«Le preoccupazioni per il passaggio della legge di stabilità hanno creato un mostro: nessuno potrà presentare emendamenti se non concordati con il capogruppo Zanda. Ogni volta se ne inventano una per evitare che i senatori possano fare il loro lavoro e condurre le battaglie politiche che ritengono giuste».
Corradino Mineo lascia il Pd: «Da oggi lascio il gruppo», scrive su Facebook, «auguro buon lavoro ai senatori democratici e continuerò la mia battaglia in Senato, cominciando dalla legge di stabilità che, come dice Bersani, sta isolando il Pd».
 
Mineo, in realtà, lascia così non solo il gruppo in Senato ma tutto il partito democratico: «Non ero più iscritto al Pd dal 2014», dice a Left, «perché il Pd siciliano, che è dove sono stato eletto, era tale che proprio non potevo tesserarmi, no?». «Il gruppo», continua il senatore, ex direttore di Rainews24, «era l’ultimo legame che avevo con il Pd. Un legame che ho mantenuto, siccome non sono un salta fossi, finché è stato possibile mantenerlo. Ma ora non è proprio più possibile».
 
Lamenta, Mineo (che ha votato in dissenso dal gruppo su molti passaggi chiave, sulla scuola, sulla riforma costituzionale, sull’Italicum e il jobs act, oltre che sulla Rai) di esser stato «processato stalinianamente» da Luigi Zanda, il capogruppo, che «è spaventato dal passaggio della Stabilità e quindi ha inventato un meccanismo per cui nessuno può presentare emendamenti senza il parere del capogruppo e dai presidenti delle commissioni. Ogni volta se ne inventano una per evitare che i senatori possano fare il loro lavoro e condurre le battaglie politiche che ritengono giuste».
 
«Ieri», è la ricostruzione che Mineo mette nero su binaco in un post, «Luigi Zanda mi ha dedicato – senza avvertire né me né altri di quale fosse l’ordine del giorno – un’intera assemblea, cercando di ridurre le mie posizioni politiche a una semplice questione disciplinare, stilando la lista dei dissidenti “buoni”, Amati, Casson e Tocci e del “cattivo”, Mineo. Il Pd non espelle nessuno – ha detto Zanda – ma nelle conclusioni ha parlato di “incompatibilità” tra me e il lavoro del gruppo. Non espulsione, dunque, ma dimissioni fortemente raccomandate».
«Come deluderlo?», prosegue Mineo. Già. E, allora, adesso? Come succederà anche al deputato Alfredo D’Attorre, Mineo raggiungerà altri usciti dal Pd: «Qui al Senato per adesso vado al gruppo misto», dice a Left, «e continuerò con la battaglia politica che è utile se non è rituale ma sulle scelte». Sul processo costituente a sinistra, per ora Mineo si limita a una constatazione: «Ci sono delle persone fuori che stanno cercando di dare battaglia, e io sarò con loro. Ovunque vada in Italia mi dicono di tenere duro, ed è un consenso morale prima che politico. Lo spazio c’è ed è grande». Si tratta di capire come occuparlo.