Il testo della Cirinnà parla di utero in affitto? falso. La maternità surrogata è già vietata dalla legge 40. Ma in molti Paesi non permessa e regolamentata. A cominciare dall'Inghilterra

«No all’utero in affitto» ha sentenziato Angelino Alfano che ha incontrato il premier Matteo Renzi per un nuovo confronto sul tema della legge unioni civili. Il nuovo centrodestra continua così a confondere le acque accusando il ddl Cirinnà di portare subdolamente alla legittimazione dell’utero in affitto. Ma nel testo Cirinnà non vi è traccia di questo argomento. Il testo, come abbiamo scritto più volte, il ddl tematizza e regola invece la stepchild adoption: oggi i figli delle coppie gay hanno solo il genitore biologico come genitore legittimo. L’altro è un estraneo. La stepchild, recependo anche sentenze della Cassazione cambierebbe questa situazione permettendo di adottare il figlio del compagno.
“Nuovi” integralisti però fanno orecchie da marcante e Mario Adinolfi insiste: «Faremo una grande raccolta firme per la richiesta di moratoria all’Onu sull’utero in affitto. E non vorremmo davvero arrivare a quel giorno con l’utero in affitto legittimato da una legge italiana». Come se non sapesse che la Legge 40 vieta già la maternità surrogata. Il divieto è esplicitato nell’articolo 12 comma 6 della norma varata nel 2004.

Quanto alla maternità in affitto che, ribadiamo, non rientra nel testo Cirinnà, ecco quale è il quadro internazionale:

In molti Paesi occidentali, a cominciare dall’Inghilterra è legale e regolamentata. La letteratura scientifica non oppone obiezioni e, a ben vedere, neppure ce ne sarebbero dal punto di vista “etico” se fosse frutto di una libera scelta. Come spiega anche il professor Pasquale Bilotta, direttore scientifico dell’istituto Alma Res: «Il divieto contenuto nella Legge 40 è un’assurdità. Paradossalmente una donna che ha l’utero ma non le ovaie può usufruire di una donazione e avere una gravidanza. Chi invece ha le ovaie ma non l’utero, e potrebbe concepire un figlio geneticamente correlato con l’aiuto dell’utero di un’altra donna, non può averlo. Dietro ovviamente c’è un’idea, va detto purtroppo, religiosa della vita e delle libertà personali. E invece c’è tutta una normativa della legge civile che andrebbe rivista, per cui mi batto da anni perché è assurdo vietare la maternità surrogata, soprattutto come gesto baliatico. Evitando qualsiasi episodio di mercimonio, ma se tutto avviene all’interno di una situazione consensuale o amicale perché non consentirlo?».

Ma il figlio è di chi lo cresce o di chi lo fa “materialmente”?

«Il figlio è di chi lo cresce, su questo non c’è dubbio.» Perché a suo avviso Quagliariello (Ncd) dice «possiamo trattare su tutto ma non sulla maternità surrogata. Vietiamola». «Lo fanno nel nome di quello che loro ritengono sia la famiglia “naturale” – risponde Bilotta -. Purtroppo anche la legge 40 è il risultato di un patto con la Chiesa cattolica, che conferma di avere l’enorme problema di svincolare la sessualità da finalità procreative. Papa Francesco, ritenuto tanto illuminato, non ha cambiato e non cambierà la dottrina».

Se da il punto di vista scientifico ed etico la maternità surrogata non incontra obiezioni è vero però che in aree povere del mondo accade che diventi uno strumento di sfruttamento. Proprio per impedire questo tipo di racket, il governo del Nepal ha introdotto restrizioni legislative. In precedenza lo aveva fatto la Thailandia. Non sulla base di un credo religioso, come vorrebbe il giornale cattolico l’Avvenire, ma per evitare l’abuso.

E nel resto del mondo?

In molti Paesi la maternità surrogata è accettata ed è legale. Per esempio , come accennavamo, in Inghilterra, dove nel 1978 è nata la prima bambina in provetta, il ricorso a questa pratica è consentito ma strettamente regolamentato. La California è lo Stato dove si registra la più ampia apertura, al pari dell’India, Paese in cui la commercial surrogacy è praticata dal 2002 in una rete di cliniche specializzate.
Quanto all’Italia, come ricordavamo la legge 40 vieta in particolare la commercializzazione dell’utero in affitto. «Nel 2000 il Tribunale di Roma ha autorizzato un utero surrogato perché applicato su base solidale senza commercializzazione del corpo o di parti di esso, nel pieno rispetto delle norme in vigore nel nostro Paese e delle norme comunitarie», ricorda però l’avvocato Filomena Gallo. «Oggi», aggiunge, «molte coppie si recano all’estero per avere un figlio, e nell’agosto 2011 il ministero degli Esteri ha diffuso un documento per le ambasciate italiane in cui forniva indicazioni precise sul comportamento che il funzionario consolare debba tenere in caso di sospetta maternità surrogata». Il documento dice che se l’atto di nascita è formalmente valido, il funzionario lo deve accettare e inoltrare al Comune competente informandolo, insieme alla Procura, delle particolari circostanze della nascita. «È prassi che il funzionario consolare accetti gli atti già perfezionati e li inoltri al Comune per la trascrizione. Solo dopo, eventualmente, si darà inizio a un accertamento dei fatti in sede penale, con riferimento al reato di alterazione di Stato. Ma – sottolinea Gallo – i controlli nei momenti delle trascrizioni degli atti di nascita, se pur leciti, non possono tradursi in una intromissione nella vita delle coppie fino alla sottrazione del minore, che potrebbe subire danni in una delle fasi più importante della vita».
Un tipo di intromissione che si è verificata più volte. Nel 2014, per esempio, la Corte di Cassazione ha condannato il fenomeno della maternità surrogata dichiarando adottabile un bambino nato in Ucraina da una madre surrogata, con la conseguente perdita della responsabilità genitoriale da parte della coppia italiana. Nel caso Paradiso e Campanelli, invece, l’Italia è stata condannata dalla Corte di Strasburgo per aver sottratto alla “coppia committente” un bambino nato da una madre surrogata in Russia, a causa dell’inesistenza di un legame biologico con i coniugi, e quindi per aver violato l’articolo 8 della Carta europea dei diritti dell’uomo – che recita che «non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare». In quel caso la Corte ha riconosciuto l’esistenza di una famiglia di fatto formata dalla coppia e dal bambino.
L’avvocato Ida Parisi, che riporta questi e altri casi in uno studio realizzato per conto dell’associazione Luca Coscioni, assicura che nel frattempo la Conferenza di diritto internazionale privato dell’Aja ha avviato una ricerca sugli sviluppi comparati della disciplina della maternità surrogata, nell’ambito del diritto interno e del diritto internazionale privato. «È partita nel 2010 ed è in corso ancora oggi. Questo lavoro ha come obiettivo l’ideazione di una normativa internazionale, comune a tutti gli Stati, che metta al centro la tutela del minore e che funzioni da punto di riferimento in caso di contrasti normativi».

[social_link type=”twitter” url=”http://twitter.com/simonamaggiorel” target=”on” ][/social_link]  @simonamaggiorel