Nel terzo confronto televisivo Donald Trump smette di fare il clown, mentre gli altri candidati si scambiano attacchi. Cruz (e poi tutti gli altri) contro i moderatori amici dei democratici

Niente guantoni, il terzo dibattito televisivo tra candidati repubblicani è stato quello delle mani nude: i candidati se le soo date di santa ragione tra di loro e, poi, hanno malmenato in gruppo i tre conduttori della Cnbc che moderavano la tenzone. Ci si aspettava che le scintille sarebbero arrivate dalla reazione di Donald Trump, che per la prima volta è secondo nei sondaggi dietro al chirurgo afroamericano Ben Carson. Non è andata così: i duri delle due ore sono stati (o hanno provato a essere) Bush, Rubio, il senatore texano Ted Cruz e l’ex governatore dell’Ohio, Kasich. A qualcuno è andata bene, a Bush è andata male. Vediamo perché premettendo una cosa: qui sotto non si parla di politiche e proposte, i dibattiti Tv interni a un partito servono a convincere la base di essere un buon candidato in sintonia con gli umori dell’elettorato, ad emergere, non a spiegare nel dettaglio cosa si farà se si diventa presidente. Nel complesso, quasi tutti appaiono molto di destra e molto poco specifici nel trovare risposte serie alle domande su come manterrano le loro promesse di tagliare tasse e deficit assieme.

 

Il duello per la Florida tra Bush e Rubio

I due sono tra quelli che vengono definiti candidati dell’establishement, ovvero non appartengono alle ali più destre o sui generis del partito e non sono nemmeno outsider puri (e in questo momento vincenti) come Carson e Trump. Siccome ci si aspetta che prima o poi le candidature di quelli della coppia che è avanti agli altri si sgonfi, molti osservatori ritengono che lo scontro vero sia tra quei candidati spendibili in elezioni generali che in questo momento inseguono. Tra questi Rubio è in ascesa e il suo ex mentore politico Bush in declino. Per questo Jeb ha provato ad attaccare più di una volta il senatore ispanico. Ad esempio sulle sue assenze in Senato per andare in giro a fare campagna: «Ti hanno eletto per essere in aula a votare, cos’è la tua settimana, una settimana francese di tre giorni (pregiudizi repubblicani sull’Europa, ndr)?». La risposta è stata: «Tu sei un ammiratore di McCain, che pure salta molte votazioni, ma non ti ho sentito parlarne così, mi attacchi solo perché insegui nei sondaggi». E poi: «Siamo qui non per farci la guerra tra noi ma per battere Hillary Clinton». Più conservatore di Bush, preparato e diligente, Rubio è anche capace di trovare la battuta giusta in fretta. Jeb, che aveva disperato bisogno di una performance convincente, invece, si trova per la terza volta a prendere “appena sufficiente” e dopo essersi visto prendere in contropiede due volte da Rubio, ha anche smesso di provare a incalzarlo (il manager della sua campagna ha anche protestato contro il produttore dello show televisivo, brutto segnale). Il primo è probabilmente il vincitore del dibattito, il secondo è nei guai.

 

Ted Cruz, il texano contro i moderatori di parte

Ai repubblicani non piacciono i media: in Tv guardano FoxNews e, soprattutto, ascoltano le talk radio, una specie di universo parallelo che li nutre di quello che si vogliono sentir dire (Beppe Grillo ha studiato molto da quel modello). E i tre moderatori del dibattito hanno fatto di tutto per rafforzare le convinzioni dell’elettorato di destra: le loro domande erano troppo spesso del tipo «Davvero lei ha detto questa frase controversa?» e molto poco spesso «cosa pensa del patto conl’Iran» o «che piano ha per le tasse». Il primo a notarlo è stato Ted Cruz (poi qualcosa di cattivo ai conduttori l’hanno detta tutti), che tra gli applausi del pubblico ha detto «Questa non è un incontro di pugliato in una gabbia, le vostre domande sono come se lo fosse. Al dibattito tra democratici, che era un dibattito tra bolscevichi e menscevichi, invece chiedevate “chi tra voi è più intelligente e bello». Il minuto che vedete qui sotto e una buona performance a destra degli altri rende Cruz il campione potenziale dell’ala conservatrice del partito. Ha raccolto molti fondi e deve aspettare, come tutti gli altri, che le candidature Carson e Trump si sgonfino. Se dovesse davvero succedere (ma va detto che i due sono molto più resistenti del previsto) Cruz potrebbe unire la destra del partito.

Carson e Trump, da outsider a figure sopra la mischia

In tre mesi di campagna Ben Carson è riuscito a scalare i sondaggi e collocarsi al primo posto. Parla piano, non attacca gli altri, esprime concetti facili e ultraconservatori. Spesso controversi. Ma col sorriso. nel dibattito non eccelle, ma gli basta così: è primo nei sondaggi grazie ai consensi tra quell’ala religiosa che contribuì ad eleggere Bush e che dal 2004 ha perso protagonismo all’interno del partito. Quanto a Trump, tutti si aspettavano di vederlo azzannare Carson e lui non lo ha fatto, dichiarandolo dall’inizio. Dopo mesi a fare il pagliaccio, ora prova a darsi un tono. Se farlo gli dovesse guadagnare delle simpatie senza fargli perdere i consensi dei tifosi a cui piace il miliardario spaccone, il suo sarà un calcolo azzeccato.

 

Kasich e Christie, i governatori che annaspano

La gente li percepisce come due politici schietti e capaci che hanno fatto bene il loro lavoro. C’è un elemento di verità. Ma il rispetto non basta e nei sondaggi i due sono indietro. Kasich ha provato a emergere giocando il ruolo dle candidato responsabile contro Trump: «Le vostre sono politiche di fantasia, dite quel che la gente vuole sentirsi dire, non quello che bisogna dire». «Mi attacchi solo perché sei indietro nei sondaggi» è la risposta di Trump. Hanno ragione entrambi. Christie è stato efficace quando ha interrotto una domanda a Bush sul FantaFootball (il fantacalcio): «Abbiamo l’Isis alle porte e un debito alle stelle e siamo qui a parlare di FantasyFootball?!». Le candidature di questi due non sono finite, ma certo serve qualcosa che gli dia una scossa. Quando e se il campo dei concorrenti sarà più piccolo, almeno uno dei due potrebbe salire nei sondaggi. Se ci sarà ancora

Il dibattito non è servito a Huckabee, Rand Paul e Carly Fiorina. Probabilmente costerà caro a Jeb Bush. Tra un paio di giorni avremo nuovi sondaggi e vedremo se Rubio, Cruz (e magari Christie) faranno passi in avanti. Per ora tutto appare aoncora in ballo. Con i bookmaker che cominciano ad alzare le quotazioni di Rubio e Carson e Trump che continuano a guardare tutti dall’alto. La nomination repubblicana è in alto mare e i grandi donatori e l’establishement del partito sono molto, molto preoccupati.

 

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