Guardate in giro: a Milano, Napoli e altre città che si preparano alle amministrative ancora non si è capito che idea abbiano alcuni candidati rispetto agli altri. Per Palazzo Marino, ad esempio, si sa di Sala come ha gestito Expo (anche se continuano a mancare chiari i numeri ufficiali) e si sa, da sue interviste, quanto ogni mattina si svegli sentendosi di sinistra: la Milano che ha in mente è un passaggio solo secondario alla comunicazione del suo passato prossimo. Ci sono nomi che dovrebbero rappresentare una garanzia, sventolati come bandiera di un'idea ma scordandosi spesso magari di illustrarcela, l'idea, almeno un paio di sfida o di una decina di tweet. Vi ricordate Bertolaso? Era l'uomo giusto per risolvere qualsiasi conflitto politico sulla gestione delle emergenze: Bertoldo, ormai, era diventato la citrosodina che fa sempre bene prendere prima di andare a dormire, sia dopo una cena pesante, sia dopo un po' di freddo o semplicemente per prevenire i mali che potrebbero arrivare alla mattina dopo. Mal di pancia? Bertolaso. Giramenti di testa? Bertolaso. Un G8 Bertolaso? Terremoto? Bertolaso. Avevamo pensato (e scritto in molti) che ancora una volta la politica si fosse appiattita sull'immagine dell'uomo solo al comando. Dicevano che fosse la berlusconite, in fondo, ad avere infettato i gangli del potere. E ci ha fatto comodo credere e sperare che fosse un male solo passeggero. Il nuovo Bertolaso, oggi, fine 2015, si chiama Raffaele Cantone e dovrebbe bastare, secondo Renzi e i suoi, sentirne pronunciato il nome per dissipare qualsiasi dubbio. Così mentre il Governo annuncia baldanzoso l'intenzione di lasciare gestire gli arbitrati per la spinosa questione dei cittadini truffati dalle banche, si demolisce in un colpo solo tutto l'apparato di controllo che dovrebbe prevenire e tutelare il Paese da eventi simili. E fa specie che Cantone, uomo delle istituzioni, debba finire per mangiarsi le istituzioni stesse in nome di una granitica etica personale. Non è un gesto politico quello di nominare una guida senza avere prima illustrato la strategia. Non si può pensare che al Paese basti sapere di avere un esercito forte se non si conoscono le regole d'ingaggio. E per questo è necessario pretendere, da Reni e i suoi, chiarezza sulle modalità piuttosto che sulle facce. Questa è amministrazione e politica die conflitti: non è un reality show.

Guardate in giro: a Milano, Napoli e altre città che si preparano alle amministrative ancora non si è capito che idea abbiano alcuni candidati rispetto agli altri. Per Palazzo Marino, ad esempio, si sa di Sala come ha gestito Expo (anche se continuano a mancare chiari i numeri ufficiali) e si sa, da sue interviste, quanto ogni mattina si svegli sentendosi di sinistra: la Milano che ha in mente è un passaggio solo secondario alla comunicazione del suo passato prossimo.

Ci sono nomi che dovrebbero rappresentare una garanzia, sventolati come bandiera di un’idea ma scordandosi spesso magari di illustrarcela, l’idea, almeno un paio di sfida o di una decina di tweet. Vi ricordate Bertolaso? Era l’uomo giusto per risolvere qualsiasi conflitto politico sulla gestione delle emergenze: Bertoldo, ormai, era diventato la citrosodina che fa sempre bene prendere prima di andare a dormire, sia dopo una cena pesante, sia dopo un po’ di freddo o semplicemente per prevenire i mali che potrebbero arrivare alla mattina dopo. Mal di pancia? Bertolaso. Giramenti di testa? Bertolaso. Un G8 Bertolaso? Terremoto? Bertolaso.

Avevamo pensato (e scritto in molti) che ancora una volta la politica si fosse appiattita sull’immagine dell’uomo solo al comando. Dicevano che fosse la berlusconite, in fondo, ad avere infettato i gangli del potere. E ci ha fatto comodo credere e sperare che fosse un male solo passeggero.

Il nuovo Bertolaso, oggi, fine 2015, si chiama Raffaele Cantone e dovrebbe bastare, secondo Renzi e i suoi, sentirne pronunciato il nome per dissipare qualsiasi dubbio. Così mentre il Governo annuncia baldanzoso l’intenzione di lasciare gestire gli arbitrati per la spinosa questione dei cittadini truffati dalle banche, si demolisce in un colpo solo tutto l’apparato di controllo che dovrebbe prevenire e tutelare il Paese da eventi simili. E fa specie che Cantone, uomo delle istituzioni, debba finire per mangiarsi le istituzioni stesse in nome di una granitica etica personale.

Non è un gesto politico quello di nominare una guida senza avere prima illustrato la strategia. Non si può pensare che al Paese basti sapere di avere un esercito forte se non si conoscono le regole d’ingaggio. E per questo è necessario pretendere, da Reni e i suoi, chiarezza sulle modalità piuttosto che sulle facce. Questa è amministrazione e politica die conflitti: non è un reality show.