Come funziona il gruppo Mauri Spagnol, che riunisce marchi come Guanda, Longanesi, Chiarelettere e Garzanti in un panorama editoriale dominato dall'oligopolista Mondazzoli? Lo abbiamo chiesto a Stefano Mauri, presidente del gruppo

L’acquisizione di Rizzoli da parte di Mondadori ha determinato la nascita di un colosso editoriale che non ha pari in Europa. In Gran Bretagna Penguin più Random House controllano il 25 per cento del mercato. Mondazzoli arriva a toccare quote che si avvicinano pericolosamente al 50 per cento in alcuni importanti segmenti. Il marchio, in un settore strategico per il Paese come l’editoria scolastica, andrebbe a coprire il 25 per cento, tanto per fare un esempio. Com’è noto, la nascita di questo colosso, su cui si dovrà a breve pronunciare l’Antitrust, nel frattempo ha già determinato alcuni importanti cambiamenti. Massimo Vita Zelman ha ricomprato le sue quote in Skira e Roberto Calasso quelle di Adelphi, tornata così a essere indipendente. Mentre una parte consistente degli autori Bompiani ha scelto di seguire Elisabetta Sgarbi che si è dimessa da direttore editoriale per fondare insieme a Eco, Nesi ed altri la nuova casa editrice La Nave di Teseo, che pubblicherà, per esempio, un autore importante del catalogo Bompiani come Hanif Kureishi, l’autore di Intimacy e de Il budda delle periferie.
E se – come abbiamo raccontato nei mesi scorsi – il mondo della piccola e media editoria denuncia un possibile abuso di posizione dominante, come vive questa novità il gruppo Mauri Spagnol (Gems) che riunisce in confederazione una dozzina di marchi, fra i quali Guanda, Longanesi, Chiarelettere, Garzanti? Lo abbiamo chiesto a Stefano Mauri, presidente del gruppo Gems che, ad oggi, copre il 10,2 per cento del mercato. «Io penso che l’Antitrust dovrebbe aprire l’istruttoria. Perché non ci sono in Europa situazioni confrontabili con questa. E non ci sono, non perché nessun gruppo ci abbia provato, ma perché quando ci hanno provato l’Antitrust lo ha impedito».
Gems è il primo gruppo editoriale indipendente in Italia, che significa per lei questa parola?
Come tanti altri gruppi internazionali, oltre all’attività editoriale, il nostro ha una propria distribuzione, che offre anche a editori terzi. Ma è un gruppo indipendente perché l’azionariato è impegnato nell’editoria e i suoi interessi coincidono solo con interessi editoriali. Non facciamo automobili, non abbiamo un ruolo nella politica, non abbiamo una tv, non facciamo scarpe. Questa è una attitudine molto importante. Significa che i nostri autori sono liberi di esercitare il diritto di critica su tutto ciò che vogliono.
Ogni marchio fa le proprie scelte?
Sì assolutamente. Io sono responsabile del gruppo editoriale Mauri Spagnol, che al suo interno ha numerosi editori, che oltre a svolgere il loro lavoro sono dentro la proprietà. Ogni marchio ha il suo direttore editoriale ed editore. Mai e poi mai io ho detto a Luigi Brioschi di Guanda a Lorenzo Fazio di Chiarelettere o a Luigi Spagnol per Salani e Vallardi cosa pubblicare o meno. E questo proprio perché siamo indipendenti e non abbiamo altri interessi da tutelare. Non c’è una linea unica, ma ci sono tante linee quanti sono i direttori editoriali e gli editori.
In un pamphlet edito da Guanda, Alessandro Banda dice che la letteratura in Italia è diventata un lusso e che non riesce a entrare neanche più nelle scuole: «Siamo dei carbonari della letteratura anche in quanto insegnanti». Cosa ne pensa?
Pubblichiamo molti titoli letterari, a differenza di quello che si dice. Non dobbiamo confondere la domanda con l’offerta. Tutti gli editori che conosco vogliono trovare sia il libro che venderà tanto sia il libro di cui essere orgogliosi, che possa dare un contributo all’avanzamento nella divulgazione scientifica, nella letteratura o in altri ambiti. Se in classifica vanno certi titoli non è certo colpa degli editori ma dei lettori che li scelgono. In realtà, i libri colti, anche in perdita, li pubblicano quasi tutti gli editori perché sanno che quell’autore che magari non riceve grande attenzione oggi, domani potrebbe passare alla storia. L’editoria è così.
Tenere vivo il catalogo è importante?
Prima che i libri abbiano successo può capitare di dover aspettare dieci anni. Gli editori veri pazientano anni e anni per un libro importante. Il lavoro dell’editore è su un registro di lungo periodo e credo che mosse isteriche dovute alla crisi, cambi repentini anche nel management, abbiano fatto solo danni.
Quanto conta la collaborazione fra marchi strutturati come confederazione?
Quando, negli anni Ottanta, io e Luigi Spagnol siamo entrati in Longanesi, erano stati appena acquistati i marchi Salani e Guanda. Quindi Longanesi era una casa editrice media che fatturava meno di quello che fattura oggi Sellerio o Il Castoro. Noi abbiamo avuto il privilegio di crescere con la nostra casa editrice, abbiamo cercato nel tempo di cogliere i vantaggi delle maggiori dimensioni, ma lasciando l’attività editoriale con differenti direzioni, con unità creative non troppo numerose, analoghe a quelle dei piccoli editori. Abbiamo cercato di cogliere il meglio delle varie realtà. Abbiamo mantenuto una cura artigianale nel fare libri. Avendo però vantaggi dal punto di vista dello scouting internazionale, sul lato commerciale e sui costi industriali per via delle dimensioni date dalla somma di tutte queste case editrici. Così usciamo da questi quattro anni di crisi con un bilancio in perfetto equilibrio finanziario, avendo anche guadagnato in termini di quota di mercato.
E ora, progetti futuri?
Vediamo come cambia il paesaggio con questa concentrazione, e se l’Antitrust la concede e con quali vincoli. I nostri progetti alla fine sono quelli dei nostri autori. E se poi si presenta una buona possibilità di acquistare una casa editrice o un buon catalogo noi non ci tiriamo mai indietro. I contabili sono fissati sulla programmazione, per alimentare improbabili piani triennali. Io penso che dobbiamo soprattutto farci trovare pronti.

Left_50_coverQuesta intervista compare sul numero 50 di Left, in edicola fino al 31 dicembre 2015

CHI E’ Stefano Mauri è presidente del gruppo Gems e vicepresidente di Messaggerie italiane.  Ha ideato e fortemente voluto il festival Bookcity.  Suo padre, Luciano Mauri, nel 1983 ha fondato la Scuola per librai Umberto e Elisabetta Mauri. Il seminario 2016 si terrà dal 26 al 29 gennaio a Venezia, presso la Fondazione Giorgio Cini nell’Isola di San Giorgio Maggiore. La giornata del 29 gennaio, in particolare, sarà dedicata al tema “La civiltà del libro”, con interventi, fra gli altri di Giovanni Peresson (Aie),  diAntonio Prudenzano (Il Libraio), della scrittrice ed editrice Nottetempo Ginevra Bompiani. A seguire la tavola rotonda “Librai straordinari” moderata da Stefano Mauri e Giovanna Zucconi. E molto altro. (Qui il programma completo:www.scuolalibraiuem.it).

 

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