Coprifuoco a Silvan, scontri in varie zone del Kurdistan e decine di arresti tra gli affiliati di Fetullah Gulen, ex alleato di Erdogan oggi accusato di complottare per rovesciarlo. La missione Osce: «Gravi irregolarità del processo elettorale», specie nelle aree a maggioranza curda del Paese.

Coprifuoco, operazioni militari e un 22enne morto a Silvan, nel Kurdistan turco. La nuova maggioranza turca non perde tempo: dopo aver stretto l’area est del Paese in una morsa durante la campagna elettorale, la scelta è quella di continuare. Nella città assediata si combatte, si spara mentre proseguono i rastrellamenti anche altrove e le operazioni di guerra contro i campi del Pkk sulle montagne al confine con l’Iraq (due i morti nelle ultime ore). Il quadro è lo stesso dei giorni che hanno preceduto il voto e le notizie sono frammentate.

Qui sotto video e foto girati e postati su Twitter, tra gli altri da Ivan “Grozny” Compasso e da Silvana Battistini, che sono arrivati in città.


3 novembre 2015 | Silvan (Diyarbakir, Turchia)

3 novembre 2015 | Silvan (Diyarbakir, Turchia)

3 novembre 2015 | Silvan (Diyarbakir, Turchia)

3 novembre 2015 | Silvan (Diyarbakir, Turchia)

 

Il terrore scatenato da Ankara contro i curdi (molti osservatori mettono in guardia controil rischio di guerra civile) non è la sola stretta sulle libertà. Nel resto del Paese continua infatti la caccia agli affiliati di Fetullah Gulen, leader religioso ex alleato di Erdogan, a capo di una rete di media e organizzazioni che, da quando Gulen è fuggito negli Stati Uniti e ha smesso di essere un alleato del presidente e del suo Akp, è diventata una “rete terroristica”. Almeno 57 persone sono state arrestate, tra queste agenti di polizia e funzionari pubblici, durante una retata a sorpresa. Le accuse riguardano la presunta volontà di Gulen e dei suoi affiliati di rovesciare Erdogan con un colpo di Stato – accusa per la quale verrà processato in contumacia. La stessa rete di Gulen aveva contribuito – attraverso la sua presenza nell’apparato dello Stato – a condurre un’operazione contro quegli ufficiali kemalisti dell’esercito che in passato avevano tramato contro lo stesso Erdogan. E’ in questo contesto che arrivano i commenti dell’Organizzazione per la cooperazione e sicurezza in Europa (l’OSCE) sulle numerose irregolarità riscontrate durante le elezioni. In un comunicato l’OSCE afferma che l’aumento della violenza, in particolare nel sud-est, ha impedito lo svolgimento di una campagna elettorale regolare. L’OSCE critica anche la stretta sulla libertà dei media. Più duro il commento dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa che parla di un processo elettorale falsato. Ignacio Sanchez Amor, capo della missione degli osservatori inviati dall’OSCE, ha dichiarato: «Attacchi fisici a membri di partito, nonché i significativi problemi di sicurezza, in particolare nel sud-est» hanno inficiato la campagna elettorale. Persino a Washington si lanciano in critiche molto blande: rispondendo a una domanda sulla libertà di informazione, il portavoce della Casa Bianca John Earnest, ha detto che gli Stati Uniti avevano esortato la Turchia «a difendere i valori democratici universali». Che è un modo di dire che anche gli Usa sono preoccupati per la piega che le cose stanno prendendo.

[social_link type=”twitter” url=”https://twitter.com/LeftAvvenimenti” target=”on” ][/social_link] @LeftAvvenimenti