Il racconto della giornata di Jazz italiano per l'Aquila

Una città deserta, silenziosa, con le montagne che la stanno a guardare nella sua immobilità infinita, dopo il terremoto del 6 aprile 2009. Ma ecco che si risveglia.  È domenica mattina, il giorno del Jazz italiano per l’Aquila. Cominciano a circolare strani personaggi con valigione e custodie nere e più o meno grandi. Si salutano e si abbracciano, si conoscono quasi tutti. Stranieri a L’Aquila, messaggeri di un’altra vita. Il sole ha avuto pietà e dopo le piogge del giorno prima, finalmente l’aria si riscalda. Poi cominciano ad arrivare i suoni: sax, tromboni scatenati, trombe, pianoforti. La città è viva. E non è retorica. Alla fine quei ponteggi, quei muri sbrecciati e feriti, quelle finestre chiuse, quei negozi rimasti fermi a sei anni fa, non li noti nemmeno più. È il potere della musica, che ti fa dimenticare lo spazio fisico e ti porta in un’altra dimensione da condividere con gli altri esseri umani che sono accanto a te, madri con bambini nel passeggino, giovani, signori dai capelli bianchi, cultori di jazz. Si respira un’aria diversa, si sente la fatica, la passione e la cooperazione, la fratellanza, verrebbe da dire, che c’è tra gli artisti. C’è chi dice che non si era mai visto un clima così, senza competizione o rivalità di sorta – e dire che i musicisti un po’ narcisi lo sono davvero.

 

alessandro presti sulla scala di san bernardino prima di salire sul palco

(©-FILIPPO-TROJANO)

Ada Montellanico, presidente del Midj, l’associazione dei musicisti jazz, che ha dato molto per questa giornata, parla di una giornata “commovente”, lei che canta nel bellissimo salotto di piazza Santa Margherita quell’inno struggente contro il razzismo che è “Strange fruit” di Billie Holiday.  Tutti si impegnano al massimo per questa giornata speciale che fa rivivere L’Aquila. Ci sono i big come Marcello Rosa nel bellissimo auditorium dal cuore rosso come il sangue di Renzo Piano, ci sono gli scatenati musicisti della marching band dei Funkoff che non cessano di ballare e suonare e suonare e ballare davanti ai loggiati e ai bar presi d’assalto da una folla immensa. Saranno sessantamila, alla fine, gli aquilani e gli appassionati arrivati da tutta Italia. Paolo Fresu, il direttore artistico che con il suo quintetto ha scelto la scalinata di San Bernardino per il live, è colpito da quel pubblico che gli si para di fronte. I big sfilano la sera, in piazza Duomo: Enrico Rava, Enrico Pieranunzi, Franco D’Andrea, ma quella di domenica è stata la giornata di tutti, soprattutto di quei tantissimi giovani musicisti che emozionati si ritrovavano a suonare fianco a fianco con i grandi. Tutti uguali, tutti insieme, perché la musica unisce e ha la forza anche di far dimenticare un trauma come il terremoto.

© Donatella Coccoli 2015-09-06 12.28.23

il concerto di ada montellanico nella piazza di santa margherita

(©-FILIPPO-TROJANO)

Nel 2016 si replica: il 4 settembre, ha detto il ministro Franceschini sul palco di piazza Duomo. Il sindaco Cialente, incontrato per strada insieme al direttore del Conservatorio, è raggiante: «Spero che per tanti giovani dell’Aquila, questa sia una giornata che in qualche modo li possa influenzare. Ci sono 1400 studenti tra Conservatorio e scuola media musicale», dice, come se la cultura potesse essere una via d’uscita da quelle montagne che incombono. Chissà, potrebbe essere un’idea. E la ricostruzione della città? «I 6 miliardi si sono sbloccati, appena arrivano, apriamo i cantieri, 300 solo qui nel Corso», e il sindaco indica la via principale. Vedremo se veramente sarà la svolta. Gli abitanti sono come rassegnati e delusi, ma intanto, quasi increduli, per un giorno hanno vissuto un’altra città. Anche se immateriale, fatta di suoni.