Se i casi della vita ti portano a subire un regime di sicurezza nella vita privata e nel lavoro, al di là delle commerciabili sfumature di paura, ti coglie un inevitabile senso di colpa. Succede ai padri e alle madri che hanno scelto di contrapporsi alla violenza mafiosa (con la legge, con lo studio o con la penna) e che sanno bene quanto una scelta personale ricada sulle persone più vicine. E più ci si ritrova vicini ad una persona finita sotto scorta e più se ne paga il prezzo. E il senso di colpa ha la forma di una domanda: "quanto è giusto che una scelta condizioni così pesantemente la mia famiglia?". Antonio Ingroia un giorno raccontò un episodio significativo: sul pianerottolo di casa lui e suo figlio decisero di prendere l'ascensore per scendere al piano terra. La scorta fece cenno che lo avrebbe aspettato all'uscita e si ritrovarono in due, solo in due, lui e il figlio, nell'angusto ascensore eccezionalmente fuori dalle mura di casa e soli, guardandosi in faccia, senza armi e carabinieri. Dice Antonio che suo figlio ebbe quasi un moto di imbarazzo, disabituato com'era a quella intimità un esterno, e a lui venne una gran voglia di abbracciarlo. Una delle immagini che non riuscirò mai a togliermi dalla testa è la delusione dei miei figli mentre speravano che fosse finito tutto per il meglio e che davvero sarei salito in auto con loro. Speravano fino all'ultimo centimetro e solo quando la divisione diventava certa mi lanciavano un cenno con la mano, qualcosa che era in mezzo tra un saluto e un "sarà per la prossima volta". Non ci sono metafore o aggettivi per raccontare il senso di uno schizzo di minaccia che ieri è arrivato al figlio di Gratteri che alla lotta alla 'ndrangheta sta dedicando una vita intera e anche un pezzo di famiglia. Non ci sono giudizi di buon senso, discussioni accorate o appelli da sottoscrivere: sta tutto nel modo in cui la violenza sancisce i tempi (stonati e contro tempo) di una vita che naturalmente nessuno avrebbe immaginato che potesse svolgersi così. Tra armi e armati, affetti sezionati, spazi recintati e l'inquietudine di un senso di colpa che costa carissimo. Per Gratteri ora ancora un po' più appuntito.

Se i casi della vita ti portano a subire un regime di sicurezza nella vita privata e nel lavoro, al di là delle commerciabili sfumature di paura, ti coglie un inevitabile senso di colpa. Succede ai padri e alle madri che hanno scelto di contrapporsi alla violenza mafiosa (con la legge, con lo studio o con la penna) e che sanno bene quanto una scelta personale ricada sulle persone più vicine. E più ci si ritrova vicini ad una persona finita sotto scorta e più se ne paga il prezzo. E il senso di colpa ha la forma di una domanda: “quanto è giusto che una scelta condizioni così pesantemente la mia famiglia?”.

Antonio Ingroia un giorno raccontò un episodio significativo: sul pianerottolo di casa lui e suo figlio decisero di prendere l’ascensore per scendere al piano terra. La scorta fece cenno che lo avrebbe aspettato all’uscita e si ritrovarono in due, solo in due, lui e il figlio, nell’angusto ascensore eccezionalmente fuori dalle mura di casa e soli, guardandosi in faccia, senza armi e carabinieri. Dice Antonio che suo figlio ebbe quasi un moto di imbarazzo, disabituato com’era a quella intimità un esterno, e a lui venne una gran voglia di abbracciarlo.

Una delle immagini che non riuscirò mai a togliermi dalla testa è la delusione dei miei figli mentre speravano che fosse finito tutto per il meglio e che davvero sarei salito in auto con loro. Speravano fino all’ultimo centimetro e solo quando la divisione diventava certa mi lanciavano un cenno con la mano, qualcosa che era in mezzo tra un saluto e un “sarà per la prossima volta”.

Non ci sono metafore o aggettivi per raccontare il senso di uno schizzo di minaccia che ieri è arrivato al figlio di Gratteri che alla lotta alla ‘ndrangheta sta dedicando una vita intera e anche un pezzo di famiglia. Non ci sono giudizi di buon senso, discussioni accorate o appelli da sottoscrivere: sta tutto nel modo in cui la violenza sancisce i tempi (stonati e contro tempo) di una vita che naturalmente nessuno avrebbe immaginato che potesse svolgersi così. Tra armi e armati, affetti sezionati, spazi recintati e l’inquietudine di un senso di colpa che costa carissimo. Per Gratteri ora ancora un po’ più appuntito.