Una vittoria per l'Europa e forse per i più piccoli. Ma anche per alcuni settori industriali che hanno evitato regole più stringenti. L'accordo sul riscaldamento globale è peggio di come dovrebbe essere. Ma è un punto di partenza

La conferenza di Parigi ha raggiunto un accordo sul clima. A dispetto della grancassa che sentiremo nelel prossime ore, è un accordo medio, che non contiene alcune cose fondamentali.  Ma è un passo in avanti e non un passo indietro. Ed è la sanzione planetaria che i governi devono lavorare e preoccuparsi per il cambiamento climatico. E farlo in fretta.

I punti salienti dell’accordo, riassunti nell’infografica di France Press qui sotto sono:

  • Mantenere il riscaldamento del pianeta sotto i 2 gradi centigradi e puntare all’1,5 prima del 2100
  • Finanziare la lotta al riscaldamento con 100 miliardi resi interamente disponibili da parte dei paesi ricchi entro il 2025. I Paesi sviluppati devono fornire i mezzi, gli altri sono invitati a farlo.
  • Impegno dei paesi ricchi a continuare a ridurre le loro emissioni e impegno dei meno sviluppati ad avere quello come obbiettivo (una vittoria dei più poveri). Riconoscimento dei pericoli e dei rischi per alcuni Paesi in aree particolarmente fragili del pianeta.

Raggiungimento del picco di emissioni planetario entro il 2050, poi riduzione.

Key points of the Paris #COP21 climate agreement https://t.co/zipRnQkvwLpic.twitter.com/6UnGabbwhM

— Agence France-Presse (@AFP) 12 Dicembre 2015

Il risultato è una mezza vittoria dell’Europa e di alcuni Paesi più ricchi e una mezza sconfitta per i Paesi emergenti o petroliferi come Arabia Saudita, Cina, India. Questi volevano obbiettivi meno drastici e in passato erano stati alleati con i Paesi del Sud del mondo più poveri (il G77). Stavolta i più poveri e messi a rischio dal cambiamento climatico hanno preferito (e imposto) ai ricchi come Europa e Canada di mettere più soldi sul tavolo in cambio dell’accettazione di obbiettivi più ambiziosi. Questa alleanza è quella che ha prodotto l’accordo – poi se India e Cina ci stanno vuol dire che il testo è atento ai loro bisogni e che anche quei governi sono preoccupati. Poi c’è la vittoria politica di Hollande e Fabius, ma questa è politica interna francese e non è detto che conti. Anche gli Usa vincono: volevano un accordo chiaro, ma non lo volevano vincolante.

L’accordo di Parigi non ha obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni giuridicamente vincolanti – cosa che gli europei chiedevano e gli Usa no, perché Obama sa che un accordo vincolate non sarà ratificato dal Congresso. Il suo successo nel raggiungere gli obbiettivi dipenderà in larga misura dall’efficacia di un nuovo sistema per controllarei progressi di ciascun paese ed aumentare gli obiettivi ogni cinque anni. Il fatto che l’impegno sia stato preso da quasi tutte le delegazioni presenti è comunque un buon risultato, segno che la pressione della società civile (e della realtà che bussa alla porta dei governi) qualche effetto lo ha avuto.

L’obiettivo di limitare il riscaldamento globale “ben al di sotto” di 2 gradi Celsius, e quello cercato di non superare gli 1,5 gradi, potrebbe essere uno sprone e un’indicazione che la strada da seguire è quella anche per le grandi imprese. Un limite grave è che l’accordo entra in vigore nel 2020, anche se si invitano tutti a iniziare prima. L’accordo raggiunto ad oggi – poi c’è la promessa di rivedere e migliorare ogni cinque anni- non limita il riscaldamento a 2 gradi ma a 3. E, come si sapeva da giorni (lo aveva scritto Raffaele Lupoli qui qualche giorno fa), fuori da ogni impegno preso restano traffico marittimo e aereo. Un pessimo affare e un compito per la società civile planetaria: fare enormi pressioni sull’industria aerea. I paesi si devono comunque sbrigare ad agire, spendere e rendere disponibile le risorse promesse ai più poveri. Senza questo e grandi investimenti in tecnologie che consentano il risparmio energetico, restiamo nei guai. Parigi è un mezzo passo in avanti, probabilmente ne serviranno altri. Un fallimento sarebbe stata una catastrofe.

 

Qui sotto alcuni tweet di figure importanti del movimento ambientalista mondiale o di organizzazioni ambientaliste. Bicchiere mezzo e mezzo. E una chiamata alle pacifiche armi della pressione su tutti i governi della Terra.

 

Bill McKibben, 350.org: «L’accordo non salva il pianeta, ma salva la possibilità di salvarlo. Lotteremo fino all’ultimo respiro».

Greenpeace: Parigi mette i combustibili fossili dalla parte sbagliata della storia. Ora lotteremo in milioni per metterli fuori mercato.

Tanseem Essop, della delegazione Wwf a Parigi: Anni di duro lavoro alle spalle e anni duri a venire. Un movimento forte, unito e globale porterà il cambiamento».