Il Viminale presenta il Rapporto migranti e descrive dettagliatamente la situazione. Ma scorda due "piccoli" dettagli: gli interessi criminali e una mappa sui Centri straordinari

Il Viminale ha presentato l’ormai consueto “Rapporto sull’accoglienza di migranti e rifugiati in Italia”: meno sbarchi e più richieste di asilo, nuove rotte e geografia di partenza. Il ministro Alfano ha snocciolato ogni singolo dettaglio: chi sono, quanti anni hanno, da dove provengono, dove vanno e dove vorrebbero andare, quanto costa accoglierlo. Ma tralasciando un “piccolo” dettaglio: non vi è alcuna traccia delle attività criminali sulla pelle dei migranti. «È preoccupante il silenzio sugli affari che si nascondono dietro i migranti», hanno subito evidenziato LasciateCIEntrare, insieme a Cittadinanzattiva e Libera: «Evidenziamo il mancato e totale riferimento alle illegalità, alle opacità, ai grandi affari che mafie e corruzioni, come dimostrano le recenti inchieste, hanno operato sulla pelle dei migranti. Alla politica, alle Istituzioni chiediamo trasparenza sulla gestione del sistema di accoglienza per richiedenti asilo».
Intanto, nei centri di accoglienza per migranti continua a succedere di tutto. A Mineo si continuano a susseguire gli scandali. A Pozzallo oltre cento persone sono state espulse nelle ultime settimane: donne, anche incinte, minori e persone “vulnerabili”, lo ha denunciato Medici senza frontiere, dicendosi preoccupata «per questo improvviso cambiamento nelle procedure di identificazione” e si aspetta “un chiarimento da parte delle autorità competenti».

 

Migranti a bordo della nave P.03 "Denaro" della guardia di finanza dopo essere stati tratti in salvo al largo delle coste libiche, Mar Mediterraneo 22 aprile 2015..ANSA/ALESSANDRO DI MEO
Un migrante a bordo della nave P.03 “Denaro” della Guardia di finanza dopo essere stato tratto in salvo al largo delle coste libiche, Mar Mediterraneo

Chi sono i richiedenti?

Il Viminale, riepilogando sui dati del 2014, definisce la situazione «del tutto singolare a livello europeo», per la ridotta presenza di donne (7,6%) e minori (6,8%), (le medie Ue sono rispettivamente del 29,7% e 25,5%).
Provengono da Paesi africani (4 tra i primi 5 paesi d’origine); le prime tre nazionalità sono la Nigeria (10.138, +188% sul 2013), il Mali (9.771, +441%) e il Gambia (8.556; +386%). Infine, analizzando l’applicazione del regolamento di Dublino III, il Rapporto fa notare come “il numero dei trasferimenti effettivi sia molto esiguo rispetto alle richieste di competenza dei Paesi”. I dati italiani al primo semestre 2015 registrano 4.871 richieste di competenza dall’Italia ai Paesi membri Ue, a fronte di 14.019 richieste di competenza dai Paesi Ue all’Italia, mentre al 7 settembre sono rispettivamente 7.071 e 17.224. I principali stati membri richiedenti sono Germania (5.218), Svizzera (3.502), Svezia (1.318), Francia (986), Austria (838), Norvegia (562), Regno Unito (442), Danimarca (314), Paesi Bassi (269). Le principali nazionalità in relazione alle richieste di competenze sono Eritrea (2.898), Somalia (1.672), Siria (1.465), Nigeria (1.221), Gambia (857), Afghanistan (494)

Chi giudica le richieste d’asilo?

A “decidere” se un richiedente ha diritto a una qualche forma di protezione (status di rifugiato, protezione sussidiaria o protezione umanitaria), in Italia ci sono 40 Commissioni territoriali. L’aumento, anzi il raddoppio (da 20 a 40) di questi organi collegiali ha permesso che – oltre a registrare un aumento delle domande di asilo del 31% (dalle 47.130 giunte nei primi nove mesi del 2014 alle 61.545 del 2015) – anche il numero di richieste esaminate dalle Commissioni sia aumentato, del 70% (46.490 nel 2015, contro le 27.393 del 2014). Ma sono cresciute pure le domande rigettate, che quest’anno sono 23.905 contro le 9.564 dell’anno scorso, il passaggio successivo per chi può permetterselo è fare ricorso in tribunale, ricorso quasi sempre accolto. Il Viminale ha sottolineato l’aumento delle Commissioni territoriali, fatto sicuramente importante dal momento in cui l’Italia (con 64.625 domande) è il il terzo Paese Ue per numero di richiedenti asilo (dopo Germania e Svezia). Ed è apprezzabile pure che il Belpaese mantenga un organo collegiale nella funzione giudicante, mentre il resto d’Europa si orienta verso la figura del “commissario”, più veloce nell’assunzione di decisioni – certo – ma che garantisce assai meno chi sta dall’altra parte del tavolo e aspetta di essere “giudicato”.

Cara-Mineo
Il Cara di Mineo

Quanto costa l’accoglienza?

La spesa per l’accoglienza dei migranti in Italia nel 2015 ammonta a 1.162 milioni di euro. In particolare, stima il ministero dell’Interno: 918,5 milioni dovrebbero servire a coprire le uscite per le strutture governative (Cara, Cda, Cpsa) e temporanee e 242,5 milioni quelle per i centri Sprar. Questi costi, precisa il rapporto, «sono in gran parte riversati sul territorio sotto forma di stipendi a operatori, affitti e consumi».

InCAStrati

C’è un secondo – oltre agli interessi criminali – e grande assente nel rapporto del Viminale: i Cas, i Centri d’accoglienza straordinari, ovvero le strutture che (palestre, ex scuole o qualunque stabile buono nell’emergenza) ospitano alla meno peggio oltre 40.000 persone. Dei Cas non c’è una mappa pubblica, non si hanno informazioni sui soggetti gestori, né sulle convenzioni, sulla gestione economica e, soprattutto, rispetto agli standard di erogazione dei servizi previsti da convenzioni e capitolati d’appalto.

Ricordate la campagna LasciateCIEntrare? Fu il piede di porco che aprì le porte blindatissime dei Cie. Oggi, una nuova campagna si fa largo in Italia: InCAStrati – promossa da Cittadinanzattiva, LasciateCIEntrare e Libera – che nel mese di giugno ha rivolto al ministero dell’Interno e alle 105 prefetture italiane «un’istanza di accesso civico ai sensi della legge sulla trasparenza (D. Lgs 33/2013), chiedendo la pubblicazione dell’elenco dei Cas presenti sul territorio nazionale, degli enti gestori, di informazioni inerenti gare, convenzioni, rendicontazioni, esiti delle attività di monitoraggio sui servizi erogati». Il ministero e gran parte delle prefetture interpellate – denunciano le tre associazioni – salvo alcune eccezioni, hanno rigettato in buona sostanza le istanze, limitandosi a fornire alcuni dati generici sul numero complessivo degli ospiti delle strutture e sui bandi di gara relativi agli affidamenti, affermando laconicamente che le informazioni richieste non fossero soggette ad obbligo di pubblicazione. E per queste ragioni è stato depositato un riscorso al Tar del Lazio, predisposto dall’avvocato Maria Cento di Cittadinanzattiva-Giustizia per i diritti.

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