Irene Jacob, indimenticabile protagonista de La doppia vita di Veronica (1991), ma anche di Film rosso di Krzysztof Kieślowski ricorda il regista polacco a vent'anni dalla sua prematura scomparsa. L’attrice francese torna a parlare di questo grande maestro del cinema al Trieste film festival che si svolge dal 22 al 30 gennaio. In collaborazione con l’Istituto Polacco di Roma, la rassegna propone una maratona Kiéslowki (1941-1996) con tutti e dieci i film che compongono la monumentale opera del regista polacco, ovvero Il decalogo, libera, laica e spiazzante rilettura dei comandamenti biblici. Questa opera colossale- anche in termini di ore - fu il risultato di una lunga ricerca cominciata da Kieślowski quando era giovanissimo. Già quando era studente della scuola cinematografica di Łódź il regista realizzò documentari sperimentali e lontanissimi dalla retorica di regime, come la poetica micro inchiesta Zdjęcie (1968, La fotografia). Dopo aver partecipato alla Primavera di Praga cominciarono i problemi con la censura, che il regista riuscì ad aggirare usando un registro poetico, all'apparenza minimalista, ma che denunciavano una Polonia povera, asfissiata dalla burocrazia, e dai quadri di partito. Quando nel 1971 con un collettivo di colleghi girò un film sugli scioperi ai cantieri Lenin di Danzica i problemi con le giustizia si acuirono le autorità sequestrarono il materiale girato, e arrestarono gli intervistati. Da un punto di vista artistico una svolta per Kiéslowki fu il film il cineamatore (1979), con l’attore e alter ego Jerzy Stuhr, che racconta la storia di un’ossessione che arriva a distruggere l’opera e la vita del protagonista. Fra le opere più significative bisogna poi ricordare Caso o Destino cieco, un film duro, forte e suggestivo, che fu bloccato dalla censura fino al 1987. Ma il capolavoro di Kiéslowki, l’opera della sua vita, resta comunque Il decalogo (di cui il Trieste film festival propone una visione integrale) in cui il regista polacco  rilegge i dieci comandamenti da un punto di vista umanissimo. Così, per esempio, al centro di Decalogo 5, “non uccidere” troviamo un giovane sbandato che arriva ad uccidere senza un movente, in modo feroce tanto più perché del tutto gratuito. Kiéslowki mostra in questo film quanto sia inaccettabile e disumano l’assassinio ma anche insensata la punizione con la pena capitale di chi ha ucciso. Interessante anche Decalogo 6 (" non commettere atti impuri") in cui una giovane e bella donna si concede a molti amori, senza essere mai davvero coinvolta. Poi un giovane postino,  Tomek, si innamora di lei. Il ragazzo fa di tutto per incontrarla, ma la donna non  riesce a sentire, né a prenderlo sul serio...   TFF27_immagine ufficiale2015Il festival. Importante crocevia delle culture dell'Europa centro-orientale, il Trieste film festival fondato da Annamaria Percavassi e oggi, dopo la sua recente scomparsa,  diretto da Fabrizio Grosoli è nato poco prima della caduta del Muro di Berlino e continua ad essere la ribalta italiana in cui si possono conoscere in anticipo nomi e tendenze destinate ad imporsi nel panorama internazionale, soprattutto nell'ambito del cinema d'autore. Le novità dell'edizione 2016. Ad aprire il festival fuori concorso  è il film Sole Alt di Dalibor Matanić, che ha suscitato molto interesse al Festival di Cannes e scelto dalla Croazia per la corsa all'Oscar per il miglior film straniero: in uscita nelle sale italiane a marzo racconta l’amore fra un giovane croato e una giovane serba, rievocando vari momenti della storia dal  1991  al 2011 cercando di immaginare una possibile anche se difficile rinascita. Importante è anche un dato simbolico: Croazia, Slovenia e Serbia  hanno coprodotto questo film. Dal vivo i Sinkauz Brothers propongono la colonna sonora del film. Il gran finale sarà invece affidato a un grande maestro del cinema europeo come Otar Iosseliani. Fuori concorso sarà presentato il suo Chant D'Hiver: una commedia in cui il maestro georgiano di Caccia alle farfalle e Addio terraferma racconta di aver voluto inserire «tutte quelle sciocchezze che m’incantano: l'ottimismo dei ricchi che sprecano la loro vita in così tanti inganni, pur di mantenere un patetico patrimonio... e il sogno di diventare ricchi dei poveri, che se avranno la sfortuna di riuscirci saranno condannati alla stessa infelicità di coloro che adesso invidiano».   