Russia e Stati Uniti monitoreranno l'implementazione dell'accordo. Che esclude i qaedisti di al Nusra, che combattono fianco a fianco con altri gruppi. Quasi tutto dipende dalla volontà di Assad e Mosca

La notizia è di quelle che dovrebbe dare qualche speranza, ma a guardarla bene c’è di che essere scettici.
Russia e Stati Uniti hanno annunciato che da venerdì entrerà in vigore una tregua in Siria. Bene. La tregua verrà osservata da coloro che la osservano. Che vuol dire? Vediamo.
A differenza dello stop alle ostilità annunciato una decina di giorni fa, questo nuovo accordo presente due novità: saranno Russia e Stati Uniti a monitorare e garantire che davvero non si spari; si continua a combattere contro l’Isis e le brigate al Nusra, l’ala qaedista della rivolta anti Assad. Il dittatore, intanto, ha fissato la data di nuove elezioni parlamentari (e questo fa quasi sorridere).
Il coordinamento americano-russo segnalerà quali gruppi violano la tregua e, dunque, chi è soggetto a essere attaccato perché non rispetta gli accordi. Un meccanismo che richiederà uno stretto coordinamento e scambio di informazioni tra Mosca e Washington.
Tutte le parti coinvolte si impegnano a lasciare passare i convogli umanitari. E questa è forse la parte facile da implementare. L’inviato Onu Staffan De Mistura ha annunciato che con il cessate il fuoco potrebbero riprendere i colloqui sulla transizione in Siria. La divisione tra Russia (e Assad) e Stati Uniti, resta la solita: il destino del regime e del dittatore.

I problemi da risolvere restano molti. Il primo, più macroscopico, si chiama Aleppo. Qui le brigate al Nusra e gli altri gruppi ribelli anti Assad, compresi quelli che rientrano nell’accordo di cessate il fuoco, si coordinano e combattono assieme contro le forze di Damasco. Cosa farà l’esercito siriano? Colpirà solo i piani dei palazzi dove sono nascosti i cecchini di al Nusra e non gli altri piani? Oppure si fermerà per un po’ attaccando al Nusra solo in zone controllate esclusivamente dai qaedisti come Idlib? O invece proseguirà, magari in maniera più accorta, l’offensiva contro la città che ha circondato su quasi tutti i fronti? Discorso simile vale per altre zone del Paese, Damasco compresa. Da qui a venerdì, poi, l’esercito siriano, sostenuto dagli aerei russi, potrà cercare di chiudere il cerchio attorno alla città divenuta simbolo di questa guerra. Ban Ki-moon nei giorni scorsi ha accusato Mosca di rendere, con i suoi raid, impraticabile ogni tentativo diplomatico. In effetti l’offensiva aerea russa è violentissima: quasi 450 raid in meno di una settimana, raid che continuano in queste ore nel tentativo di rendere la situazione sul campo migliore per Assad. Una strategia che ha funzionato in varie zone del Paese, non solo ad Aleppo.
Le opposizioni sostenute dagli americani puntano il dito contro questa falla: il Free Syrian Army, un gruppo ombrello che raccoglie molte sigle, chiede un monitoraggio molto attento e sostiene però che così la Russia e l’esercito di Assad potranno continuare a colpire in zone dove sono presenti anche gruppi non legati ad al Qaeda o Daesh.
E i curdi? Smetteranno di combattere mentre Ankara li cannoneggia dal confine? O anche la Turchia verrà convinta a raffreddare per qualche giorno la propria politica? In questo momento Ankara è coinvolta in una guerra di dichiarazioni con Mosca e, allo stesso tempo, ha rapporti molto tiepidi con gli Stati Uniti, a cui non perdona il sostegno ai curdi dell’YPG.
In conclusione: il cessate il fuoco è mezza buona notizia, porterà qualche momento di pace in alcune zone del Paese, ma dipende completamente dalla volontà di Assad, di Putin e un po’ dell’Iran ed Hezbollah. Gli Stati Uniti possono premere, minacciare e poco più. Se questi decideranno che vale la pena rispettarlo, terrà. Altrimenti tutto resterà come prima.