L’uomo del fare ha vinto. A Milano contro due assessori di Pisapia che si sono fatti lo sgambetto l’un l’altro. In Senato con Verdini in maggioranza che garantisce una navigazione pacifica. Ha vinto pure su Grillo il quale, folgorato sulla via della politica, ha deciso di lasciare libertà di coscienza ai suoi cari portavoce. Sulle unioni civili; no

L’uomo del fare ha vinto. A Milano contro due assessori di Pisapia che si sono fatti lo sgambetto l’un l’altro. In Senato con Verdini in maggioranza che garantisce una navigazione pacifica. Ha vinto pure su Grillo il quale, folgorato sulla via della politica, ha deciso di lasciare libertà di coscienza ai suoi cari portavoce. Sulle unioni civili; no, non proprio sulle unioni, solo sulla stepchild adoption. Resta che alla fine anche Grillo ha detto di fare quello che Renzi aveva già detto di fare. A costo di far dubitare qualche senatore, in cerca ancora dell’antica diversità.
Certo, ci sono la Merkel e Juncker che non ne vogliono sapere di farsi “spianare” né “asfaltare”. E c’è Mattarella che va in Calabria per dire che la lotta alla ’ndrangheta deve essere la priorità del governo, che la fa chiudendo un patto in Calabria con Ncd. Poi va in America per consigliare prudenza a Obama: la missione in Libia non sarà un pranzo di gala. Magari lo dirà pure alla Pinotti. E certo ci sono ancora appetiti da controllare ed effusioni da raffreddare. Come quella di Cuffaro che quasi quasi voleva entrare nel Pd. Non capendo che lui no, ma tanti trasfughi di destra, meno noti, in Sicilia già sì.
Le ultime parlano di grandi manovre nel mondo dell’editoria. Manovre imprenditoriali – cose serie – non faccende della politica. Che vai a pensare! Però quegli Agnelli che si vedono spesso con i De Benedetti, e il direttore della Stampa che fa il direttore di Repubblica, ed Elkann che non gli piace l’aria di Milano e vuol trasmigrare dal Corriere più a sud, lungo l’asse Roma-Torino.
Poi c’è la Rai, lasciata lì a friggere. Il prode Anzaldi scopre che Campo Dall’Orto e Maggioni sono peggio di Gubitosi, il Pd a precisare che non è proprio così, che i dirigenti Rai fanno i dirigenti Rai e il Pd fa il Pd. Peccato che la politica – spiega Freccero – compia continue invasioni di campo. Peggio, cercando a tutti i costi l’audience, induce la Rai a guardare all’indietro, verso un pubblico generalista e disinformato, ormai residuale, da involgarire e titillare con sentimenti da basso ventre. E dietro la Rai, sempre Berlusconi, che non sembra contare più molto in politica ma gli affari li sa fare e non vuole una guerra con Sky. Meglio una pace. Renziana.
Insomma, mentre le borse cadono e le banche scricchiolano, chi ha soldi in Cina li porta in America. Fed e Bce, poi, fanno politiche monetarie diverse, tanto che persino i governatori delle banche centrali di Francia e Germania ora vorrebbero un ministro del Tesoro europeo. L’Italia intanto si unisce. Lascia le chiacchiere su democrazia, sviluppo o politica industriale agli illusi – si chiamano gufi – e sceglie la gestione: manager contro manager a Milano. Scarica l’eventuale responsabilità delle “disunioni” civili sui senatori morituri, che questa volta – solo questa eh – voteranno secondo coscienza. Che dio ce la mandi buona.
Tutto questo non è disordine, ha un senso. Se i mercati decidono tutto, se è populista chi (da Sanders a Corbyn, da Iglesias a Tsipras) non condivide i dettami del grande capitale, che altro resta da fare se non “fare”, cioè cercare di resistere, mettere insieme le forze che ci sono, pensare positivo e sperare, come sempre, nell’italico stellone? Certo, se ci fosse una sinistra! Ma, se c’è, per ora non si manifesta. Forse ha paura di gufare. Di dire chiaramente, come farebbe il saggio gufo, che un diverso governo forse è possibile e che se al referendum il rottamatore fosse rottamato non cadrebbe poi il mondo.

Questo editoriale lo trovi sul n. 7 di Left in edicola dal 13 febbraio 

 

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