Fra le molte  prime da non perdere di vista, La supplication (Voices from Chernobyl / Preghiera per Černobyl’) di Pol Cruchten. Un film che ricorda il trentesimo anniversario del disastro di Černobyl, il più grave incidente mai verificatosi in una centrale nucleare  accaduto il 26 aprile 1986. Il film è ispirato al romanzo pubblicato in Italia dalle edizioni e/o Preghiera per Černobyl della scrittrice premio Nobel Svetlana Aleksievič. «Le voci che danno forma a La supplication - spiega il regista - ci parlano direttamente e testimoniano quella catastrofe di proporzioni universali. Ci toccano con la loro autenticità, la loro intelligenza, il loro coraggio e la loro umanità. E ci toccano anche perché sono più che mai pertinenti e rilevanti. Il materiale nel libro di Svetlana aveva già un suo fascino universale. In quel libro lei parlava non solo delle conseguenze della catastrofe nucleare ma della nostra condizione umana".  I vincitori dell'edizione 2016 È The Wednesday Child il film vincitore del Concorso lungometraggi del 27. Trieste Film Festival: in sintonia con una selezione mai così attenta alle opere prime, il pubblico ha scelto di assegnare il Premio Trieste all’esordio dell'ungherese Lili Horváth, storia di una giovane madre che nella periferia di Budapest lotta disperatamente per ottenere la custodia del figlio. È una storia famigliare anche quella raccontata in Under the Sun, il vincitore del Premio Alpe Adria Cinema del Concorso documentari: diretto dal russo Vitalij Manskij, tra i più importanti documentaristi contemporanei, il film offre un ritratto inedito di una famiglia media di Pyongyang, Corea del Nord, nel momento in cui la figlia si prepara a entrare nelle file dei Giovani Pionieri. La giuria del Premio Corso Salani 2016  ha scelto Banat – Il viaggio di Adriano Valerio, con la seguente motivazione: «Il film racconta un’inusuale storia di “emigrazione al contrario”, che indaga con delicatezza i sentimenti di spaesamento e ricerca dell’altro che erano propri anche del cinema di Corso Salani. Lo fa usando un intreccio di linguaggi che trovano anche dei momenti particolarmente felici, come la coinvolgente interpretazione di una canzone semplice e struggente da parte di un’intensa Elena Radonicich». Il Premi Central European Initiative che ogni anno segnala un film di impegno civile capace di interpretare la realtà contemporanea europea e il dialogo tra le culture, va a The Prosecutor The Defender The Father and His Son della bulgara Iglika Triffonova, ispirato alla storia vera di due avvocati che si affrontano al Tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia (L’Aja) nel processo a Milorad Krstić, accusato di aver commesso crimini di guerra nella guerra in Bosnia. Il workshop internazionale di sceneggiatura Eastweek, nato dalla collaborazione tra Alpe Adria Cinema, che ne rende possibile l’organizzazione, e il Premio Internazionale per la Sceneggiatura Mattador dedicato a Matteo Caenazzo, si chiude con la vittoria del Premio Mattador al miglior soggetto (1.500 euro, offerto dalla Provincia di Trieste) da parte di L'amor fu di Sara Cavosi e Fabio Marson, mentre il progetto selezionato per Midpoint, Central European Script Center di Praga è Stuffed Life di Tamara Kotevska (Repubblica di Macedonia). Novità di quest’anno il Premio Osservatorio Balcani e Caucaso, assegnato dall’omonimo “think tank” al miglior documentario in concorso: la scelta è caduta su Chuck Norris vs Communism di Ilinca Calugareanu con la seguente motivazione: «Il film riesce a colpire lo spettatore con una storia molto originale sulla Romania di Ceausescu: alternando finzione e documentario questo film diverte il pubblico portando sullo schermo la vita quotidiana ed eroica di gente comune sotto il regime comunista, ancora poco conosciuto nel resto del mondo».  [social_link type="twitter" url="https://twitter.com/simonamaggiorel" target="on" ][/social_link] @simonamaggiorel  

