Baghdad avrebbe avvertito Parigi con un giorno di anticipo. Spiragli diplomatici nella crisi siriana, negoziati in corso al G20 di Antalya

A due giorni dagli attacchi che hanno fatto 130 morti e centinaia di feriti si comincia ad avere un’idea sulla rete che li ha organizzati e portati a termine. Come aveva detto il presidente francese Hollande in diretta Tv la sera di sabato, si tratta di un attacco pensato all’estero. O almeno organizzato in collegamento con la Siria.

Un funzionario francese ha reso noto che il 27enne belga Abdelhamid Abaaoud è sospettato di essere la mente della strage di Parigi. Abaaoud è sospettato di essere dietro anche il tentativo di attacco su un treno tra e dice che si ritiene legato ad attacchi sventati su un treno ad alta velocità verso Parigi (tentativo bloccato dai passeggeri) e di altri attacchi sventati. Abaouud era in contatto con alcuni degli attentatori morti e compare in alcuni video di ISIS.

 

Il funzionario, che ha conoscenza diretta delle indagini, non era autorizzato a essere pubblicamente identificato come parlare la sonda in corso.

Stamane il premier francese Valls ha detto che la Francia sapeva di attacchi in preparazione e che altri ne potrebbero arrivare nel Paese o in altri europei nei prossimi giorni o settimane. Chissà se è un modo per avere carta bianca. Il premier britannico Cameron ha annunciato che almeno sei attentati sono stati sventati in questi mesi dai servizi britannici.

Il ministro dell’Interno francese Bernard Cazeneuve ha spiegato che gli attacchi sono stati organizzati «da un gruppo di individui residenti in Belgio» con il sostegno di complici in Francia. Non lupi solitari e neppure solo combattenti stranieri ma un gruppo di europei di origine straniera radicalizzati e almeno un combattente straniero in Siria, Bilal Hadfi. Tre erano francesi residenti in Belgio.

E’ in corso una caccia all’uomo in cerca di Salah Abdeslam, nato a Bruxelles e  individuato come colui che ha affittato una Golf fermata per caso dalla polizia nel viaggio verso Parigi e poi lasciata ripartire. Un suo fratello è stato arrestato in Belgio, l’altro si è fatto esplodere nei pressi del Bataclan.

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Stamane e durante la scorsa notte le unità speciali della polizia francese hanno fatto irruzione in case a Tolosa, Grenoble, nel sobborgo parigino di Bobigny e a Jeumont vicino al confine belga. A Lione sono state fermate 5 persone ed è stato trovato un lanciarazzi.

Domenica è emerso anche – a dirlo funzionari francesi e americani – che gli attentatori hanno avuto certamente contatti telefonici con la Siria.

Un altro dei protagonisti della strage è Omar Ibrahim Mostefai, descritto (ancora una volta) che viveva a Chartres e il suo quartiere non era una banlieue di palazzoni e paraboliche di quelle che sentiamo nominare quando scoppiano rivolte o in casi come questi. Molte descrizioni relative alla sua vita parlano del giovane con scarpe da ginnastica e felpa e comportamenti tipici da membro delle gang giovanili francesi: corse in macchina, aiuto alla gente del quartiere e così via.

 

I raid francesi su Raqqa

Il ministero della Difesa francese ha annunciato una serie di raid aerei su Raqqa, roccaforte di Daesh in Siria, che avrebbero distrutto due siti jihadisti in Raqqa.

«Al raid congiunto con Emirati e Giordania hanno partecipato 10 aerei da combattimento, venti le bombe sono state sganciate…sono stati distrutti un centro di reclutamento e un deposito di armi e munizioni e un campo di addestramento». Amaaq, il braccio di comunicazione dell’ISIS sostiene che i due edifici erano già stati abbandonati.

Fonti interne alla città dicono che il campo quello della Divisione 17, una base militare a nord di Raqqa e che in città non ci dovrebbero essere state vittime civili, ma che le bombe hanno tagliato l’approvvigionamento di acqua ed elettricità .

Da Baghdad giunge la notizia che i servizi iracheni avevano avvisato Parigi dell’imminenza di un attacco, sul numero di attentatori e spalleggiatori e sull’organizzazione: una cellula dormiente e un gruppo di combattenti di ritorno dalla Siria. «Riceviamo segnalazioni così ogni giorno», rispondono i funzionari di intelligence francesi, ma nessun servizio occidentale ha confermato la notizia e i particolari dell’informativa irachena.

Il G20 di Antalya

I leader del G20 sono nella città costiera turca e l’agenda sarà dominata dall’antiterrorismo e dal tentativo di trovare un accordo sulla transizione in Siria. La foto qui sotto, di spalle Susan Rice, assistente di Obama per la sicurezza nazionale ed ex ambasciatore Usa all’Onu, mostra come i contatti si stiano moltiplicando e siano anche informali. Schermata 2015-11-16 a 9.12.00 AMIl premier britannico Cameron ha detto che ci sono segnali di tentativi di trovare un compromesso tra Francia, Usa e Russia (e Gran Bretagna) sul destino di Assad. L’inviato Onu De Mistura ha anche che c’è una base di lavoro. Nella conferenza stampa congiunta, il Segretario di Stato, Kerry, il ministro degli Esteri russo Lavrov e De Mistura stesso hanno detto che una serie di passi possono essere fatti e funzionare. L’intento è trovare un cessate-il-fuoco e un processo di transizione. Servono negoziati formali tra Damasco e l’opposizione non più tardi di gennaio. Sei mesi per costruire un governo condiviso e preparare le elezioni dopo la scrittura di una costituzione. Un processo molto ambizioso vista la situazione sul terreno. Il primo nodo, il più grande, oltre a convincere Assad è quello di definire chi si potrà sedere al tavolo e partecipare al processo politico. Molti gruppi armati anti-Assad, sono considerati terroristi da russi e occidentali – che sono però sono meno rigidi su una parte degli islamisti – decidere di farli partecipare o meno è molto scivoloso: non includendoli, l’eventuale governo rischia di trovarsi, oltre all’ISIS e ad al Nusra (al Qaeda in Siria), anche altre fazioni armate a combatterlo. Cruciale poi è il ruolo di Iran e di Assad: Teheran non vuole un ruolo per gli alawiti e per gli alleati interni, fattore chiave della presenza regionale iraniana. I Sauditi, che sostengono gruppi combattenti di religiosi sunniti non vogliono. Se però l’accordo Usa-Russia dovesse reggere e le diplomazie mettersi al lavoro, è probabile che almeno una parte del piano regga. Qui sotto la conferenza stampa a Vienna di Kerry, Lavrov e De Mistura.

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