Il ministro Lorenzin e il premier spiegano come la spesa sanitaria non sia affatto stata tagliata. E' proprio così? Il rischio è quello di pazienti che si rivolgono sempre più al privato perché nel pubblico un numero crescente di prestazioni non verranno più prescritte
A sentire Matteo Renzi è «l’unico settore dove si sta incrementando». Per il ministro Lorenzin «non esiste che c’è un taglio di prestazioni». Allarme rientrato dunque? La sanità pubblica è al sicuro da riduzioni di budget?
Procediamo con ordine: ieri alla Camera il presidente del Consiglio ha ricordato che «nel 2002 erano 75 i miliardi del Fondo sanitario nazionale, quest’anno 110, l’anno prossimo 111. Questo per essere chiari che questo Paese non sta tagliando sulla sanità». «La cosa buona è che è comunque aumentato, ma ci vuole di più sicuramente» ha confermato il ministro della Salute parlando del Fondo e della necessità di «un incremento graduale ma costante».
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Secondo Claudio Cricelli, presidente della Società italiana di medicina generale e delle cure primarie (Simg), «non è vero che il fondo sia stato aumentato come sostiene Renzi. Oggi si aggira attorno ai 109 miliardi. La sanità è stata sottoposta alla spending review e noi sappiamo che ci sarà una riduzione del finanziamento». (L’intervista completa assieme a servizi e altre interviste su Left in edicola)

Altro capitolo: il cosiddetto “decreto inappropriatezza”, quello con cui il ministro della Salute mette sotto osservazione i medici imponendogli di ridurre all’essenziale una serie di esami clinici (208 per la precisione). «Su quelle si chiede al medico di agire con appropriatezza» ha minimizzato Lorenzin. «Abbiamo in Italia il record delle risonanze magnetiche: ne facciamo più del resto d’Europa. Eppure qui da noi la qualità della vita è tra le più elevate, quindi qualcosa non torna».

I medici contestano le sanzioni e l’evidente limitazione alla loro libertà. Ma non hanno da temere, a sentire il ministro. «Lo scopo di questa norma non è la sanzione» spiega: a suo avviso saranno pochissime. L’obiettivo è «dare un aiuto ai medici dandogli una lista di percorsi diagnostici che vengono dalle best practices».

Soltanto allarmismo dunque? Claudio Cricelli non la pensa così. «Il decreto inappropriatezza fa pensare a medici iperprescrittori, ignoranti e sperperatori del denaro pubblico. Ma questa non è affatto la realtà. I professionisti in questo Paese sono molto più attenti e preparati di quanto pensi questo governo», replica il presidente di Simg. «Il rischio è che la medicina diventi astensiva, che i medici prescrivano sempre meno e i pazienti siano costretti a rivolgersi al privato. Ma non tutti se lo possono permettere».