Irene Jacob, indimenticabile protagonista de La doppia vita di Veronica (1991), ma anche di Film rosso di Krzysztof Kieślowski ricorda il regista polacco a vent’anni dalla sua prematura scomparsa. L’attrice francese torna a parlare di questo grande maestro del cinema al Trieste film festival che si svolge dal 22 al 30 gennaio. In collaborazione con l’Istituto Polacco di Roma, la rassegna propone una maratona Kiéslowki (1941-1996) con tutti e dieci i film che compongono la monumentale opera del regista polacco, ovvero Il decalogo, libera, laica e spiazzante rilettura dei comandamenti biblici.

Questa opera colossale- anche in termini di ore – fu il risultato di una lunga ricerca cominciata da Kieślowski quando era giovanissimo. Già quando era studente della scuola cinematografica di Łódź il regista realizzò documentari sperimentali e lontanissimi dalla retorica di regime, come la poetica micro inchiesta Zdjęcie (1968, La fotografia). Dopo aver partecipato alla Primavera di Praga cominciarono i problemi con la censura, che il regista riuscì ad aggirare usando un registro poetico, all’apparenza minimalista, ma che denunciavano una Polonia povera, asfissiata dalla burocrazia, e dai quadri di partito. Quando nel 1971 con un collettivo di colleghi girò un film sugli scioperi ai cantieri Lenin di Danzica i problemi con le giustizia si acuirono le autorità sequestrarono il materiale girato, e arrestarono gli intervistati. Da un punto di vista artistico una svolta per Kiéslowki fu il film il cineamatore (1979), con l’attore e alter ego Jerzy Stuhr, che racconta la storia di un’ossessione che arriva a distruggere l’opera e la vita del protagonista. Fra le opere più significative bisogna poi ricordare Caso o Destino cieco, un film duro, forte e suggestivo, che fu bloccato dalla censura fino al 1987.

Ma il capolavoro di Kiéslowki, l’opera della sua vita, resta comunque Il decalogo (di cui il Trieste film festival propone una visione integrale) in cui il regista polacco  rilegge i dieci comandamenti da un punto di vista umanissimo. Così, per esempio, al centro di Decalogo 5, “non uccidere” troviamo un giovane sbandato che arriva ad uccidere senza un movente, in modo feroce tanto più perché del tutto gratuito. Kiéslowki mostra in questo film quanto sia inaccettabile e disumano l’assassinio ma anche insensata la punizione con la pena capitale di chi ha ucciso. Interessante anche Decalogo 6 (” non commettere atti impuri”) in cui una giovane e bella donna si concede a molti amori, senza essere mai davvero coinvolta. Poi un giovane postino,  Tomek, si innamora di lei. Il ragazzo fa di tutto per incontrarla, ma la donna non  riesce a sentire, né a prenderlo sul serio…

 

TFF27_immagine ufficiale2015Il festival. Importante crocevia delle culture dell’Europa centro-orientale, il Trieste film festival fondato da Annamaria Percavassi e oggi, dopo la sua recente scomparsa,  diretto da Fabrizio Grosoli è nato poco prima della caduta del Muro di Berlino e continua ad essere la ribalta italiana in cui si possono conoscere in anticipo nomi e tendenze destinate ad imporsi nel panorama internazionale, soprattutto nell’ambito del cinema d’autore.

Le novità dell’edizione 2016.

Ad aprire il festival fuori concorso  è il film Sole Alt di Dalibor Matanić, che ha suscitato molto interesse al Festival di Cannes e scelto dalla Croazia per la corsa all’Oscar per il miglior film straniero: in uscita nelle sale italiane a marzo racconta l’amore fra un giovane croato e una giovane serba, rievocando vari momenti della storia dal  1991  al 2011 cercando di immaginare una possibile anche se difficile rinascita. Importante è anche un dato simbolico: Croazia, Slovenia e Serbia  hanno coprodotto questo film. Dal vivo i Sinkauz Brothers propongono la colonna sonora del film.

