Ieri sera il direttore di Left è finalmente riuscita a vedere "Mustang" di Deniz Gamze Erguven. Persino nella sperduta Turchia, che oggi va al voto tra mille violenze, il mondo è cambiato.

Fuori c’è il sole e la tentazione di metterla persa di fronte all’ennesimo editoriale di Scalfari è forte. Meglio la bicicletta e qualche libreria. Però ieri sera finalmente sono riuscita a vedere Mustang di Deniz Gamze Erguven e ve lo voglio dire. Persino nella sperduta Turchia che oggi va al voto tra mille violenze il mondo è cambiato. Anche lì vale “Donna libera tutti”. Una donna piccola, Lale, quinta di 5 sorelle, 10-12 anni al massimo. Che si ribella e salva l’ultima delle sue sorelle. Dopo averne viste due date come pacchi in matrimonio e una terza suicidarsi per non affrontarlo. Tutto noto, tutto visto, la potenza di giovani donne che scatena l’odio delle anziane chiuse «in quei vestiti color cacca senza forma» come dice Lale. La violenza, la segregazione, la religione, le grate, i muri. Quello che c’è di potente nel film della giovane regista turca non è questo racconto, ma l’immagine di quelle cinque giovani donne, dai capelli lunghissimi e nerissimi, sensuali, libere, senza freni. Sì libere, come fossero nate così. Come fosse naturale essere così, persino nello sperduto villaggio della Turchia. Libere e uguali. Senza vestiti color cacca addosso. Solo Lale, occhi neri, che registra, guarda, intuisce, resiste e costruisce la fuga, vale mille pagine e mille numeri di Left. La resistenza, la vitalità, la capacità di reazione, la ribellione, il rifiuto che diventa rivoluzione e cambia tutto. Apre un’altra vita. Ci sono scene indimenticabili, la casa che diventa fortezza, i veli rossi dei matrimoni, Lale che impara a guidare, la fiducia, Istanbul. La musica. La libertà. La libertà di cui parla questo film è qualcosa che ha profondamente a che fare con l’identità delle donne di cui abbiamo provato a scrivere anche su questo numero di Left. Mi riprometto di cercare la regista e di farle centinaia di domande.

Ho un’unica certezza (disperante) che mi convince a uscire e a prendere la bicicletta invece di rispondere a Scalfari. Non ce l’avrebbe mai fatta Lale se solo avesse creduto a una sola delle cose che il “buon” Francesco spaccia per famiglia.


 

Storie di donne e del mondo che  cambia anche sul numero di Left in edicola dal 31 ottobre 

 

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