Il quadretto famigliare di un Paese dove la politica è spirito di servizio invertito: la politica al servizio dei politici.

È spassoso scoprire come ci si difende da figli di un ex segretario di partito come Umberto Bossi: Riccardo Bossi, passione sfrenata per i rally e un tiepido interesse per le vicende di partito, ha dichiarato di avere ricevuto soldi pensando “che fossero di papà”. E non li ha chiesti a papà perché “aveva con lui un rapporto difficile e il papà era spesso impegnato” e quindi, come succede ai figli di segretari di partito, ha pensato bene di chiederli alla sua segretaria. Ma non quelli della Lega, quelli di papà.

Ci fosse un romanziere alla Conan Doyle avrebbe scritto un bel giallo deduttivo in cui Sherlock Holmes avrebbe dovuto frugare nella strana vita famigliare di casa Bossi, tra il rampollo Renzo che si dedicava al conseguimento di strane lauree in Albania e proprio Riccardo che, intanto, prendeva soldi (in contanti, ovviamente) per le piccole spese quotidiane dal mantenimento alla ex moglie fino all’abbonamento alla pay tv e anche il veterinario per il suo povero cane. Il quadretto famigliare di un Paese dove la politica è spirito di servizio invertito: la politica al servizio dei politici. Come gli hobby da coltivare nel sottoscala ricavato in un angolo di fortuna solo che, in questo caso, la stanza degli hobby è un capitolo di spesa del finanziamento pubblico. Alla faccia del merito, dell’antipolitica, della trasparenza e di tutti gli slogan che ci sputano addosso.

E in fondo non è colpa di Riccardo se dalle nostre parti il partito spesso sia semplicemente un’appendice famiglia, come se l’intuizione giusta valga da sola un vitalizio per sé, per i figli e per i figli dei propri figli e la trasparenza di bilanci e meccanismi sia semplicemente un “omaggio” agli iscritti giusto quanto basta per continuare ad essere credibili.

Ma questo processo che potrebbe essere il paradigma di una generazione che ha falcidiato le ambizioni di quelle successive rimane solo un piccolo box di cronaca giudiziaria relegata nel “costume e società” di quel cognome che fu famoso. Perché se dovessimo specchiarci tutti, dentro la dinamica di questo processo, uscirebbe tanto di questo Paese. Troppo.