Oggi, 14 gennaio, è la giornata di mobilitazione in tutto il mondo per Asrhaf Fayadh, poeta e artista palestinese condannato alla pena di morte in Arabia Saudita

«Il nostro obiettivo è quello di fornire una visione chiara della radicale trasformazione nell’arte saudita», aveva scritto Ashraf Fayadh nelle note di presentazione del progetto artistico Rhizoma curato insieme a Sara Raza per la 55esima Biennale di Venezia del 2013. Fayadh, nella sua breve nota aveva parlato anche della consapevolezza da parte della nuova generazione di artisti sauditi di creare un forte messaggio indipendente. Adesso quell’artista di 35 anni, poeta e curatore d’arte, è in un carcere in Arabia Saudita da più di un anno condannato alla pena di morte per apostasia e diffusione dell’ateismo. La sentenza è arrivata il 17 novembre scorso (come raccontato da Left), senza nemmeno la presenza di un avvocato, da parte di giudici sauditi del tribunale di Abha che hanno dato una loro interpretazione della Sharia. La condanna si era basata sulla testimonianza di una persona che aveva ammesso di aver sentito Fayadh imprecare Dio, Maometto e l’Arabia Saudita. Come si legge nell’appello promosso da Amnesty International e indirizzato al re e al primo ministro dell’Arabia Saudita (qui), la condanna a morte è dovuta a un ribaltamento in appello della sentenza che lo aveva condannato a 4 anni di detenzione. Fayadh era stato arrestato infatti la prima volta nell’agosto 2013 in seguito appunto alle rimostranze del cittadino saudita «secondo il quale il poeta avrebbe promosso l’ateismo e diffuso idee blasfeme tra i giovani». Rilasciato il giorno dopo, era stato di nuovo arrestato l’1 gennaio 2014, «con l’accusa di apostasia per aver presumibilmente messo in discussione la religione e per la diffusione del pensiero ateo attraverso la sua poesia», si legge nell’appello di Amnesty. Tra le varie accuse c’è anche quella di aver violato l’articolo 6 della Legge saudita contro il cybercrime per aver scattato fotografie a donne col proprio cellulare e averle conservate. Il 30 aprile 2014, il tribunale ha condannato Ashraf Fayadh a quattro anni di detenzione e 800 frustate per le accuse relative alle foto di donne conservate nel suo cellulare, ritenendosi soddisfatto del pentimento del poeta in relazione all’accusa di apostasia. Nonostante questo la corte d’appello ha raccomandato che Fayadh venisse comunque condannato per apostasia e da qui l’appello e la sentenza di condanna a morte del novembre 2015.

Le poesie di Fayadh

Il libro sotto accusa è Le istruzioni sono all’interno (Dar al-Farabi, Beirut, 2007). Ecco alcune poesie di Fayadh. Per leggerne altre qui.

Equità

(di Ashraf Fayadh, traduzione dall’arabo di Jolanda Guardi)

Si dice che la gente sia come i denti di un pettine
Ma non è così… mi raderò la testa in ogni caso
Per non essere obbligato al confronto!

Saggezza*
(di Ashraf Fayadh, traduzione dall’arabo di Jolanda Guardi)

L’amore non è essere un passerotto nella mano di chi ami
Per lui è meglio che dieci sulla pianta.
Un passero sulla pianta è meglio di dieci nella mano…
Dal punto di vista dei passeri!

Gli eventi di Amnesty in Italia

Oggi, durante la giornata mondiale di mobilitazione pro Fayadh, lanciata dal Festival della letteratura di Berlino, alcuni di questi versi saranno letti nella libreria Zaum di Bari (Via Cardassi 85-87, ore 20) durante l’incontro promosso da Amnesty international e Uaar. Nabil Salameh, fondatore dei Radioderwish leggerà le poesie di Fayadh in arabo e in italiano. Ma non solo Bari. Amnesty ha promosso per oggi, eventi e reading in tutta Italia (il programma qui). A Roma, alle 18,30 presso lo Spazio formiche di vetro, (via dei Vascellari 40), ci sarà Riccardo Noury, responsabile di Amnesty International Italia, insieme con Francesca Caferri, Simone Sibilio, Lissa Liimatainen. Anche in questo caso letture in arabo-italiano dei versi di Fayadh.

L’appello del festival della letteratura di Berlino

Un appello internazionale rivolto ai singoli cittadini, alle istituzioni, alle scuole e ai media. Nel documento si ricorda la vicenda di Fayadh definito «una figura chiave nella mediazione dell’arte contemporanea dall’Arabia Saudita». Secondo il direttore della Tate Nodern Chris Dercon Fayadh è «un artista schietto e coraggioso». Nell’appello si ricorda come l’Arabia Saudita non tenga conto dei diritti e dei principi del diritto umano, così come della libertà di espressione, come afferma del resto anche Human Rights Watch. L’appello del Festival della letteratura di Berlino si rivolge agli Stati e alle Nazioni Unite chiedendo di escludere l’Arabia Saudita dal Consiglio dei diritti umani dell’Onu. Allo stesso tempo si ricorda come tanti Paesi occidentali abbiano instaurato rapporti economici con la monarchia saudita. La conclusione è la richiesta di salvare Ashraf Fayadh e di tutelare i diritti umani in Arabia Saudita.

INFOGRAFICA-SHARIA1

 [social_link type=”twitter” url=”http://twitter.com/dona_Coccoli” target=”” ][/social_link]  @dona_Coccoli