Un documentario racconta le storie dei - tanti - italiani che hanno deciso di vivere a Lisbona, in Portogallo

«Qui è possibile essere italiano come negli anni Cinquanta… a Napoli». «Mi sento un po’ rifugiato… e questo è il rifugio più bello del mondo». Dicono due voci nei due minuti e mezzo di trailer di Lisbon Storie, primo documentario sugli italiani a Lisbona (il film è in crowdfunding su Produzionidalbasso).

Mentre il Portogallo vive una complicata vita istituzionale, dopo anni di politiche di austerità e dettami della Troika, la più vecchia democrazia europea sembra voler riconquistare oggi un posto al sole anche sotto i raggi della nuova Europa.
Raccontata in passato come la terra della Rivoluzione dei Garofani ma anche delle Rivoluzioni interiori – se non lo avete mai fatto, fatelo, vedete Lisbon story di Wim Wenders – questa volta la pellicola ci racconterà delle motivazioni degli italiani che hanno deciso di vivere a Lisbona, in Portogallo. Saranno loro a raccontare perché hanno scelto di vivere nella patria di Fernando Pessoa e Jose Saramago. Sono ricercatori, impiegati, attori e si mettono a nudo davanti alle telecamere di Massimiliano Rossi, traduttore freelance, Luca Onesti, videomaker e fotografo, e Daniele Coltrinari, giornalista freelance.

In questi anni sono stati tanti i portoghesi a emigrare dal loro paese in cerca di lavoro. Intanto, dalla metà degli anni 90 a oggi, tanti italiani hanno percorso il viaggio al contrario, verso Lisboa.

Sono le azulejos e l’incantevole voce di Amália Rodrigues, la regina del Fado, sullo sfondo, che – per chi abbia vissuto lì anche solo un pezzetto di vita – incarnano una vera e propria tentazione al ritorno. Quasi un invito a disertare l’Italia e prendere il primo volo per Lisboa.

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