La produzione della serie tv Homeland ingaggia degli artisti di strada araba per realizzare dei graffiti che rendano il set più realistico. I writer non si fanno pregare e imbrattano i finti muri con scritte e slogan che denunciano il razzismo del telefilm come «Homeland è solo uno scherzo, che non fa ridere nessuno», «Homeland non è una serie» «Homeland non esite» o «Homeland è razzista».

Sul set dell’ ultimo episodio di Homeland, serie tv che ha ricevuto tanti premi quante critiche per il controverso ritratto del Medio Oriente e dei musulmani che ha offerto in questi anni, vi erano anche un gruppo di graffitari arabi chiamati appositamente dalla produzione per dare autenticità alle pareti di un campo profughi in Siria. Gli artisti di strada hanno deciso di lasciare un chiaro messaggio attraverso i loro disegni: hanno tappezzato di slogan in arabo le mura del set, accusando esplicitamente la serie di avere idee razziste. Scritte come: «Homeland è solo uno scherzo, che non fa ridere nessuno», «Homeland non è una serie» o «Homeland non esite» sono apparse sul set del secondo episodio della quinta stagione. Altre scritte utilizzate dai graffitari per veicolare il loro messaggio contenevano riferimenti culturali precisi, come l’#blacklivesmatter, un movimento attivista negli Stati Uniti, nato nel luglio 2013 dopo l’assoluzione di George Zimmerman nella sparatoria in Florida che ha causato la morte del ragazzo afro-americano Trayvon Martin. Nell’episodio incriminato della serie, l’ultimo andato in onda negli Stati Uniti, ambientato in un campo profughi al confine siro-libanese ma girato a Berlino, la protagonista Carrie Mathison, interpretata da Claire Danes, sfugge miracolosamente a un misterioso complotto ordito per ucciderla. In una scena passa di fianco a un muro dove è visibile e riconoscibile la scritta in arabo: «Homeland è razzista».

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Gli artisti, Heba Amin, Caram Kapp e Pietra, sono stati contattati da un amico che aveva ricevuto una richiesta dalla società di produzione dello show televisivo per avere sul set “artisti di strada arabi” che dipingessero graffiti sui muri del campo. Inizialmente il trio era scettico circa l’affare con la serie, fortemente criticata in passato per aver rappresentato i musulmani come terroristi, dando un’idea del mondo musulmano in generale completamente differente dalla realtà. «Data la reputazione che la serie si portava dietro non è stato facile convincerci, poi abbiamo fatto un altro tipo di ragionamento: il nostro intervento avrebbe potuto rendere visibile lo scontento politico che noi e tanti altri avevamo accumulato nei confronti della serie. Era il nostro momento per veicolare la nostra idea e per sovvertire il messaggio che la serie dà, utilizzando lo spettacolo stesso», hanno detto gli autori in un comunicato pubblicato sul sito web di Amin. Nel primo incontro con la produzione, agli artisti erano stati assegnati una serie di graffiti pro-Assad, “apparentemente naturali in un campo profughi siriano” con il preciso compito di utilizzare solo segni e simboli apolitici. Mentre gli scenografi erano occupati a costruire il set, gli artisti si sono messi all’opera e agli sceneggiatori non è minimamente passato in mente che quelle scritte potessero avere un contenuto politico, addirittura di critica alla serie stessa. «Il contenuto di quello che era scritto sul muro per loro non è un problema. Ai loro occhi, la scrittura araba è semplicemente un abbellimento visivo che completa l’immaginario horror-fantasy del Medio Oriente. Danno un’immagine disumanizzante di un’intera regione, rappresentandola come piena di personaggi non del tutto umani, vestiti con burka neri o, come in questa stagione, con profughi e rifugiati cattivi, pronti a tutto pur di vendicarsi» ha detto Amin, uno degli artisti, in un’intervista rilasciata al Guardian. E ha continuato: « è chiaro che non conoscono la regione che stanno cercando di rappresentare. Noi che ci abitiamo, però, soffriamo le conseguenze di questa rappresentazione superficiale e fuorviante del nostro Paese».

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Homeland è stato più volte criticato durante le sue cinque stagioni, in particolare sul proficuo rapporto che, secondo la serie, intercorrerebbe tra Al-Qaida e Hezbollah. Dopo la quarta stagione, in cui Islamabad è rappresentata come un vero e proprio “inferno”, la portavoce dell’ambasciata del Pakistan, Nadeem Hotian, disse che «calunniare un paese che è stato un partner stretto e alleato degli Stati Uniti è un disservizio, non solo per gli interessi di sicurezza degli Usa, ma anche per il popolo americano». Il creatore e produttore esecutivo della serie, Alex Gansa, ha reagito all’incidente in un’intervista con la rivista Deadline dicendo: «Avremmo voluto accorgerci di queste immagini prima che potessero essere viste in tutto il mondo. Tuttavia, Homeland si sforza sempre di essere sovversivo nel modo in cui tratta gli argomenti che affronta. Il gesto è quindi uno stimolo per la conversazione e il confronto, non possiamo fare a meno di ammirare questo atto di sabotaggio artistico».

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