Portogallo, Italia, Grecia e Spagna sono i Paesi più diseguali dell'Ocse assieme agli Stati Uniti. E le diseguaglianze sono un freno alla crescita economica e alimentano spinte autoritarie. Lo dicono anche gli analisti delle banche di investimento

«Se la classe media delle generazioni uscite dal Dopoguerra poteva aspirare a migliorare il proprio tenore di vita, a una casa di dimensioni ragionevoli, a una buona istruzione per i figli e a pensioni affidabili, le aspirazioni della classe medi oggi si infrangono contro il muro della mancanza di lavoro e dell’insicurezza della pensione». Vi ci ritrovate? Peccato, perché non è il discorso di un leader della sinistra che promette di cambiare le cose ma un preoccupato rapporto della banca di investimenti Morgan Stanley.

Le 77 pagine piene di numeri e frutto di un lavoro di molti analisti ed economisti ci dicono almeno due cose: nell’Ocse, i Paesi del Sud Europa sono i più diseguali di tutti, con Portogallo in testa seguito da Italia, Grecia e Spagna e quella negli Stati Uniti tocca livelli molto simili; gli investitori – che sono quelli a cui il rapporto è rivolto – dovrebbero preoccuparsi di tali diseguaglianze perché minano la crescita e rendono i mercati e le economie più insicure. E minano la democrazia, con tutte le conseguenze economiche del caso.

La tabella qui sotto raccoglie tutti gli indicatori presi in considerazione e non è un bel vedere. Tra distribuzione del reddito calcolata con il coefficiente Gini – la più diseguale è negli Usa, dove con la crisi è aumentata, come pure in Italia – diseguaglianze di reddito basate sul enere, giovani che non lavorano e non studiano, part time involontario, accesso a internet l’Italia è messa male.Schermata 2015-11-25 a 11.25.48 PM(Morgan Stanley)

Un’altra notizia non positiva riguarda la florida ed equa Scandinavia: il Paese dove le diseguaglianze sono cresciute di più, sebbene rimangano minime rispetto agli altri Paesi Ocse è la Svezia. Segno che qui come altrove la crisi e le politiche di rigore hanno pesato.

Del resto, in Svezia come altrove sono cresciute forze politiche di destra e tra le prime preoccupazioni della popolazione c’è il controllo delle migrazioni. Se poi questa preoccupazione sia razionale o meno dal punto di vista economico è un altro paio di maniche: demografi, statistici ed economisti ci ripetono in maniera ossessiva che senza immigrazione entro pochi anni in molti Paesi sviluppati mancherà la manodopera. Quando la cancelliera tedesca Merkel  ha deciso di accogliere un numero imponente di profughi siriani è stata criticata: non è bontà è calcolo economico. Può darsi, ma meglio quello, razionale, che non le grida di chi dice “fuori tutti, dagli al terrorista” che sentiamo altrove.

Eppure spiegano gli analisti di Morgan Stanley (preoccupati) i partiti di destra anti-sistema crescono dove l’immigrazione è più alta e meno integrata.

Altra cosa da notare è come la Germania sia molto meno equa della Francia.

Cosa aggiungono gli analisti della banca di investimenti? Le diseguaglianze sono un limite alle opportunità e riducono quindi la spinta a lavorare sodo, studiare, migliorarsi: se non ce la posso fare, perché sgobbare? Inoltre, in una società diseguale il rischio è che cresca la sfiducia nei confronti delle istituzioni, alimentando la voglia di regimi e spinte anti immigrati.

Non servivano gli analisti della banca per scoprirlo, la certo, se anche le banche si preoccupano per lo stato della società, sarebbe ora cominciasse a farlo anche la politica.

[social_link type=”twitter” url=”https://twitter.com/minomazz” target=”on” ][/social_link] @minomazz