Il primo presidente della Cassazione Canzio ricorda al governo che bisogna depenalizzare il reato di clandestinità. Lo ascolterà il premier?

Chissà se Renzi ci ripensa a proposito del reato di clandestinità da depenalizzare. Perché adesso a chiederlo è addirittura il primo presidente della Cassazione Giovanni Canzio che nella sua relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2016 ha detto: «La risposta sul terreno del procedimento penale si è rivelata inutile, inefficace e per alcuni profili dannosa, mentre la sostituzione del reato con un illecito e con sanzioni di tipo amministrativo, fino al più rigoroso provvedimento di espulsione, darebbe risultati concreti». Bocciato a 360 gradi il reato che, ricordiamo venne introdotto nel 2009 nel pacchetto sicurezza durante il governo Berlusconi con ministro della Giustizia Maroni.

È infatti la Lega Nord che minaccia addirittura un referendum se il governo Renzi depenalizzerà il reato di immigrazione clandestina. Ma per ora non c’è nessun pericolo. Qualche giorno fa infatti il presidente del Consiglio aveva annunciato che la depenalizzazione di questo reato non sarebbe stata sul tavolo del Consiglio dei ministri. «C’è percezione di insicurezza da parte dei cittadini», aveva detto. Una frase “pesante” che in qualche modo potrebbe anche contribuire a far crescere l’allarme tra i cittadini, dopo gli attentati terroristici in Francia. E poi perché legare ancora una volta l’immigrazione con la sicurezza e il rischio terroristico? Lo stesso primo presidente della Cassazione ha puntualizzato questo aspetto. La lotta a «ogni forma di criminalità organizzata o terroristica, anche quella internazionale di matrice jihadista», ha detto, deve essere condotta «nel rispetto delle regole stabilite dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato – afferma Canzio -. Diversamente tradiremmo la memoria» dei magistrati «caduti in difesa dei più alti valori democratici», come Emilio Alessandrini, «e non faremmo onore al giuramento di fedeltà che abbiamo prestato».
Le parole di Canzio sono solo le ultime che si uniscono al coro di critiche che negli anni hanno accompagnato questo reato, che, ricordiamo, è stato abolito dal Parlamento nel 2014, con delega al Governo che avrebbe dovuto cambiarlo in illecito amministrativo. All’epoca dell’introduzione del reato, molti giuristi e costituzionalisti italiani tra cui Luigi Ferrajoli, Gustavo Zagrebelsky, Stefano Rodotà, Livio Pepino, Valerio Onida si erano espressi contro. Perché rendere una «condizione individuale», quella di migrante, un motivo di incriminazione per il codice penale, «assume un connotato discriminatorio» contrastante non solo con il principio di eguaglianza, «ma con la fondamentale garanzia costituzionale in materia penale, in base alla quale si può essere puniti solo per fatti materiali». Insomma, non si può essere puniti penalmente per una condizione di esistenza. Renzi ascolterà il richiamo del presidente della Cassazione o invece le sirene del centrodestra?