare. Cosa finanziare. Il super preside, il supercapo di tutto. Questo vuole il nostro premier. Soluzioni forti, di potere. Veloci.

Democrazia decidente, si è detto, quella di Renzi. La sensazione è che sia rimasto solo il decidente, della democrazia si perdono progressivamente le tracce. «La democrazia – mi diceva non molto tempo fa Nadia Urbinati – non è soltanto una forma di governo ma un modo di pensare le relazioni con gli altri e prima ancora noi stessi».

Ecco, allora penso che Left debba proporre l’Utopia di un’uguaglianza “di nascita” e di una “libertà che sia dovere di essere esseri umani”. Tutti. Perché tutti uguali. Senza condizioni. Senza più religioni a imporre chi è buono e chi è cattivo. Chi superiore e chi inferiore. Chi vero e chi falso.

L’Utopia di un luogo senza papi né capi. Senza cattiverie originarie da domare o deboli da dominare. L’Utopia di un mondo dove si è uguali e liberi e dove «un giorno si arriverà ad una sensibilità tale per cui chiunque tenti di commettere una violenza non riuscirà neanche ad alzare il braccio per farlo».

Pensando alla campagna per il nuovo Left, pochi mesi fa, c’erano altre frasi di Antonio Gramsci che ci piacevano. Due in particolare. Una diceva: «Ogni movimento rivoluzionario è romantico per definizione», l’altra: «Studiate perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza». Entrambe, sono per dirvi che Left è romantico per definizione e che “dovete” studiare perché Left avrà bisogno di tutta la vostra intelligenza. Poi ce n’era una terza. La molla di tutto. «Il giornale non dovrà avere alcuna indicazione di partito. Dovrà essere un giornale di sinistra».

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