Arresti e perquisizioni incontrollati e numerosi episodi di violazioni dei diritti sono già stati documentati. Nella Francia dove Marine Le Pen è al 30% sono precedenti gravi che alimenteranno la tensione con la comunità musulmana. Il Paese che si distinse per negare il suo appoggio a Bush, oggi ne ripercorre i passi sbagliati

Ci si ricorda del Patriot Act e di quanto ne discutemmo dopo l’11 settembre 2001? L’orribile amministrazione Bush, quella che poi scoprimmo aver autorizzato le torture, invaso l’Iraq con un pretesto e costruito un castello ideologico di cui l’America e il mondo ancora pagano le conseguenze, fece approvare delle riforme che ferivano, si disse allora, le fondamenta democratiche del Paese. Dopo l’Act, le guerre (e poi la scoperta della sorveglianza della NSA, autorizzata in quella legge), si è a lungo ragionato sui poteri speciali e le risposte emergenziali. Molto di più e più a lungo di quanto stia succedendo oggi in Francia e in Europa di fronte alla voglia del presidente francese Hollande di imitare Bush in tutto e per tutto.

Andiamo con ordine. Julien Dray, figura di spicco del partito socialista ha detto in un’intervista radio che occorrerebbe che le prediche degli imam nelle moschee venissero fatte in francese. «E’ in quelle che c’è il messaggio violento, che le preghiere siano in arabo è normale, ma il resto dovrebbe essere in francese». Non è un’idea nuova nota Le Monde: lo ha detto anche Marine Le Pen e lo avevano detto ministri dell’UMP di Sarkozy (oggi i Republicains): «Il francese dovrebbe essere la lingua delle moschee» aveva detto il ministro dei Trasporti Thierry Mariani. Qualcuno gli aveva spiegato che proibire a qualcuno di parlare nella lingua in cui vuole è incostituzionale.

 

Lo stato d’emergenza, in una Francia che vede Marine Le Pen viaggiare su percentuali intorno al 30% e sotto choc per gli attentati, non sembra preoccupare troppo i cittadini della Repubblica. Ma sta producendo numerosi episodi di maltrattamenti ed esagerazioni da parte della polizia francese, che vede in ogni persona con la barba, la pelle scura, un potenziale terrorista. Grazie allo stato d’emergenza si usando mezzi spicci per effettuare perquisizioni, fermare, arrestare. Mai usato dopo il 1955 e la guerra d’Algeria – ovvero in un periodo che evoca pessimi ricordi alla popolazione di ascendenza maghrebina e orribili violazioni dei diritti umani in risposta a una guerra anti-coloniale – lo stato d’emergenza consente perquisizioni senza mandato, arresti domiciliari o in carcere per chiunque sia sospettato di rappresentare una seria minaccia, di sciogliere assemblee e vietare riunioni considerate pericolose. Il dopo Charlie Hebdo aveva già aumentato i poteri di sorveglianza elettronica delle polizie e dei servizi segreti. Tutto senza intervento preventivo del potere giudiziario. In pochi giorni sono state condotte quasi 1100 perqusizioni, 139 fermi e comminati più di 200 arresti domiciliari. Human Rights Watch e Amnesty International hanno espresso forti preoccupazioni, dicendo che le misure rischiano di portare a discriminazioni nei confronti di alcuni gruppi e di incrinare lo stato di diritto.

Per farsi un quadro di cosa la reazione securitaria di Holland stia producendo nel Paese, ecco qualche episodio messo in fila:

Una bambina di sei anni è stata ferita al collo da schegge della porta di casa quando alle 4 e trenta del mattino le forze speciali hanno fatto irruzione nella sua casa a Nizza. Risultato della perquisizione? Nessuno: i poliziotti dovevano irrompere nella casa del vicino, non in quella della bambina, che nel frattempo ha assistito al placcaggio del padre.

Un anziano di 67 anni è stato gettato a terra dopo aver accompagnato sua figlia in prefettura per il rinnovo dei documenti. L’anziano ha passato la notte in cella e la sua casa è stata perquisita. Come mai? Al mattino aveva accompagnato la figlia in prefettura e un auto guidata da marocchini ferma davanti a un edificio pubblico è sospetta. In casa, naturalmente, non è stato trovato nulla. Destino simile è capitato a una ragazza di un paesino del Nord: irruzione a notte fonda, madre ammanettata e nessun riscontro alla fine della perquisizione.

Ibrahim Mallouf, il trombettista ritratto nel tweet qui sotto mentre si esibisce su Canal+ dopo gli attentati, è stato fatto scendere dal treno a Parigi e poi fermato di nuovo dalla polizia di frontiera. Così come un giovane, arrestato sul treno ad alta velocità mentre viaggiava e guardava un film. Aveva la barba.

Diverse moschee sono state perquisite in malo modo. A Lille è stata vietata una manifestazione pro-rifugiati e immigrati. Così come è stata cancellata la Marcia mondiale per il clima in occasione dell’inaugurazione del vertice mondiale nella capitale francese. E qui è la è stato imposto il coprifuoco. Chissà cosa succede nei quartieri dove la tensione tra giovani maghrebini e polizia è una costante.

Ciascuno di questi episodi sembra pensato per alimentare la tensione e far crescere nuovi terroristi. Che differenza c’è con quel Patriot Act che i francesi fieramente rigettavano come incivile in uno dei momenti storici in cui l’impopolarità reciproca dei due Paesi che per primi hanno fatto la rivoluzione democratica giunse alle vette massime? Poche e molte: il Patriot Act ha portato arresti basati sul colore scuro della pelle e maltrattamenti gratuiti anche verso non musulmani scambiati per tali. I poteri di sorveglianza elettronica, invece, sono probabilmente meno forti in Francia du quanto non venisse consentito alla NSA prima che il piano venisse rivelato da Edward Snowden. Ma in America l’adunata e il diritto di parola non sono mai stati messi in discussione. Negli Usa, se non si fanno discorsi apertamente razzisti si può dire tutto. Lo sappiamo e spesso rimaniamo sbigottiti da manifestazioni che da noi sarebbero vietate. E’ il primo emendamento, tutela le libertà e nessuno si azzarda a toccarlo.

Usa e Francia, insomma, hanno risposto in modo simile. Solo che negli Usa governava l’amministrazione più di destra che si ricordi dopo Nixon, mentre all’Eliseo siede un socialista. La scelta di Hollande segna un precedente pericoloso nel cuore dell’Europa, specie se si considera il pericolo che a succedergli sia Marine Le Pen. Il terrorismo è una pessima cosa, rispondere con leggi speciali che finiranno con il rendere infernale la vita ai giovani maghrebini e arabi di Francia – dove la polizia non è nota per i suoi guanti di velluto – è un errore. Sottolineare che questo tipo di cose, come le bombe sui civili in Siria alimentano la propaganda dei fanatici di al Baghdadi e di tutti gli altri è persino una banalità. Come lo è ricordare che se l’Europa può ancora avere l’orgoglio di dirsi diversa e migliore è perché qui, bene o male, ai diritti degli individui ci teniamo.

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