Una nuova edizione del family day con l'obiettivo di sempre: non riconoscere le famiglie omosessuali. Coppie sì, famiglie no. Ed ecco perché i cattolici del Pd si oppongono alle adozioni gay e propongono l'affido

Sì, è vero, potremo rifare per l’ennesima volta articoli e battute sull’incoerenza dei più ferventi politici cattolici. Dà sempre una certa soddisfazione scrivere di doppie famiglie, di doppie morali, specie ora che i teocon, sostenuti dai vescovi, si apprestano a sfilare – a fine gennaio? – per Roma in difesa della famiglia.

Ma è in realtà un po’ banale l’esercizio, e forse scorretto, perché nessuno di loro – né Adinolfi, né Casini, per intenderci, né Formigoni – sta chiedendo di abolire il divorzio. Il punto, dal 2007 ad oggi, è sempre e solo la famiglia omosessuale.

E se pure abbiamo fatto dei passi in avanti (ne ha fatti Matteo Renzi, nello specifico, che – ricordarlo non guasta – nel 2007 partecipò alla manifestazione convocata contro le unioni gay di allora, i Dico), scava scava ha ragione chi – anche nel Pd – dice che l’obiettivo del fronte che chiede la modifica della legge Cirinnà sul punto delle adozioni, è allontanare quanto più possibile il riconoscimento anche vago delle famiglie omosessuali. Le coppie vanno bene – ed è per questo che nel Pd non trovi più nessuno contrario alla semplice legge sulle unioni. Ma un bambino, quello fa subito famiglia – omogenitoriale – e quindi non va bene.

Qual è la novità però rispetto ai precedenti Family Day? È che, se pure certo non le ritroveremo in piazza con Adinolfi (vero???), sulla leva usata in questa fase della discussione parlamentare (di cui vi diamo conto nel numero di Left in edicola sabato 9) per sostenere l’opportunità di una modifica della stepchild adoption, trasformando l’adozione del figlio del partner in un affido, si ritrovano non solo i cattolici più conservatori ma anche alcune femministe. Ricordate l’appello di uno dei due tronconi di Se non ora Quando? Ecco: l’argomento dell’utero in affitto (che noi qui su Left preferiamo chiamare, senza condannarla già nella definizione, gestazione per altri), allarga in maniera inedita il fronte che rischia di rovinare una legge già di compromesso.

La speranza è dunque che abbia ragione Monica Cirinnà, quando scommette con noi che in aula i nuovi teocon nel Pd «saranno al massimo 15». O che abbia ragione Ivan Scalfarotto quando esclude ogni spazio di mediazione. Altrimenti saremmo veramente troppo distanti da quella che sarebbe invece una legge giusta, quella che istituisce il matrimonio per tutti, e basta, come dice Stefano Rodotà.