La depenalizzazione della coltivazione della cannabis decisa in Consiglio dei ministri non è una liberalizzazione, né un disegno di legge volto al libero utilizzo per fini personali della sostanza, nemmeno a scopi curativi

La depenalizzazione della coltivazione della cannabis è stata decisa oggi in Consiglio dei ministri, all’interno di un pacchetto più ampio di depenalizzazione, tra cui la guida senza patente.
Prima di cantare vittoria, che sia ben chiaro: non si tratta di una liberalizzazione, né tantomeno di un disegno di legge volto al libero utilizzo per fini personali della sostanza, nemmeno a scopi curativi. Di fatto, è una sorta di “sanatoria” riguardante quelle aziende che già coltivano cannabis per fini terapeutici. Per loro, qualora dovessero contravvenire alle motivazioni per cui hanno ottenuto l’autorizzazione alla coltivazione, d’ora in poi, anziché di illecito penale, si tratterà ora di illecito amministrativo, e la pena di un anno verrà sostituita con una sanzione da 5mila a 30mila euro.
Fra questi, sarebbe il caso per esempio dello Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze in cui è attualmente in corso il programma di sperimentazione della coltivazione della marijuana terapeutica. Qui, la produzione è stata fissata in 100 chilogrammi di cannabis terapeutica l’anno stimati come fabbisogno nazionale.
Per tutti gli altri, la coltivazione di “erba” resta reato. Niente a che fare dunque con la medicalizzazione della cannabis, né con un provvedimento che semplifichi o ampli la coltivazione a scopi terapeutici.
Nel frattempo, si attende che prosegua l’esame della proposta di legge sulle “Disposizioni in materia di legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis e dei suoi derivati”, presentata dall’intergruppo Cannabis legale e firmata da quasi 300 parlamentari.
Lavori che invece molte Regioni dello Stivale stanno varando autonomamente, andando ben al di là della regolamentazione medica, e anticipando le misure del tanto atteso disegno di legge. È il caso, fra le altre, di Toscana e Sicilia.

Antigone e la CILD, che promuovono la campagna Non me la spacci giusta, in favore di una legalizzazione vera, commentano:

Questa depenalizzazione non avrà quindi alcun impatto sulla condizione delle carceri né, tantomeno, su quella delle tante persone che si curano già oggi con la cannabis terapeutica, auto-coltivandola, con tutte le conseguenze penali del caso, come ci raccontano storie di attualità. Attualmente un terzo dei detenuti è recluso per aver violato le leggi sulla droga. Lo Stato spende oltre 1 miliardo l’anno per tenere in carcere queste persone che hanno commesso reati di alcuna pericolosità sociale. Molti Paesi hanno capito che la questione droghe non si risolve con la criminalizzazione dei consumatori. Lo stesso Obama ha concesso numerose “grazie” nelle ultime settimane per chi era in carcere per questo tipo di reati.

In Europa, l’unico Paese a consentire il consumo di cannabis – a scopo medico quanto a scopo ricreativo – è l’Olanda, mentre la Germania ne consente la coltivazione e la vendita solo dietro specifica autorizzazione dell’istituto federale per le droghe e le medicine.

 

 

Impicciarsi di come funzionano le cose, è più forte di lei. Sarà per questo - o forse per l'insanabile e irrispettosa irriverenza - che da piccola la chiamavano “bertuccia”. Dal Fatto Quotidiano, passando per Narcomafie, Linkiesta, Lettera43 e l'Espresso, approda a Left. Dove si occupa di quelle cose pallosissime che, con suo estremo entusiasmo invece, le sbolognano sempre: inchieste e mafia. E grillini, grillini, grillini. Dalla sua amata Emilia-Romagna, torna mestamente a Roma, dove attualmente vive.