Il gran finale sarà invece affidato a un grande maestro del cinema europeo come Otar Iosseliani. Fuori concorso sarà presentato il suo Chant D’Hiver: una commedia in cui il maestro georgiano di Caccia alle farfalle e Addio terraferma racconta di aver voluto inserire «tutte quelle sciocchezze che m’incantano: l’ottimismo dei ricchi che sprecano la loro vita in così tanti inganni, pur di mantenere un patetico patrimonio… e il sogno di diventare ricchi dei poveri, che se avranno la sfortuna di riuscirci saranno condannati alla stessa infelicità di coloro che adesso invidiano».

 

Fra le molte  prime da non perdere di vista, La supplication (Voices from Chernobyl / Preghiera per Černobyl’) di Pol Cruchten. Un film che ricorda il trentesimo anniversario del disastro di Černobyl, il più grave incidente mai verificatosi in una centrale nucleare  accaduto il 26 aprile 1986. Il film è ispirato al romanzo pubblicato in Italia dalle edizioni e/o Preghiera per Černobyl della scrittrice premio Nobel Svetlana Aleksievič. «Le voci che danno forma a La supplication – spiega il regista – ci parlano direttamente e testimoniano quella catastrofe di proporzioni universali. Ci toccano con la loro autenticità, la loro intelligenza, il loro coraggio e la loro umanità. E ci toccano anche perché sono più che mai pertinenti e rilevanti. Il materiale nel libro di Svetlana aveva già un suo fascino universale. In quel libro lei parlava non solo delle conseguenze della catastrofe nucleare ma della nostra condizione umana”.

 I vincitori dell’edizione 2016 È The Wednesday Child il film vincitore del Concorso lungometraggi del 27. Trieste Film Festival: in sintonia con una selezione mai così attenta alle opere prime, il pubblico ha scelto di assegnare il Premio Trieste all’esordio dell’ungherese Lili Horváth, storia di una giovane madre che nella periferia di Budapest lotta disperatamente per ottenere la custodia del figlio.
È una storia famigliare anche quella raccontata in Under the Sun, il vincitore del Premio Alpe Adria Cinema del Concorso documentari: diretto dal russo Vitalij Manskij, tra i più importanti documentaristi contemporanei, il film offre un ritratto inedito di una famiglia media di Pyongyang, Corea del Nord, nel momento in cui la figlia si prepara a entrare nelle file dei Giovani Pionieri.

La giuria del Premio Corso Salani 2016  ha scelto Banat – Il viaggio di Adriano Valerio, con la seguente motivazione: «Il film racconta un’inusuale storia di “emigrazione al contrario”, che indaga con delicatezza i sentimenti di spaesamento e ricerca dell’altro che erano propri anche del cinema di Corso Salani. Lo fa usando un intreccio di linguaggi che trovano anche dei momenti particolarmente felici, come la coinvolgente interpretazione di una canzone semplice e struggente da parte di un’intensa Elena Radonicich».

Il Premi Central European Initiative che ogni anno segnala un film di impegno civile capace di interpretare la realtà contemporanea europea e il dialogo tra le culture, va a The Prosecutor The Defender The Father and His Son della bulgara Iglika Triffonova, ispirato alla storia vera di due avvocati che si affrontano al Tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia (L’Aja) nel processo a Milorad Krstić, accusato di aver commesso crimini di guerra nella guerra in Bosnia.
Il workshop internazionale di sceneggiatura Eastweek, nato dalla collaborazione tra Alpe Adria Cinema, che ne rende possibile l’organizzazione, e il Premio Internazionale per la Sceneggiatura Mattador dedicato a Matteo Caenazzo, si chiude con la vittoria del Premio Mattador al miglior soggetto (1.500 euro, offerto dalla Provincia di Trieste) da parte di L’amor fu di Sara Cavosi e Fabio Marson, mentre il progetto selezionato per Midpoint, Central European Script Center di Praga è Stuffed Life di Tamara Kotevska (Repubblica di Macedonia). Novità di quest’anno il Premio Osservatorio Balcani e Caucaso, assegnato dall’omonimo “think tank” al miglior documentario in concorso: la scelta è caduta su Chuck Norris vs Communism di Ilinca Calugareanu con la seguente motivazione: «Il film riesce a colpire lo spettatore con una storia molto originale sulla Romania di Ceausescu: alternando finzione e documentario questo film diverte il pubblico portando sullo schermo la vita quotidiana ed eroica di gente comune sotto il regime comunista, ancora poco conosciuto nel resto del mondo».

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