Era il 17 Dicembre 2010 quando Mohamed Bouazizi, 26 anni, decide di cospargersi di gasolio e darsi fuoco di fronte alla sede del governo della cittadina di Sidi Bouzid. A scatenare il gesto radicale di protesta l’ennesimo sopruso subito, questa volta da una vigilessa che gli ha sequestrato le poche verdure che sta tentando di vendere abusivamente nella speranza di racimolare qualche soldo. Il gesto estremo di Mohamed arriva velocemente da un lato all’altro della Tunisia grazie soprattutto a facebook, twitter, ai blog e siti web. Mentre Mohamed è ricoverato al centro grandi ustionati di Ben Arous, la sua storia spinge migliaia di giovani tunisini a scendere in strada e raggiungere la piazza dove si è dato fuoco per potrestare contro la povertà, la disoccupazione, la mancanza di libertà di espressione. È l’inizio della primavera araba, un tam tam che attraverso i social dilaga in tutto il Maghreb. mohamed bouazizi mains Dopo Mohamed al grido di «no alla miseria, no alla disoccupazione» scelgono lo stesso destino anche Houcine Neji, a soli 24 anni e Lotsi Guadri. Altri tre ci provano in Marocco, ma vengono fermati in tempo. Nel frattempo le condizioni di Mohamed si aggravano e il giovane muore. Ai suoi funerali partecipano 5000 ragazzi, sfidando le forze dell'ordine schierate e il forte clima di tensione in cui si trova il Paese a causa di un dissenso che il governo sembra non riuscire più a tenere a freno. A un cronista di Maghrebia news, portale d’informazione dei paesi del Maghreb, un diciannovenne racconta: «Sono nato in una baraccopoli. Sono cresciuto con la promessa di essere trasferito in una casa decente. Ma niente. Niente. Niente lavoro, niente formazione. Solo ogni tanto qualche piccolo lavoro senza tutele e a nero. Lo Stato non ha fatto niente per me e questo è il mio modo di vendicarmi per essere stato ignorato». In Tunisia cade il governo di Ben Ali. Tunisian-protesters-chant-007 Il giornalista Fahmy Howeidi commenta così: «La rivoluzione degli affamati e dei reietti non può essere ignorata ulteriormente. Il messaggio che arriva dalla Tunisia è che la tirannia può estendere la vita di un governo ma non può tenerlo in vita per sempre. Tutti i paesi arabi soffrono di condizioni simili a quelle che hanno dato il via alle proteste tunisine». E infatti ben presto la rabbia per l'ingiustizia scatenata nei giovani arabi dal gesto di Mohamed Bouazizi in Tunisia contagia il Marocco, l’Egitto, lo Yemen. La protesta si trasforma in un vento che soffia su gran parte del mondo arabo per portare al potere dei governi democratici. Nel 2011 il dimostrante per Time è la persona dell'anno.       image

Era il 17 Dicembre 2010 quando Mohamed Bouazizi, 26 anni, decide di cospargersi di gasolio e darsi fuoco di fronte alla sede del governo della cittadina di Sidi Bouzid. A scatenare il gesto radicale di protesta l’ennesimo sopruso subito, questa volta da una vigilessa che gli ha sequestrato le poche verdure che sta tentando di vendere abusivamente nella speranza di racimolare qualche soldo. Il gesto estremo di Mohamed arriva velocemente da un lato all’altro della Tunisia grazie soprattutto a facebook, twitter, ai blog e siti web. Mentre Mohamed è ricoverato al centro grandi ustionati di Ben Arous, la sua storia spinge migliaia di giovani tunisini a scendere in strada e raggiungere la piazza dove si è dato fuoco per potrestare contro la povertà, la disoccupazione, la mancanza di libertà di espressione. È l’inizio della primavera araba, un tam tam che attraverso i social dilaga in tutto il Maghreb.

mohamed bouazizi mains

Dopo Mohamed al grido di «no alla miseria, no alla disoccupazione» scelgono lo stesso destino anche Houcine Neji, a soli 24 anni e Lotsi Guadri. Altri tre ci provano in Marocco, ma vengono fermati in tempo. Nel frattempo le condizioni di Mohamed si aggravano e il giovane muore. Ai suoi funerali partecipano 5000 ragazzi, sfidando le forze dell’ordine schierate e il forte clima di tensione in cui si trova il Paese a causa di un dissenso che il governo sembra non riuscire più a tenere a freno.
A un cronista di Maghrebia news, portale d’informazione dei paesi del Maghreb, un diciannovenne racconta: «Sono nato in una baraccopoli. Sono cresciuto con la promessa di essere trasferito in una casa decente. Ma niente. Niente. Niente lavoro, niente formazione. Solo ogni tanto qualche piccolo lavoro senza tutele e a nero. Lo Stato non ha fatto niente per me e questo è il mio modo di vendicarmi per essere stato ignorato». In Tunisia cade il governo di Ben Ali.

Tunisian-protesters-chant-007
Il giornalista Fahmy Howeidi commenta così: «La rivoluzione degli affamati e dei reietti non può essere ignorata ulteriormente. Il messaggio che arriva dalla Tunisia è che la tirannia può estendere la vita di un governo ma non può tenerlo in vita per sempre. Tutti i paesi arabi soffrono di condizioni simili a quelle che hanno dato il via alle proteste tunisine». E infatti ben presto la rabbia per l’ingiustizia scatenata nei giovani arabi dal gesto di Mohamed Bouazizi in Tunisia contagia il Marocco, l’Egitto, lo Yemen. La protesta si trasforma in un vento che soffia su gran parte del mondo arabo per portare al potere dei governi democratici. Nel 2011 il dimostrante per Time è la persona dell’anno.

 

 

 

image